Se a Napoli avete voglia di gironzolare in stile Liberty, nei quartieri di Chiaia, Posillipo, Vomero avete l’imbarazzo della scelta, poiché la città che troneggia nell’ultimo film di Paolo Sorrentino fu una delle capitali italiane dello stile che prese il nome da Arthur Losenby Liberty (1843-1917), l’imprenditore britannico specializzato nella vendita di prodotti dell’Estremo Oriente.
Ci sono Palazzo Mannajuolo con quella scala elicoidale meravigliosa amata da Ozpetek, Palazzo Leonetti sede del Consolato Britannico e del Consolato Spagnolo, i motivi floreali della stazione della metro di Mergellina, il Gran Hotel Parker’s frequentato da Oscar Wilde e Virginia Woolf, Lenin e David Bowie, Villa La Santarella fatta costruire dall’attore e commediografo Eduardo Scarpetta con i proventi dell’omonima commedia. E c’è il cinema Filangeri tutelato dal Ministero per i Beni Culturali che nasce come Teatro Kursaal.
“Natale in casa Cupiello”: il successo della commedia
Qui il 25 dicembre 1931 debuttò la "Compagnia del Teatro Umoristico I De Filippo” con la commedia Natale in casa Cupiello. Il successo fu tale che il contratto di ingaggio venne prorogato di mesi, passando da undici a ventiquattro rappresentazioni. Per inciso, la compagnia durò fino al 1944 quando Peppino decise di dissociarsi.
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Tra le commedie di Eduardo De Filippo riunite in Cantata dei giorni pari, la più riuscita è Natale in casa Cupiello, che gravita sul contrasto tra l’illusione della festa e la consapevolezza della dolorosa realtà della vita.
Quanto alla produzione successiva raccolta in Cantata dei giorni dispari ricordiamo Napoli milionaria! (1945), forse la più vicina a quel Neorealismo proposto sul grande schermo da De Sica e Zavattini. In essa l’eco dei Malavoglia verghiani fiancheggia il motivo autobiografico della disgregazione della famiglia che impronta anche Filumena Marturano dell’anno successivo.
Senza pretese specialistiche e tantomeno esaustive, vi proponiamo la trama di Natale in casa Cupiello corredata da alcune osservazioni, insieme alle fasi compositive di questa commedia fortunatissima dove ciascuno potrà riconoscere un po’ di sé, della sua vita, della sua storia.
“Natale in casa Cupiello”: le versioni della commedia
La commedia, ad oggi tradotta in tutto il mondo, corrisponde alla terza versione. Al debutto è un atto unico, centrato sul dramma della gelosia a turbare le feste natalizie, corrispondente al secondo atto della commedia attuale. Nel 1932 ne viene aggiunto un altro per presentare l’antefatto della lettera della figlia contenente la confessione dell’adulterio e l’intenzione di abbandonare il tetto coniugale. Nuove scene sottolineano la disfunzionalità di una famiglia patriarcale in crisi, un dato interessante se pensiamo che all’epoca la propaganda fascista martellava su Dio-Patria-Famiglia. Si impone il personaggio "presepe" in chiave psicologica e sociale. Osserva Piacenti nella Treccani:
Il presepio è la rappresentazione della famiglia e di quella tradizione culturale, a cui lo stesso Eduardo apparteneva di certo, che già all’epoca veniva messa in crisi dal progressivo allontanamento da quell’insieme di riti, consuetudini e costumi su cui si fonda la stessa cultura popolare che, come riteneva anche Pier Paolo Pasolini, costituisce l’espressione più onesta e accurata della natura umana nella sua purezza.
Nel 1934, l’aggiunta del terzo e ultimo atto completa e rafforza quell’impronta drammatica che sposta definitivamente il baricentro dall’adulterio al dramma esistenziale del protagonista, che alcuni leggono come anti-eroe, altri come grottesca parodia del pater familias. Due nuove figure, la vicina di casa e il medico, svolgono il ruolo di confidente e uomo di scienza a certificare la malattia del capofamiglia. La prima è già del teatro antico, tragedia o commedia che sia, il secondo è un topos di tanta letteratura dell’Ottocento (ricordate Fosca di Tarchetti?). Ed è questa versione definitiva in tre atti a debuttare il 9 aprile 1934 all’Olimpia di Milano vicino al Castello Sforzesco, uno dei tanti teatri perduti che dopo un lento declino chiuse i battenti negli anni Sessanta.
“Natale in casa Cupiello”: trama e analisi della commedia
La vicenda è ambientata nello spazio angusto di una casa modesta – nella camera da letto dei coniugi Cupiello dorme anche il figlio –, dove il pubblico riconosce quella Napoli in difficoltà economiche a lui famigliare. Colpisce il sovraffollamento di oggetti devozionali e di uso quotidiano.
