

Matteo B. Bianchi è nato in provincia di Milano nel 1966. E’ scrittore, editor e autore radio e tv. Ha pubblicato diversi romanzi:
- Generations of love (1999), Fermati tanto così (2002) ed Esperimenti di felicità provvisoria (2006), editi da Baldini Castoldi Dalai
- Apocalisse a domicilio (2010), edito da Marsilio.
Nel 2008 ha curato con Giorgio Vasta il Dizionario Affettivo della Lingua Italiana (Fandango). Un suo testo, Al sangue, è uscito come libro allegato al Corriere della sera nel 2011. E’ stato fra gli autori di diversi programmi come “Dispenser” (Radio Due Rai), “Victor Victoria” (La7) e “Quelli che il calcio” (Rai Due). Collabora come editor con Indiana editore ed è fra gli organizzatori di due festival letterari, “Sulla terra leggeri” in Sardegna e “Roland macchine & animali” a Milano. Ha un blog e dirige on line la sua rivista di narrativa ’tina.
Matteo, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma solo 4 chiacchiere contate.
- Prima Chiacchiera: Il protagonista di “Apocalisse a domicilio” si trova all’improvviso a fare i conti con una notizia spiazzante alla quale non sa se credere: una sensitiva gli pronostica due mesi di vita. Cosa ti ha spinto a indagare le sensazioni che si provano quando all’improvviso tutto va in pezzi? Come sei riuscito a entrare nell’animo del protagonista per trasmetterlo al meglio?
Non credo che al protagonista di “Apocalisse” la vita vada in pezzi. Più che altro ho ragionato in termini di shock, una sorta di sberla in faccia che ti risveglia dal torpore e ti obbliga a guardare tutto ciò che hai intorno e chiederti cosa succederebbe se dovessi perderlo di lì a breve. Non si tratta di uno spunto letterario. Io stesso mi sono posto più volte questa domanda nel corso della vita: se mi restassero poche settimane di vita, cosa ne farei di questi preziosissimi giorni che restano? La risposta che mi sono dato è sempre stata la stessa: mi metterei in viaggio per congedarmi dalle persone che amo. Ci credo così tanto che alla fine ci ho pure scritto un libro sopra. Quindi non è stato difficile entrare nell’animo di quel protagonista, perché c’ero già.
- Seconda Chiacchiera: Com’è cambiata l’editoria in questi anni? E come sono cambiate le opportunità per chi cerca di farne parte?
Non è solo cambiata: è rivoluzionata. Rispetto a quando ho cominciato io è proprio mutato anche il concetto di esordio. Oggi un autore in erba può scrivere sui blog letterari, aprire un blog personale, collaborare da casa con riviste e redazioni, può autopubblicare ciò che vuole, i modi per farsi conoscere (e quindi leggere) sono aumentati in maniera esponenziale. Certo, questo d’altro canto comporta una parcellizzazione estrema: è difficile seguire tutto, le voci si perdono in una miriade di canali.
E’ modificato anche il modo di accostarsi all’editoria: ogni editore ha il suo sito, la pagina Facebook, l’account Twitter... E’ facile trovare il modo di scrivere direttamente alle redazioni e proporsi. Al momento però l’editoria sta attraversando una delle sue crisi più nere. Sono reduce da “Roland Macchine e Animali”, un festival letterario milanese che organizzo insieme ad altri scrittori e operatori del mondo editoriale. Fra gli addetti ai lavori intervenuti ho captato discorsi preoccupanti: crollo delle vendite, taglio del personale, persino editor affermati e in posizioni di grande prestigio sanno di rischiare il proprio posto. La situazione è tesa.
In questo panorama drammatico però cerco di vedere una nota positiva: ormai sempre più editori affidano a collaboratori esterni il lavoro che una volta si faceva solo internamente: correzioni di bozze, traduzioni, ufficio stampa e così via, quindi in realtà sempre più gente si trova a collaborare con case editrici grandi e piccole. In un certo senso sono aumentate le possibilità, anche se stiamo ovviamente parlando di rapporti temporanei e con compensi bassi. Ma del resto non si può pensare che una crisi economica così grave come quella che stiamo vivendo lasciasse indenne il mondo editoriale.
