Considerato il fondatore del romanzo australiano moderno, Patrick White fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1973.
I lettori però lo giudicano “illeggibile” ; lui stesso si definiva un romanziere che quasi nessuno legge. Non a caso è chiamato “Patrick l’Oscuro” e si possono rintracciare online articoli, soprattutto di stampa straniera, che parlano della sua narrativa nelle maniere più bizzarre e non certo lusinghiere, come The Problem of Patrick.
Fu insignito del Premio Nobel con la seguente motivazione:
Per un’arte narrativa epica e psicologica che ha introdotto un nuovo continente nella letteratura.
Patrick White dunque rappresentava l’Australia; tuttavia, curiosamente, era nato in Inghilterra, a Londra, mentre i suoi genitori si trovavano per un periodo di soggiorno nel Regno Unito. Non fu mai ritenuto completamente “australiano”.
L’unico Nobel per la Letteratura australiano suscita sentimenti di ambivalenza nei suoi lettori: c’è chi dice che la sua prosa sia troppo difficile e che se fosse proposto oggi un suo manoscritto agli editori sarebbe giudicato addirittura impubblicabile. Il fatto più sorprendente è che l’esperimento è stato tentato e - spoiler - è andata proprio così.
Scopriamo la vita e le opere di White e perché è giudicato “illeggibile” dai suoi lettori.
Chi era Patrick White, l’unico Premio Nobel australiano
Patrick White nacque a Londra, nel distretto di Knightsbridge, il 28 maggio 1912. Appena sei mesi dopo la sua nascita la famiglia White, di origini inglesi, fece ritorno in Australia.
Da bambino Patrick soffrì di una grave forma d’asma che lo costrinse a lunghi periodi di isolamento e a una solitudine forzata. Questa forma di esilio obbligato lo avvicinò alla scrittura alimentando la sua immaginazione: non poteva giocare con gli altri bambini, quindi leggeva, scriveva, esplorava i territori illimitati della propria mente e, sin dalla tenerissima età, amava il teatro. Iniziò a scrivere i propri primi drammi teatrali durante gli anni del collegio, ancora giovanissimo. Aveva pochi amici, conduceva una vita ritirata, silenziosa, tutta votata all’introversione. Studiò anche in Inghilterra negli anni delle scuole superiori; ma non era un allievo modello. Desiderava abbandonare gli studi per dedicarsi completamente alla scrittura; i genitori lo convinsero a finire prima il college e, in seguito, a tornare in Australia dove avrebbe potuto dedicarsi al lavoro di agricoltore.
Lavorò infatti come jackaroo - allevatore di pecore e bovini - in alcune fattorie; nel frattempo scriveva senza sosta, vanificando le speranze dei genitori che confidavano nel fatto che le sue aspirazioni artistiche sarebbero svanite presto. Non andò così: ben presto Patrick capì che non era tagliato per quel lavoro di fatica e decise di iscriversi a un corso di storia al King’s College di Cambridge. Durante gli studi universitari pubblicò la sua prima raccolta di poesie The Ploughman and Other Poems (1935). Terminati gli studi tentò la fortuna come attore, ma senza successo; iniziò a scrivere a tempo pieno dopo la morte del padre che gli lasciò una cospicua eredità che gli consentiva di mantenersi.
Avrebbe pubblicato il suo primo romanzo, La valle felice (titolo originale Happy Valley), nel 1939 in Inghilterra: nella sua scrittura giovanile si riscontrava fortemente l’influenza di D.H. Lawrence e Thomas Hardy.
Il suo maggior successo sarebbe giunto anni dopo, quando White aveva fatto ritorno in Australia per vivere con il suo compagno. Era un periodo difficile della sua vita, a causa della censura che gravava sugli omosessuali negli anni Cinquanta e anche dei frequenti attacchi d’asma che lo lasciavano avvilito e prostrato. Nel 1955 pubblicò L’albero dell’uomo, che ottenne ottime recensioni in Inghilterra, ma in Australia fu pressoché ignorato.
Patrick White aveva un curioso destino: era uno scrittore australiano detestato dagli stessi australiani, era più apprezzato all’estero che in patria. Nonostante pensasse che ormai la sua carriera letteraria fosse destinata al declno, White scrisse un altro romanzo, L’esploratore (1957), oggi considerato il suo capolavoro. Fu la sua prima opera a essere apprezzata in Australia, dove vinse il Miles Franklin Award. Avrebbe vinto di nuovo il premio nel 1961 con I passeggeri del carro.
Patrick White assente alla cerimonia del Nobel
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Ormai il suo successo letterario, tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, era consolidato; ma White continuava a prediligere una vita ritirata e schiva, stando fuori da circoli letterari e riunioni mondane. Aveva fama di essere burbero perché non concedeva interviste. Persino quando fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura, nel 1973, Patrick White non andò di persona a ritirarlo. Al proprio posto mandò l’amico pittore Sidney Nolan. Un gesto unico nella storia del Premio: era già capitato che degli scrittori lo rifiutassero, per motivi culturali o politici, ma mai nessuno aveva delegato la cerimonia a un’altra persona.
