

Mario «The Black» Di Donato
- Autore: Mattia Montanari
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
Il 16 dicembre 2024, tramite i canali ufficiali della band, è stata data notizia dell’improvviso decesso del cantante e chitarrista abruzzese Mario Di Donato, fondatore dei The Black, una tra le realtà più interessanti dell’heavy metal italiano.
Il musicista era nato nel 1951 a Pescosansonesco, in provincia di Pescara, ed è annoverabile a pieno titolo tra gli artisti a tutto tondo. Egli infatti è stato anche poeta e pittore e per alcuni suoi dischi ha plasmato da solo i testi, la musica e le copertine. Intrattenersi a parlare con Di Donato era davvero un piacere: era un uomo di grande cultura e, accanto al merchandise del suo complesso, oltre ai dischi, metteva sempre a disposizione del pubblico qualche copia del catalogo di una sua serie di dipinti, Mario Di Donato. Vita e Miracoli di Nunzio Sulprizio. Dipinti e disegni dal 1979 al 2002 (Terenzio, Pescara 2003), curato dal critico d’arte Leo Strozzieri.
Oggi, purtroppo, chiacchierare con Mario ’The Black’ non è più possibile, ma abbiamo la fortuna che la storia di questo singolare artigiano del metallo, della parola e del colore sia stata trascritta da un altro musicista, Mattia Montanari, che nel 2014 ha pubblicato con Crac Edizioni il libro Mario «The Black» Di Donato.
Il sottotitolo in copertina è il concetto che ha guidato la ricerca artistica del leader dei The Black nella sua fase più matura e consapevole: "Ars et metal mentis", arte e metallo della mente, o dell’anima, un motto dalla valenza quasi alchemica.
La biografia di Mario Di Donato è raccontata integralmente dall’infanzia alla scoperta dei Beatles, dal paesino natale ai successi riscossi durante prestigiosi festival all’estero. La sua è stata un’esistenza ricca ma terminata troppo presto, che ha attraversato il mondo della parrocchia e quello delle comunità rurali, l’amicizia con il fumettista Andrea Pazienza (1956-1988), i mutamenti storici succedutisi rapidamente, la fascinazione per il beat e l’hard sino all’heavy. Tanti sono i gruppi in cui Mario ha militato; i primi ad avere un’impronta più dura e pesante sono stati i Respiro di Cane, attivi dal 1972 al 1974, seguiti dagli UT, nati nel 1981 e trasformatisi nel 1984 negli Unreal Terror, aperti sin dal nome ad aspirazioni internazionali.
Tuttavia Di Donato si allontanò da quel progetto e scelse suoni più oscuri generando nel 1985 i Requiem e poi, verso il 1988, i The Black. Quest’ultima avventura, che lo ha accompagnato per tutto il resto del suo percorso, è stata il suo capolavoro: un’impresa coraggiosa in cui ha potuto esprimersi senza alcun compromesso scegliendo di associare le sonorità di ciò che allora era definito "dark sound" (oggi doom metal) a testi ispirati alla cultura classico-cristiana degli Abruzzi, cantati in latino. Con impegno, si cimentò costantemente nello studio della lingua di Roma antica cercando di adattarla alle note che sgorgavano dal suo cuore; se talvolta giungeva ad adattare vocaboli e strutture grammaticali per i suoi fini, era sempre sotto l’attenta supervisione di latinisti qualificati e quel latino "corrotto" risultava infine più medievale che meramente maccheronico.
Già a partire dagli anni ’80 negli Stati Uniti (che sono per vocazione culturale la terra delle sette) è nato il white metal, un rock di matrice protestante, rivelatosi spesso più una trovata commerciale che espressione di una qualche spiritualità.
Durante gli anni ’90, poi, nel continente europeo la musica estrema è stata la colonna sonora del confuso itinerario di alcuni giovani verso la riscoperta romantica del passato; dal satanismo acido il black metal è approdato al neopaganesimo e in taluni casi (sciaguratamente) anche al neonazismo. Non si tratta di un vero tradizionalismo, ma di ciò che gli antropologi definiscono come invenzione della tradizione. I The Black sono una realtà che non ha nulla a che spartire con tutto ciò, nata da un flusso ininterrotto di racconti e sapienza popolare, sapientemente modellati dall’erudizione di un intellettuale che non ha mai snaturato i materiali folklorici. In un messaggio scritto sul retro di una cartolina, Tony Pagliuca de Le Orme ha definito Mario Di Donato un "[The Black] che più bianco non si può", in riferimento alla sua Fede cattolica e forse anche a un certo retaggio politico, nulla di accostabile a pose occultiste.
A solo pochi giorni dalla sua scomparsa Mario manca a tutti, manca moltissimo perché in un determinato contesto è stato l’unico che è riuscito a realizzare delle invenzioni davvero nuove, originali, profondamente “nostre” e apprezzate anche oltreconfine. Il dispiacere è accresciuto dal fatto che proprio in questi ultimi anni i The Black stavano ottenendo un riscontro globale e avevano ancora tanto da dire. A giudizio dello scrivente il loro album migliore è del 2010, “Gorgoni”, che è tra le loro ultime fatiche, ma stavano lavorando ancora a nuove composizioni.
Anche per questo il libro di Montanari è apprezzabile: con queste pagine ci rimane una testimonianza genuina di un grande capitolo del metallo italico, che purtroppo si è concluso, ma può ancora stimolare le generazioni a venire.
Quando qualcuno viene a mancare, in italiano, siamo abituati a ripetere "L’eterno riposo, dona loro, o Signore", ma questa traduzione non rende con precisione il significato dell’espressione originale latina "Rèquiem aetèrnam, dona eis, Domine": è "eterna requie", non "riposo". Per Mario, che chiamò un suo gruppo Requiem, non chiediamo riposo, ma requie, cioè cessazione del dolore, quiete, serenità. Come ha spiegato il suo biografo, egli non cercava riposo, ma sperava in una vita ultraterrena migliore, libera dalle brutture e dalle cattiverie umane. L’arte di Mario The Black non riposerà, continuerà ad essere fonte di ispirazione per i posteri.
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