Una delle poesie più citate di Antonia Pozzi è Novembre, ma di rado è conosciuta con il suo vero titolo. “E poi - se accadrà ch’io me ne vada”, così recita il primo verso, di frequente utilizzato per descrivere la parabola breve e bruciante della vita della poetessa, morta suicida a soli ventisei anni in una mattina di dicembre del 1938.
Novembre sembra essere, a tutti gli effetti, una poesia-testamento che reca, non a caso, come titolo e suggello il mese dei morti. Antonia, però, la scrisse a soli diciotto anni, quando la sua esistenza era ancora ben lontana dalla sua triste fine. Il suo dialogo con la morte tuttavia era già iniziato, perché Novembre è una poesia sulla morte e questo tema, così come la vita eterna e il confine sottile che separa questo mondo dall’aldilà, è sempre presente negli scritti di Antonia Pozzi, come se lei fosse qui e - contemporaneamente - altrove. In alcuni passi del suo diario raccontava di aver avvertito persino, accanto a sé, la presenza di un angelo, per concludere che:
“forse tutti quelli che hanno sofferto e sono deboli o malati a un certo punto cominciano a sentire gli angeli”.
Ed è esattamente con questo sentimento che dobbiamo leggere Novembre, la poesia che Antonia Pozzi scrisse in un giorno di fine ottobre del 1930; dobbiamo leggerla con le orecchie tese nella percezione di un non meglio definito “altrove”, come se un angelo ci passasse accanto. Si avvicinava il mese dei morti, la nebbia si infittiva in una coltre spessa nel cielo di Milano, e la giovane Antonia non poté fare a meno di immaginare la propria “morte” che quel periodo dell’anno sembrava annunciare, come un presagio. “Cosa sarebbe rimasto di lei nel mondo?” così si interrogava mentre macchiava di inchiostro un foglio bianco. Lei immaginava che sarebbe rimasta una “tenue scia di silenzio” - la voce della sua anima - invece ci sono rimaste le parole, di colei che è stata “la più grande poetessa del Novecento” secondo Eugenio Montale.
“Novembre” di Antonia Pozzi: testo
E poi – se accadrà ch’io me ne vada –
resterà qualchecosa
di me
nel mio mondo –
resterà un’esile scìa di silenzio
in mezzo alle voci –
un tenue fiato di bianco
in cuore all’azzurro –Ed una sera di novembre
una bambina gracile
all’angolo d’una strada
venderà tanti crisantemi
e ci saranno le stelle
gelide verdi remote –
Qualcuno piangerà
chissà dove – chissà dove –
Qualcuno cercherà i crisantemi
per me
nel mondo
quando accadrà che senza ritorno
io me ne debba andare.Milano, 29 ottobre 1930
“Novembre” di Antonia Pozzi: analisi e commento
Link affiliato
È possibile parlare della morte con dolcezza e Antonia Pozzi lo dimostra attraverso questi versi che hanno il ritmo lento e sognante di una nenia. Per rappresentare la propria morte la poetessa non sceglie immagini funeree, come lapidi cimiteriali o bare di mogano, ma decide di parlare di stelle, fiori e soprattutto di una bambina - chi è quella bambina? Forse la stessa Antonia? - che appare come un presagio di rinascita.
È significativo che sia proprio una bambina “gracile” - esattamente come la Pozzi che fu sempre di salute cagionevole - a vendere i crisantemi in una sera di novembre. I crisantemi sono i fiori dei morti per eccellenza, emblema del ricordo. Antonia, che ha sempre vissuto in armonia con la natura avvertendo persino “l’anima delle sue montagne”, le Dolomiti, immagina di essere ricordata attraverso dei fiori.
Tutta la poesia è pervasa da un sentore nostalgico: ciò che viene evocato è uno scenario di silenzio, un pianto che non si vede, qualcosa di inafferrabile che pure si agita nel concitato turbinio del mondo dove una folla continua a muoversi e ad avanzare, ignara della morte e dell’aldilà. Antonia immagina la propria permanenza nel mondo attraverso una “scia di silenzio”; qualcosa di non prorompente, di sensibile, di delicato, proprio come era stata la sua presenza in vita. Intanto la luce delle stelle, definite “gelide”, proietta una luce retrospettiva sul mondo; perché le stelle che noi vediamo dalla Terra sono morte, il loro bagliore ci giunge rifratto nella distanza e diviene“ presenza viva” di un’assenza. Novembre rimane sullo sfondo, evocato solo una volta nella poesia per richiamare l’oscurità di una sera ombrosa. Eppure è significativo che sia proprio quel mese, il mese dei morti, che sembra aprire un portale con l’aldilà: è il momento in cui le persone comunicano con i cari defunti, in cui si concedono di abbandonarsi al ricordo, al pianto.
“Morire significa”, diceva Jean-Paul Sartre “cadere nelle mani degli Altri”. Il nostro ricordo non dipende più solo da noi; lo sapeva bene Antonia Pozzi che in questi versi si dissolve in una presenza fantasmatica - in un tenue fiato bianco, come una nuvola - e lascia il pianto ai vivi, a loro il ricordo. “Chissà dove, chissà dove” domanda l’eco lontana della sua voce perduta, come una cupa melodia, che chiede di non essere dimenticata.
Non sarebbe stata dimenticata, restava la traccia dell’inchiostro che vergava la pagina bianca. Era quella la voce che squarciava il silenzio, l’onda prorompente del ricordo che ancora adesso incontra i nostri occhi di lettori e li inonda di un velo di commozione. Non possiamo fare a meno di immaginare Antonia come quella “bambina gracile” perduta in una sera di novembre: quale bambina, a maggior ragione se di salute fragile, resterebbe sola per strada (all’angolo, precisa la poetessa, per acuire il senso di esclusione, di emarginazione) in una sera di novembre? Ricorda il primo personaggio cantato da Fabrizio De André in Via del campo: “ha le labbra color rugiada, gli occhi grigi come la strada, nascon fiori dove cammina”. Quella bambina è una metafora, per indicare “tutti coloro che hanno sofferto, che sono deboli o malati” - la stessa Antonia Pozzi, quindi, e con lei tutte le persone che possono avvertire vicina la presenza degli angeli.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Novembre” di Antonia Pozzi: una poesia sulla morte
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Storia della letteratura Antonia Pozzi Giorno dei Morti (2 Novembre)
Lascia il tuo commento