

Statua di Michel de Montaigne a Bordeaux, Francia © Remi Jouan via Wikimedia Commons
Il 28 febbraio 1533 nasceva a Bordeaux lo scrittore e filosofo Michel de Montaigne. La filosofia di Michel de Montaigne richiama ancora oggi l’attenzione per l’originalità del suo stile: i suoi Saggi sono un viaggio interiore, un esercizio spirituale che, sulla scorta degli antichi, vuole accompagnare l’uomo alla ricerca della felicità.
Vero umanista e profondo conoscitore dei classici greci e latini, Michel de Montaigne fu alieno dalla disputa rinascimentale tra platonici e aristotelici e valorizzò gli insegnamenti dello stoicismo, dello scetticismo e dell’epicureismo.
Autore di un’opera senza tempo, ancora oggi godibilissima per la sua attualità, Montaigne affronta questioni tanto concrete quanto essenziali per ciascuno di noi; il suo sguardo di antropologo lo porta a riflettere sul relativismo culturale, mentre la sua sensibilità lo fa interrogare anche sui diritti degli animali.
In occasione dell’anniversario della sua nascita, riscopriamo vita, opere e concetti fondamentali del suo pensiero filosofico.
Vita e opere di Michel de Montaigne
Nato nei pressi di Bordeaux da famiglia nobile, Michel Eyquem (Bordeaux, 28 febbraio 1533 – Saint-Michel-de-Montaigne, 13 settembre 1592), signore di Montaigne, fu educato alla cultura classica, per poi studiare diritto.
Intraprese inizialmente la carriera politica, ricoprendo vari incarichi, e frequentò anche la corte di Carlo IX; in questo periodo conobbe il filosofo Etienne de la Boetie a cui rimase sempre legato da profonda amicizia.
Ritiratosi nel suo castello nel 1570, si dedicò quasi interamente allo studio dei classici greci e latini e alla stesura dei suoi Saggi, un libro composito, che raccoglie pensieri diversi, da considerare senz’altro come il suo capolavoro. Lo splendido isolamento di Montaigne, fu intervallato solo da un viaggio in Europa e da un’ulteriore incarico politico, come sindaco di Bordeaux; quando la morte lo colse stava ancora lavorando ai Saggi che, nel frattempo, erano stati messi all’Indice dalla chiesa di Roma.
I Saggi di Michel de Montaigne: contenuto e visione dell’uomo


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La sua opera, in lingua originale, porta il titolo di Essais , termine che indica delle prove o, meglio, delle esperienze: l’autore riflette su questioni soprattutto morali, su dilemmi di natura pratica, sulle domande esistenziali che ogni uomo si pone, richiama a questo proposito le opinioni degli antichi sull’argomento, per poi contrapporre a esse le proprie considerazioni.
L’andamento dei testi è, però, autobiografico: ciò è funzionale alla trattazione del principale argomento dell’opera: l’uomo. Montaigne non vuole, però, considerare in modo asettico l’uomo in generale; fedele alla lezione umanista, nelle sue pagine concretizza un ritorno dell’uomo a sé stesso e prende le mosse dalla propria esperienza di vita, svolge considerazioni di carattere psicologico e compie un’analisi introspettiva con la quale analizza le sue passioni, le sue debolezze, le sue speranze e aspettative.
La domanda alla quale tentano di rispondere i Saggi è, dunque, "che cos’è l’uomo?" Ma si tratta di una domanda destinata a non trovare risposta; considerato uno scettico moderno, Montaigne muove dalla convinzione, del tutto estranea allo spirito del Rinascimento, che la conoscenza umana sia parziale e limitata. La vita, inoltre, è un’esperienza sempre aperta, in continuo movimento, ciò porta Montaigne a rilevare l’estrema variabilità della natura umana e l’incertezza dell’esistenza:
"Il mondo non è che una continua altalena. Tutte le cose vi oscillano senza posa... La stessa costanza non è altro che un movimento più debole. Io non posso fissare il mio oggetto. Esso procede incerto e vacillante, per una naturale ebbrezza. Io lo prendo questo punto, com’è nell’istante in cui m’interesso a lui. Non descrivo l’essere, descrivo il paesaggio [...] Bisogna che adatti la mia descrizione al momento. Potrei cambiare da un momento all’altro, non solo per caso, ma anche per intenzione. [...] Se la mia anima potesse stabilizzarsi, non mi saggerei, mi risolverei; essa è sempre in tirocinio e in prova. Io espongo una vita umile e senza splendore, ma è lo stesso. Tutta la filosofia morale si applica benissimo a una vita comune e privata, come a una vita di più ricca sostanza; ogni uomo porta in sé la forma intera dell’umana condizione"
A differenza di altri filosofi antichi e contemporanei che avevano offerto una definizione dell’uomo, Montaigne non riesce a individuarne l’essenza, egli può solo tratteggiare le caratteristiche del singolo uomo, può osservare le vite altrui e vedere sé stesso, rispecchiato nell’esperienza degli altri.
L’uomo, poi, è mutevole, incerto, la sua vita è probabilmente retta da un piano provvidenziale che però egli non conosce. Non solo, l’uomo nella sua continua mutevolezza dimostra di essere tutto e il contrario di tutto e dimostra, così, anche di non riuscire a governare sé stesso, se non in rari momenti. L’uomo, insomma, vive in una condizione miserabile: si consuma qui la critica di Montaigne verso molti autori rinascimentali, come Pico della Mirandola, che assegnano all’uomo la facoltà di poter dominare non solo sé stesso ma anche il mondo, perché titolare di un superiore intelletto e di una superiore dignità.