Anni dopo avrebbe rifiutato la vittoria al Booker Prize, affermando di voler cedere il posto ad altri scrittori. Un personaggio singolare e poco amato dal pubblico: negli ultimi anni apparve in alcune trasmissioni televisive in cui creò scalpore per le sue idee antimonarchiche. Si rifiutò di andare alla prima teatrale de L’esploratore, tratta dal suo romanzo, perché accanto a lui ci sarebbe stata la Regina Elisabetta.
Difficile definire in modo univoco Patrick White, l’unica certezza è che continuò a scrivere fino alla fine della sua vita, pur definendosi:
Un romanziere antiquato, che quasi nessuno legge, o se lo fanno, la maggior parte dei lettori non capisce di cosa sto parlando.
Disse che non avrebbe mai voluto scrivere L’esploratore (tradotto in italiano come L’esploratore Voss da Mondadori, Ndr), il suo romanzo più celebre, che in età più avanzata giudicava “una condanna per tutti”. Alla sua morte stabilì che tutte le sue opere incompiute fossero distrutte; ma un erede lo ignorò, pubblicando comunque postumo The Hanging Garden (2012) (in italiano “Il giardino sospeso”, Ndr), romanzo che White aveva scritto interamente a mano.
Troppo spietato nei confronti di sé stesso? Cedendo la parola ai lettori - australiani soprattutto - il parere non sembrerebbe essere così diverso.
Ma, insomma, questo pluripremiato romanziere è davvero così illeggibile?
Patrick White è davvero uno scrittore illeggibile?
In tempi recenti i giornali e le riviste letterarie (soprattutto quelle australiane) non sono state particolarmente benevole nei confronti di Patrick White. Il mondo letterario australiano si spacca in due: tra quelli che considerano White un colosso della letteratura e chi, invece, sostiene sia un intruso che si è reso portavoce della “questione australiana” senza esserne davvero parte.
Ma è stato fatto di peggio che giudicare l’opera o l’autore, è stato tentato un esperimento letterario. Un intraprendente giornalista di nome Jennifer Sexton ha battuto interamente a macchina alcuni capitoli del libro di White, intitolato L’occhio della tempesta, dopodiché l’ha proposto a vari editori: naturalmente modificando il titolo e omettendo il nome del vero autore. Risultato? Il manoscritto è stato rifiutato, giudicato “impubblicabile”. Eppure era il libro di un Premio Nobel.
Dall’esperimento Sexton ha tratto un articolo polemico sulle dinamiche dell’editoria contemporanea, basata a suo dire solo sul business, che oggi giudica un autore come Patrick White addirittura “illeggibile”.
Alcuni articoli recenti, in seguito a questo dibattito, giudicano infatti Patrick White uno scrittore illeggibile, affermando che, dal momento che la sua opera non è facile da leggere come quella di un Grisham o di un King, di conseguenza è naturale che gli editori lo rifiutino, perché non venderà. Venne fatto notare Jennifer Sexton che persino gli editori americani si rifiutavano di pubblicare White, pur sapendo che si trattava di White, perché, appunto, non vendeva.
Il caso Patrick White apre una riflessione interessante sull’editoria e il ruolo del lettore: un libro giudicato un capolavoro negli anni Cinquanta oggi può essere ritenuto “illeggibile”? Ovviamente si tratta di opinioni da non estendere all’intero pubblico di lettori. Un critico australiano ha fatto notare che la letteratura di White intimorisce i “non lettori” perché non sono capaci di comprendere una scrittura complessa. Da un lato, quindi, il mondo letterario continua a celebrare Patrick White come un mostro sacro della letteratura, anche se non è un autore bestseller. Del resto, si sa, che le due cose vanno raramente di pari passo.
Nella recente introduzione a L’esploratore Voss, riedito nel 2019 da Mondadori nella collana Oscar con la traduzione di Silvia Albesano, Thomas Keneally lo definisce uno scrittore difficile che scrive in modo difficile. Questo, tuttavia, non gli impedisce certo di essere prodigioso. E di essere l’autore di quello che Keneally definisce uno “splendido romanzo modernista” ambientato nell’Australia coloniale.
Forse dovremmo affrancare Patrick White dallo stigma che gli è stato, ingiustamente, inflitto. Su molti altri autori del passato potrebbe essere praticato il medesimo esperimento e tutti, a ben vedere, potrebbero essere giudicati “illeggibili” al giorno d’oggi. Vogliamo provare?
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Patrick White, il premio Nobel giudicato “illeggibile” dai lettori
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