Max Bunker. Una vita da numero uno
- Autore: Moreno Burattini
- Genere: Fumetti e Graphic Novel
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Nell’Italia pre/post Sessantotto, divisa tra rivolta e conservatorismo dei costumi, i giornaletti “neri” con la K nel titolo irrompevano nelle edicole come palesemente disturbanti. Gli albi sceneggiati da Max Bunker (e disegnati da Magnus) lo erano ancora di più. Kriminal e Satanik al Diabolik delle sorelle Giussani, per esempio, gli facevano un baffo. A metterla sul terreno dell’a-moralità, tanto il criminale in tuta da scheletro (Kriminal) quanto la conturbante Marny Bannister (Satanik) si impongono sulla scena del crimine a fumetti come epigoni di vera trasgressione. Senza contare la componente erotica, che permette al giornalino (come genere) di transitare dallo status pedagogico per giovanissimi, a vero e proprio medium adulto per adulti. Gli strali - e le censure - piovuti addosso all’editrice Corno che pubblicava quegli albi, non bastano ad arrestarne il successo popolare: la parabola editoriale delle due strisce seriali è lunga dieci anni: 419 uscite di Kriminal e oltre 200 di Satanik, nel decennio compreso fra il 1964 e il 1974. Addentrarmi nelle pagine della poderosa biografia artistica che Moreno Burattini ha dedicato a Max Bunker (“Max Bunker. Una vita da numero uno”, Cut-Up Publishing, 2019) mi ha evocato madeleine di questo tipo. Madeleine riconducibili a letture carbonare (il prete ci diceva che a leggere i fumetti con la k si faceva peccato mortale), ma – su sponde più intelligentemente ilari – risalenti anche all’anti-eroico Alan Ford e il suo gruppo T.N.T.O alla rivista del fumetto d’autore "Eureka" che ai tempi del liceo iniziavo a comprare insieme al Manifesto. Sto parlando di alcuni dei frutti più celebri della vis fiammeggiante di Max Bunker (all’anagrafe Luciano Secchi) e del sodale Magnus, tra le firme più acute e, sotto molti aspetti, innovative del fumetto italiano.
Il mondo degli eroi di carta, fino ai primi Sessanta, era rivolto per convenzione a un pubblico di giovanissimi e c’erano quindi tematiche considerate tabù sistematicamente ignorate dalle pubblicazioni a fumetti. Con l’avvento di Kriminal e Satanik, personaggi datati entrambi 1964, irrompono sulla scena storie che parlano di sesso, di corruzione, di droga, di politica internazionale, di attualità, di fenomeni di costume e che citano anche opere letterarie e cinematografiche, così come teorie filosofiche e psicoanalitiche. Il fumetto descrive per la prima volta la realtà cos’ com’è e non cerca di darne una versione edulcorata.
Così Moreno Burattini (L’intrepido, Cattivik, Lupo Alberto, Tex, Zagor, una “firma” a sua volta dei cartoon disegnati) su Bunker. In un saggio che sfiora le 400 pagine e - in parallelo ai cambiamenti sociali dell’Italia e del mondo – ne esplora la vena creativa. Una vena che spesso proprio su questi cambiamenti ha contato e poggiato per i sotto-testi delle storie sceneggiate. Tante storie e trasversali ai generi (Zorak, Milord, El Gringo, Robespierre, oltre ai già citati, per dirne solo alcuni), riprova della potenzialità dirompente e significativa che possono assumere le storie a fumetti se a firmarle sono tipi come Max Bunker.
Con il supporto di aneddoti, testimonianze, stralci di interviste, analisi capillari dei fumetti e non poche, sapide, divagazioni, Moreno Burattini ci regala un tomo minuzioso, bello da leggere e (dunque) imperdibile.
Max Bunker. Una vita da numero uno
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