Recensione del libro
Apologia di Raymond Sebond
di Michel de Montaigne
La morte e la libertà per Michel de Montaigne


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Anche se della condizione umana non si può avere una conoscenza generale e certa, Montaigne nota come essa sia sempre accompagnata dalla morte, una necessità ineluttabile che si impone a ciascuno nella propria vita. Se la morte, allora, si confonde e si mescola dovunque con la nostra vita, la filosofia che deve insegnare a ben vivere, avoca a sé anche il compito di insegnare a morire bene. Ciò porta Montaigne ad affermare, socraticamente, che la filosofia deve prepararci ad abbandonare la vita senza alcun rimpianto, solo così può liberarci dalla paura della morte.
Che la filosofia sia lo strumento con cui si appronta e si realizza un itinerario di liberazione è chiaro anche dalla posizione che Montaigne assume nei confronti delle filosofie antiche dalle quali attinge maggiormente: egli recupera lo stoicismo perché ci consente di cogliere la condizione di dipendenza dalle cose che affligge l’essere umano mentre grazie allo scetticismo riusciamo a spogliarci delle nostre certezze e delle nostre fatue convinzioni per predisporci alla ricerca, e in alcuni casi per raggiungere, la libertà dello spirito.
Animalismo e relativismo culturale analizzati da Montaigne
La modernità di Montaigne emerge soprattutto guardando alle sue posizioni sugli animali e sui selvaggi, ovvero sulle popolazioni del nuovo mondo. Come abbiamo già notato, la presunzione e la supponenza dell’uomo gli fanno ritenere di avere il pieno controllo di sé e quindi, a fortiori, di poter esercitare il suo potere e la sua forza sul mondo intero e sulle sue creature. Ciò è ben evidente nel rapporto con gli animali, secondo Montaigne sfruttati, vessati e ridotti fin quasi a macchine dall’arroganza umana. Il filosofo bordolese, che condanna anche la caccia, rileva che basta osservare gli animali per comprendere che essi comunicano tra loro e provano dei sentimenti, l’uomo si sente superiore a loro perché possiede la ragione, ma chi ci dice che quest’ultima sia davvero un bene, se, a ben vedere è spesso fonte di ansia e di pensieri negativi?
Considerazioni simili sono svolte da Montaigne riguardo al rapporto che gli europei intrattengono con le altre popolazioni. Esaltati dalle scoperte geografiche, dalla rivoluzione scientifica e dall’avanzamento tecnologico, gli europei si sono convinti della loro superiorità. Per Montaigne ciò è evidente soprattutto se si guarda al rapporto con le popolazioni del nuovo mondo, considerati come selvaggi e barbari, esseri inferiori da civilizzare con il crocefisso e, all’occorrenza, anche con la spada. Dalla lettura di molti resoconti di esploratori e viaggiatori Montaigne, invece, rileva che i nativi americani intrattengono con la natura un rapporto più sano e rispettoso, che li porta ad adeguarsi ai suoi ritmi e a non renderla oggetto di sfruttamento.
Più in generale, secondo Montaigne, in ogni popolo e in ogni cultura è possibile individuare degli elementi nobili, che possono essere valorizzati e anche mutuati, a patto che l’altro si ponga nei loro confronti con l’atteggiamento dell’osservatore curioso, che mette tra parentesi il proprio sistema valoriale, e non dei conquistadores.
Nella sua modernità Montaigne estende queste considerazioni anche alle credenze religiose e alle convinzioni filosofiche e diventa un antesignano del relativismo culturale: la sua filosofia, dove non si danno acquisizioni stabili e definitive, è ricerca di verità parziali e provvisorie e accettazione di una vita che solo in minima misura dipende da noi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Michel de Montaigne: vita e pensiero filosofico dell’autore dei Saggi
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Grande filosofo e saggista, alla ricerca dell’identità dell’essere umano,sebbene secondo il mio modesto avviso ,non riesca completamente ad entrare nel consapevolezza che l’uomo ha in sé la potenzialità di vivere felicemente nel trovare lo scopo della propria vita, per cui deve lottare e ciò lo sublima. Senz’altro il non attaccamento alla realtà pone all’esistenza una forma di liberazione in apparenza,è compito di ciascuno realizzarsi secondo I talenti che possiede e senza un dominare sugli altri ,ma coadiuvarsi vicendevolmente per fare parte di un umanità libera dalle catene di ogni forma di ego.Solo così anche la morte potrebbe essere vista non come un non volere rimpianti, ma come accettazione di una condizione naturale e soprattutto come gratitudine di aver agito bene per sé e per i propri simili