- Terza Chiacchiera: In queste settimane si fa un gran parlare di Masterpiece, il primo reality televisivo degli scrittori. Il vincitore pubblicherà con Bompiani con una tiratura iniziale di 100mila copie. Le critiche non si sono fatte attendere. Tu che sei stato e sei un talent scout per molti bravi autori, e che la televisione l’hai fatta come autore, che ne pensi?
Che ancor prima di partire questo programma ha tirato fuori molta ipocrisia e giudizi di una superficialità imbarazzante. Si tratta di un talent show, conterrà probabilmente giochi e competizioni, renderà spettacolare il tema della scrittura perché è questo che fanno i talent: rendono televisibili le competenze (nel canto, nel ballo, nella cucina...). Inorridire perché questo trattamento venga riservato alla scrittura è un atteggiamento da moralisti. Ci si lamenta sempre del fatto che la tv non si occupa di libri, salvo poi gridare al mostro quando poi la tv decide di farlo con il linguaggio che le è proprio. Se il programma dovesse avere successo (e non è detto che avvenga, perché portare il pubblico generalista a interessarsi di scrittura è una vera sfida), probabilmente il vincitore troverà dei lettori nello stesso pubblico che già compra i libri di Fabio Volo e Giorgio Faletti, perché questo è il suo target: un pubblico di massa, che prende i romanzi in autogrill, edicole e supermercati e che raramente frequenta le librerie. E sappiamo tutti benissimo che in Italia il panorama dei lettori è nettamente separato: da un lato di sono i lettori forti, che comprano decine di libri all’anno, che seguono i giovani scrittori italiani, la narrativa americana di qualità, ecc, dall’altro il pubblico dei best-seller che si compra un libro d’estate e uno da regalare a natale, Dan Brown e quelle cose lì. Non si può prescindere da questa considerazione. Ma del resto è la stessa polemica che investe “X Factor” o “Amici”: i veri amanti della musica inorridiscono all’idea che la gente compri i dischi di Emma Marrone o Moreno, ma pensare che quello stesso pubblico possa acquistare Leonard Cohen o David Sylvian è quantomeno utopistico. E alla fine, per quanto possa infastidire ammetterlo, sono i successi di Emma che permettono alla casa discografica di resistere e pubblicare anche tutto il materiale di nicchia destinato agli appassionati.
Infine, da autore tv, posso dire che il vero colpaccio di “Masterpiece” sarebbe quello di avere personaggi interessanti che rendano godibile lo show ma fra loro avere anche un talento vero, che al momento della pubblicazione dimostri di essere uno scrittore di un certo livello. Questa sarebbe la vera quadratura del cerchio. Glielo auguro.
- Quarta Chiacchiera: Hai sempre mantenuto un rapporto di interazione e scambio reciproco coi lettori attraverso i social network e attraverso il tuo blog. Immagino che questo da un lato sia faticoso, perché toglie energie al momento creativo. Perché non fai come tanti, che spariscono e rispuntano soltanto all’uscita di un nuovo libro? A proposito, ci racconti a cosa stai lavorando, magari con qualche anteprima?
La scrittura è un atto molto privato e solitario e io sono una persona estremamente sociale. Per me è da sempre più che spontaneo tenere aperti canali di comunicazione coi lettori e non è un’esigenza promozionale, altrimenti come dici tu la utilizzerei in modo più circostanziato e legato alle singole uscite. Con svariati lettori e lettrici ho sviluppato un rapporto di amicizia a distanza e a volte le presentazioni dei libri nelle varie città sono un’occasione per vedersi di persona, il che è molto bello e rende gli spostamenti significativi da un punto di vista umano.
Al momento sto completando il nuovo romanzo. Ho giurato a me stesso che entro la fine dell’anno sarà terminato. La sola cosa che posso dire è un po’ il contrario di “Apocalisse”, che era cupo e riflessivo. Questo sarà leggero e pop, malgrado tratti il tema della religione. Mi auguro di sorprendere un po’ chi mi legge.
Questa era l’ultima chiacchiera: non mi resta che salutarti e ringraziarti per aver accettato il mio invito, facendoti molti in bocca al lupo per il tuo futuro. Ci lasci un tuo messaggio per i lettori?
Perdonatemi, sono lo scrittore più lento del mondo. Pubblico un romanzo ogni 4/5 anni e sono sempre brevi. Leggete un sacco di altra roba nel frattempo, così mi sento meno in colpa. Grazie per la pazienza, in ogni caso.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Matteo B. Bianchi
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