La poesia “Passerò per Piazza di Spagna” riporta in calce la data: 28 marzo 1950. Piazza di Spagna vista da Cesare Pavese è un’apparizione diafana di aria e sole, un prodigio primaverile, un miracolo cantante. L’intera lirica è una sinestesia che rende omaggio, in una sintesi polifonica di colori, odori, suoni, a uno degli scorci più suggestivi di Roma: la scalinata di Trinità dei Monti a Piazza di Spagna. A guidare i passi di Pavese, che quello stesso anno proprio a Roma, nella cornice del Ninfeo di Villa Giulia, avrebbe vinto il Premio Strega con La bella estate, era tuttavia l’illusione di un amore triste. La solenne apparizione della scalinata, posta al centro della piazza, che si dischiude dinnanzi agli occhi del passante come miraggio celava, in realtà, l’illusione di ritrovare la donna amata.
La dedicataria della poesia, che nel finale appare “ferma e chiara”, era la bionda attrice statunitense Constance Dowling, la stessa protagonista di You, Wind of March redatta dall’autore proprio nei giorni precedenti.
Le poesie scritte da Pavese per Constance furono raccolte nella smilza antologia di appena dieci liriche Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, che sarebbe stata pubblicata postuma e - a posteriori - appare come una tragica premonizione del suicidio di Pavese.
L’amore per Constance sarebbe stato il tormento degli ultimi mesi di vita dello scrittore che nelle pagine del suo diario, Il mestiere di vivere, si rammaricava di non averla avuta accanto la sera del conferimento dello Strega. Un mese esatto dopo la vittoria Cesare Pavese si sarebbe tolto la vita nell’afa solitaria dell’agosto torinese; nelle ultime pagine del suo diario scriveva “non ci si uccide per amore di una donna” ma, aggiungeva sinistramente, ci si uccide perché l’amore “qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità”.
Passerò per Piazza di Spagna è una visione epifanica che trasforma la scalinata di Trinità dei Monti in un’allegoria del Paradiso e la piazza nel finale diventa una personificazione della donna amata che pure sembra avanzare nella nostra direzione, come rispondendo a un richiamo. Tutto si muove nella poesia di Pavese: i passanti, le rondini, il sole e anche ciò che è inanimato, come le fontane, le terrazze, la strada stessa, ogni cosa appare in un movimento ondivago come il mare che replica il “tumulto”, così simile al battito del cuore.
A lungo una targa con il testo della poesia di Pavese è stata esposta a un lato della piazza, accanto alla prestigiosa sala da tè Babington’s, un altro luogo di culto, tappa irrinunciabile di chi passeggia nei dintorni.
In occasione del 21 aprile, scopriamo testo, analisi e significato della poesia.
“Passerò per Piazza di Spagna” di Cesare Pavese: testo
Sarà un cielo chiaro.
S’apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra.
Il tumulto delle strade
non muterà quell’aria ferma.I fiori spruzzati
di colori alle fontane
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.S’aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l’acqua nelle fontane –
sarà questa la voce
che salirà le tue scale.Le finestre sapranno
l’odore della pietra e dell’aria
mattutina. S’aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.Sarai tu – ferma e chiara.
“Passerò per Piazza di Spagna” di Cesare Pavese: analisi e significato
Pavese restituisce appieno l’atmosfera vitale e gioiosa della più bella Piazza di Roma, accogliente come un salotto a cielo aperto. Il campo semantico della luce è dominante così come quello del movimento. Tutto è “chiaro”, la luce stessa appare smarrita ed errante, le strade si aprono inneggiando al movimento, mentre tutt’attorno è una sinestesia di suoni, odori, colori dalla vivacità primaverile. Il tumulto che - nel finale scopriamo essere soprattutto interiore - si arresta nell’incontro: così come i passanti si fermano una volta giunti in cima alla scalinata per ammirare il panorama su Roma, così Pavese si ferma in estatica contemplazione dinnanzi alla donna amata.
Il tumulto delle strade, lo scalpiccio perenne dei passanti che percuote senza sosta le vie della capitale, si placa e, con esso, anche il battito nel cuore. Persino il rumore appare dolce, come il profumo dei fiori a primavera, tanto intenso che stordisce e ottunde i sensi.
Il verso finale della poesia, isolato da tutto il resto, “Sarai tu - ferma e chiara”, ha senso di per sé stesso e ci rivela il vero scopo della ricerca con quel “tu” improvviso che prima non era stato annunciato e ora si rivela, sorprendente come un incontro agognato che risponde a una lunga attesa. La luminosità era ciò che contraddistingueva anche il bel volto scolpito di Constance Dowling, i capelli biondi lo incorniciavano come un’aureola donandole un’aria angelica: “ferma e chiara”, appunto.
Tutt’attorno è silenzio: pur volendo scrivere una poesia d’amore, Pavese è riuscito a creare un verso capace di spegnere i rumori cittadini e di immortalare, in una istantanea dall’effetto prodigioso, la bellezza eterna di Piazza di Spagna nel suo granitico splendore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Passerò per Piazza di Spagna”: la poesia di Cesare Pavese dedicata a Roma
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