La psicologia è diventata sempre più una disciplina biologica. Il primo esame che di solito gli studenti di psicologia danno all’università è proprio biologia.
È la psicologia che si basa sulla neurofisiologia. Molti psicologi hanno quindi un’impostazione organica. È la psicologia che fa ricerche con la somministrazione dei test. Insomma “quantificazione” e non “qualità”.
È il cosiddetto “metodo sperimentale”. Hanno vinto Watson e il comportamentismo: gli psicologi devono osservare il comportamento: stimolo e risposta.
Nei loro libri i professori di psicologia citano pochissimo artisti e filosofi perché la psicologia è una scienza e ci deve essere una linea di demarcazione netta tra essa e l’umanesimo.
Certamente ai tempi di Watson la mente era considerata una “scatola nera”, mentre oggi viene studiata accuratamente, ma il metodo dei comportamentisti ha avuto la meglio. Eppure un tempo esisteva anche l’introspezione come tecnica psicologica.
William James scriveva:
La psicologia è la descrizione e la spiegazione degli stati di coscienza in quanto stati di coscienza.
Certamente l’introspezione aveva dei limiti intrinseci. Il positivista Comte a riguardo scriveva:
L’individuo pensante non può dividersi in due, di cui l’uno ragiona mentre l’altro guarda ragionare.
Psicologia e poesia: da Jung a Hillman
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Mentre alcuni psicologi si dividono ancora oggi tra “intuizione partecipante” e “osservazione partecipante”, è da ritenere che ci vogliano entrambe e che debbano essere esercitate anche per lo studio della letteratura e della poesia.
Uno psicologo, studiando opere di letteratura, può osservare l’introspezione di grandi artisti e fare, a propria volta, introspezione.
Attualmente tra gli psicologi, soprattutto tra gli psicoanalisti, è ancora in voga la critica biografica, come voleva Freud. Parola d’ordine: spulciare nelle vite degli artisti, studiare ogni minimo dettaglio delle loro esistenze, psicoanalizzare. Indagare invece la loro opera omnia è molto più complesso. Attenersi solo ai loro scritti è molto più difficile e meno proficuo a livello editoriale. Invece è quello che gli esperti della psiche dovrebbero fare. Ne trarrebbero giovamento loro e la cultura stessa.
Carl Gustav Jung in Psicologia e poesia (edito in Italia da Bollati-Boringhieri) scriveva:
Tra psicologia analitica e arte poetica, malgrado la loro incommensurabilità, esistono indubbiamente dei rapporti molto stretti, che (...) poggiano sul fatto che l’esercizio dell’arte è un’attività psicologica, o un’attività umana dovuta a motivi psicologici, e come tale è e dev’essere sottoposta all’analisi psicologica.
Forse gli psicologi dovrebbero studiare più le opere e molto meno le vite, mentre fino a oggi hanno fatto l’esatto contrario.
Di conseguenza l’apporto culturale che la psicologia ha dato alla letteratura è stato minimo, anche perché molti critici letterari, invece di avvalersi delle conoscenze psicologiche per studiare le opere, hanno anch’essi cercato di psicoanalizzare gli artisti. Ma poi si può davvero psicoanalizzare un morto?
La letteratura può essere terapeutica?
Bisognerebbe chiedersi: per studiare umori, sensazioni, emozioni, stati d’animo, insomma “stati di coscienza” cosa c’è di meglio che leggere le opere di grandi scrittori e poeti?
Chi meglio di loro esprime ciò che viene osservato, sentito, pensato, vissuto dagli esseri umani? A questo punto sorge spontanea una domanda: possiamo veramente capire gli altri o regna l’incomunicabilità?
Si usa dire che certi dolori non si possono capire se non si sono vissuti in prima persona. Per comprendere in questi casi bisogna sia immedesimarsi che immaginare. Certo, abbiamo i neuroni specchio. Ma Marbe è molto eloquente a proposito:
Esiste una certa identità di forma dell’esperienza psichica.
A ogni modo leggere poesia e letteratura è terapeutico. Esiste non a caso la biblioterapia. Tra poesia e psicologia esiste un forte legame perché entrambe sono terapeutiche. La poesia è autoterapeutica addirittura, sia per chi la scrive ma anche per chi la legge. Poesia e psicologia conducono entrambe alla catarsi, alla liberazione.
Psicologia e poesia descrivono soprattutto l’identità plurima e l’essere nel mondo. Sia i terapeuti che gli artisti in modo differente studiano l’animo e il suo linguaggio. Infatti è tramite l’analisi, ma anche tramite la scrittura, che avviene l’estrinsecazione della personalità.
La psicologia è empatia, la visione di James Hillman
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James Hillman in Re-visione della psicologia (Adelphi, 2019) sosteneva che “gli psicologi non sono poeti”, ma dovrebbero agire come se lo fossero.
Per una psicologia migliore e più basata sulla qualità questo "come se" è davvero importante.
In generale leggere significa accorgersi che non siamo soli nel dolore, nella solitudine, nella difficoltà, nelle contrarietà perché scrittori e poeti migliori di noi come persone e come intelligenza hanno già provato le nostre stesse situazioni, i nostri stessi sentimenti e vissuto la nostra stessa condizione esistenziale.
Personalmente è proprio la lettura che mi ha salvato non tanto l’anima, ma dal reagire in modo violento contro altri o contro me stesso a frustrazioni e ingiustizie, piccole o grandi che fossero. Ma lo studio della letteratura per chi ha una formazione psicologica va molto oltre. Innanzitutto, come si sa dagli studi di psicologia e di linguistica, il linguaggio riflette la psiche.
E cosa c’è di meglio per analizzare questo che non la letteratura e la poesia? Inoltre la narrativa e la poesia necessitano di recensioni, abstract, saggi critici che diano una lettura psicologica delle opere.
Dilthey scriveva:
Noi spieghiamo la natura e comprendiamo la vita dell’anima.
Ecco, gli psicologi non dovrebbero limitarsi alla spiegazione scientifica, ma cercare anche la comprensione umanistica. La psicologia dell’anima dovrebbe diventare l’anima della psicologia.
Per lo studio della letteratura ci vorrebbe molta più fenomenologia e molta meno psicoanalisi. Ma finora gli psicoterapeuti fenomenologi si sono occupati in gran parte delle poesie e degli scritti dei loro pazienti e non di grandi scrittori e poeti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La psicologia ha bisogno della letteratura? Una riflessione da Jung a Hillman
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Totalmente in sintonia con Davide Morelli. Complimenti! Non ho alle spalle studi approfonditi di psicologia ma solo una passione smodata per la letteratura, per le sue opere, per l’ arte e questo mi ha permesso di scrivere sulla vita attraverso romanzi, poesie e articoli e molti di questi sono recensioni. Su benessere mag, rivista online, ho scritto sulle origini della psicologia con un parallelismo che analizza il verismo, l’ esistenzialismo e la tragedia dei Greci.