La casa editrice Rrose Sélavy nella sua collana “Il Quaderno quadrone” pubblica Nome di battaglia Nero (2021, introduzione di Francesco Filippi, illustrazione di Sonia Maria Luce Possentini, pp. 40) di Sonia Maria Luce Possentini. Nel romanzo l’autrice e illustratrice racconta ai ragazzi dai 9 anni in su la breve vita di uno zio molto amato che non ha mai conosciuto.
La presentazione di oggi
Il volume verrà presentato on line il 5 maggio alle ore 18.30 sui canali social di Matota, festival della letteratura per bambini e ragazzi. A raccontarlo ci saranno Piero Ferrante, l’illustratrice e autrice Sonia Maria Luce Possentini e lo storico Francesco Filippi, che ne ha curato l’introduzione.
“Il crinale che costeggia la vita da sempre è stato calpestato da piedi giovani e infreddoliti. Da respiri sulla neve. Da faggi in fila indiana sugli spigoli dei suoi fianchi. Da ricordi tumulati nei cassetti dentro scatole di cartone. Dalla forza di custodire quel che si può. Orme d’ombre di ieri, da incidere forte dentro il ricordo”.
Nome di battaglia Nero: di cosa parla
Giovanni, detto il Nero era un giovanissimo partigiano nella Brigata Garibaldi, bello, coraggioso, ribelle, innamorato della sua Laura e della libertà, ed è morto di torture a vent’anni, soltanto per non aver voluto tradire i compagni.
Molti anni dopo sua nipote è tornata sull’Appennino reggiano, in quei posti che videro le gesta del Nero, perché la memoria è fatta anche di luoghi, fonte anche di ispirazione per raccontare alle giovanissime generazioni il sacrificio di chi, durante la II Guerra Mondiale, sacrificò la propria vita in nome dell’ideale più bello e fulgido: quello della libertà. Un ideale che non tramonta mai e che dovrebbe essere la stella polare di ciascuno di noi. Ecco perché Nero continua a camminare, per le strade del presente e nei vicoli della memoria, a raccontare la sua storia personale, che si fa Storia collettiva di un Paese e di tutti noi.
Nome di battaglia Nero
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La Resistenza italiana, specie nella sua fase più cruda, nel duro inverno 1944-45, è stato soprattutto un conflitto in cui i partigiani, alcuni poco più che ragazzi, dovevano imparare a riconoscere attorno a sé gli spazi che li accoglievano come maestri severi. Dunque i ragazzi dovevano imparare a conoscere i corsi d’acqua, i profili dei monti, le bacche, che avrebbero alleviato i crampi della fame, i ripari sicuri, a distinguere la legna che avrebbe dato calore e conforto da quella che avrebbe fatto tanto fumo da rivelare al nemico la propria posizione. Fondamentali erano i sentieri, dove ogni giovane combattente doveva subito distinguere quelli sicuri, sconosciuti ai fascisti e ai nazisti, da quelli troppo battuti, tenuti d’occhio dalle spie. Da quei sentieri i partigiani nell’aprile del ‘45 scesero a riconquistare le città. Il lungo inverno era finito, e stava lasciando il posto a una nuova stagione, che aveva il sapore della libertà. I boschi tornavano a rinverdirsi, chi era sopravvissuto si portava dietro l’esperienza dei bivacchi sotto le stelle, del freddo e della grande umidità. Chi non era sopravvissuto al lungo inverno rimarrà sempre parte delle voci del bosco, che racconta sofferenze e gioie.
Se veramente oggi vogliamo continuare ad alimentare la Memoria di quei giorni, difendendone e raccontandone la storia, dobbiamo tornare a quei paesaggi per risentire le voci. Una Memoria, come scrive Francesco Filippi nell’Introduzione al testo “che dobbiamo preservare e continuare a far fiorire”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Nome di battaglia Nero: Sonia Maria Luce Possentini presenta online il suo libro
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