

A Milano il divieto di fumare negli spazi pubblici, valido dal 1° gennaio 2025, non smette di far discutere. Il 28 dicembre 2024, sul Corriere della Sera, il giornalista Sergio Harari, nel suo articolo Milano e lo stop al fumo all’aperto da gennaio. Perché il divieto è giusto ma ci vogliono controlli, spiegava che "non si potrà fumare a una distanza inferiore ai dieci metri da altre persone", pur lasciando trasparire una certa sfiducia, dovuta alle difficoltà registrate nel capoluogo lombardo nel far rispettare le leggi già vigenti:
"A Milano il divieto di fumare in alcune aree specifiche, come le fermate dei mezzi pubblici, gli impianti sportivi, i parchi e le aree verdi, è già in vigore dal 2021, sebbene i controlli siano stati scarsissimi".
E in effetti, da mesi, i residenti hanno espresso forti dubbi sull’effettiva solerzia delle autorità nel multare le trasgressioni delle bande di "maranza" che scorrazzano all’ombra della bela Madunina.


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Per arricchire il suo pezzo e renderlo indimenticabile, Harari non si è tirato indietro davanti alla sfida di intervistare uno tra i più noti polemisti dell’Italia dei nostri giorni: Vittorio Feltri, giornalista e politico, ex direttore de L’Indipendente e fondatore di Libero, testata universalmente nota per i suoi toni caustici. Tra i suoi libri possiamo ricordare lo scoppiettane volume autobiografico Il Borghese. La mia vita e i miei incontri da cronista spettinato (Mondadori, 2018).
Scrive Harari:
"Chiedere a Vittorio Feltri, direttore editoriale del Giornale e fumatore accanito, allergico a tutto ciò che è ecologico così come alle giunte di sinistra, cosa ne pensa dei nuovi divieti milanesi equivale a un invito a nozze".
In effetti le risposte del direttore sono state prevedibili: per anni egli ha apertamente difeso il tabagismo, esprimendo in varie occasioni il suo continuo desiderio di consumare il maggior numero possibile di sigarette.
Durante un passaggio dell’intervista, tuttavia, ha fatto capolino un vocabolo "tecnico" che a qualcuno potrebbe essere sconosciuto. Veniamo alle battute dei due giornalisti:
"Qui si parla di fumo passivo. Perché dobbiamo respirare le sigarette degli altri?"
domanda Harari.
"Per strada io devo poter fare quello che voglio. Non capisco dove sta il problema."
risponde Feltri.
Precisa l’intervistatore:
"Si potrà, ma rispettando 10 metri di distanza dagli altri."
Così incalzato, Feltri sbotta con un’osservazione non priva di buonsenso:
"E allora che faccio, vado in giro con la bindella? Non mi sembra una decisione intelligente".
Ma che cos’è la bindella?
Bindella: significato e uso della parola
Consultando un dizionario italiano contemporaneo il primo significato attribuito a questa parola è pressappoco:
"lista metallica che unisce le canne delle doppiette da caccia, e sulla quale, nella parte terminale, è inserito il mirino".
Giuseppe De Florentiis (1893-1978), che fu tra i maggiori esperti italiani di armi da fuoco, nel suo libro Tecnologia delle armi da fuoco portatili (Hoepli, 1927) scrive:
"I fucili da caccia, i fucili express o i fucili drilling hanno le canne accoppiate e riunite in gruppi di tre e talvolta anche di quattro.
L’accoppiamento delle canne si eseguisce a mezzo di saldatura in ottone o rame o stango.
Le canne sono unite fra di loro dalla bindella e della sottobindella."
Ma ovviamente non è a questo che alludeva Feltri, infatti nei vocabolari troviamo anche un secondo significato associato alla stessa parola, qualificato tuttavia come dialettale o antiquato.
A questo punto non possiamo evitare di ricordare che Feltri si dichiara ultra-localista, in televisione egli ha affermato di identificarsi innanzitutto come bergamasco, poi come lombardo e infine di sentirsi italiano (e per nulla "europeo"). Tuttavia è pur vero che frequenta Milano da sempre.


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Ed è proprio cercando nel Dizionario Milanese-Italiano pubblicato da Hoepli nel 1896, compilato dallo scapigliato Cletto Arrighi (1828-1906), che ci imbattiamo nella voce:
"Bindell, Bindella (Ant.), Nastro. (Grido di merciaiuoli ambulanti) ’Stringh e bindèi!’: ’Aghetti e nastri!’ (Agitar rapidamente un tizzone, sì che paja un nastro di foco) Fù bindell: Far il nastro rosso."
Bindella è un diminutivo di "binda":
"Benda ’El g’ à la binda davanti ai occ.’: ’Ha una benda sugli occhi’."
Per estensione la parola bindella si adopera anche per indicare le "rotelle metriche" che si usano, ad esempio, nell’ambito della ginnastica o in quello delle costruzioni, ossia il "metro da cantiere".
Occorre precisare che, per quanto esista anche in milanese, bindella, appunto come termine tecnico, può essere considerato anche un vocabolo perfettamente italiano, e anche in quest’occasione Feltri ha dato prova dell’ampiezza del suo vocabolario. La peculiarità evidente dei suoi articoli più scanzonati (e di maggior successo), infatti, è l’alternanza di un linguaggio formale, e talvolta anche ricercato, ad espressioni colloquiali e particolarmente colorite.
Nel caso citato, Feltri avrebbe anche potuto dire "E allora che faccio, vado in giro con il metro?", invece ha scelto un vocabolo tecnico e specifico, bindella, lo strumento riavvolgibile che si usa anche durante i lavori stradali, e che anche nel suo amato dialetto milanese significa "Fettuccia" (così, nel 1839, lo traduce Francesco Cherubini nel suo Vocabolario Milanese-Italiano).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cos’è la “bindella” nominata da Vittorio Feltri, tra italiano e milanese
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