L’antivigilia di Natale Luca Cupiello, che ricorda il tipo dell’anziano collerico e brontolone, si accinge a preparare il presepe con una cura ossessiva e maniacale, sordo alle critiche del fratello e del figlio Tommasino che deride la tradizione cui il padre è affezionato. Simbolo di una serenità alternativa al presente, il presepe distoglie Luca da preoccupazioni più gravi.
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È la moglie Concetta, anche lei indifferente alla rappresentazione della Natività, a sobbarcarsi il fardello emotivo di un ménage complicato con il pragmatismo che la caratterizza. Il figlio Tommasino è uno scapestrato indolente e viziato della serie “voglia di lavorare saltami addosso”, Ninuccia è sposata con Nicolino che non ha mai amato e ha un’amante con cui ha intenzione di fuggire. Sull’orlo di una crisi di nervi, la figlia fa irruzione dai genitori per discutere con la mamma della crisi matrimoniale, ma dopo un acceso confronto in cui Concetta riesce a convincerla a non abbandonare il tetto coniugale, perde la lettera d’addio indirizzata proprio al marito che viene casualmente trovata da Luca il quale, ignaro, la consegna al destinatario.
Questa è la prima di una serie di azioni da lui compiute in buona fede che però vanificano gli sforzi della moglie per evitare la separazione della coppia male assortita. Infatti il genero incarna il borghese arricchito, grossolano, geloso e possessivo in contrasto con il rivale e le romanticherie di Ninuccia alla ricerca di amore e libertà. Nel frattempo Luca inizia a mostrare difficoltà motorie e linguistiche, campanelli d’allarme di un ictus in agguato.
La situazione assume toni tragicomici quando il giorno della vigilia Tommasino, altrettanto ignaro, invita Vittorio, l’amante della sorella. Ma la catena di equivoci, incidenti, contrattempi, bisticci è destinata a decollare quando Luca lo invita con cortesia partenopea a trattenersi per cena. Immaginate il putiferio all’arrivo di Ninuccia e Niccolino, che nel frattempo ha letto la lettera della moglie fedifraga. Il marito e l’amante si fronteggiano. Per poco non ci scappa un duello.
La scoperta della relazione extraconiugale della figlia ha un effetto deflagrante di cui Luca non riesce a sostenere l’onda d’urto: il suo mondo va in pezzi e viene colpito da un ictus. Tommasino diventa un figlio devoto e servizievole al capezzale del padre prossimo alla fine, finché Luca si congeda sereno dal mondo, convinto che tutti i contrasti siano stati appianati. Alla fine tra sacro e profano, riso e pianto, illusione e realtà il vincitore morale è Luca. La malattia lo libera da una vita inadatta a un sognatore un po’ bambino come lui e permette alla famiglia di capire il significato dell’amore, della fratellanza, della vita di cui il presepe è la rappresentazione. Per l’ultima scena preparate i fazzoletti! Qual è il segreto della commedia? Forse in quella sintesi dei contrari che fa della famiglia lo spazio simbolico di divisione e unità.
Per Luca l’allestimento e la contemplazione del presepe, il suo, genera una sorta di regressione all’infanzia, l’età felice, impermeabile a dissapori e contrasti che lo protegge in un isolamento cercato e subito. Religiosità a parte, il Natale diventa l’illusione che lo porta a non vedere e a rimuovere i contrasti che dividono il nucleo famigliare. Tanto che quando si scontra con la realtà, la festa volge in dramma. A questo punto Luca perde la salute e si ammala fino al delirio salvifico che precede la sua scomparsa si abbandona a nuove illusioni, all’ultimo sogno di felicità e armonia tra i suoi cari.
Il suo profilo "di uomo innocente che vive in mezzo a una famiglia corrotta" (Ferroni) è analogo a quello di Gennaro, il tranviere disoccupato in Napoli milionaria!, perché entrambi si misurano con una famiglia disgregata e la speranza di un mondo scevro da egoismo e falsità.
Col tempo, però, lo sguardo di Eduardo si incupisce caricando i testi di una protesta sempre più acuta contro le ingiustizie sociali, accompagnata da un pessimismo radicale che esclude ogni speranza di umana solidarietà. Non a caso Guglielmo Speranza, questo il nome "parlante" del protagonista dell’ultima commedia Gli esami non finiscono mai (1973), si chiude in un mutismo protestatario dopo essere stato sopraffatto dalla vita che gli ha rubato speranze e illusioni e gli ruberà pure la dignità dopo la morte.
Recensione del libro
Natale in casa Cupiello
di Eduardo De Filippo
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Natale in casa Cupiello”: storia e trama della commedia cornucopia di umanità di Eduardo De Filippo
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