A 135 anni dalla sua morte, oggi 12 dicembre, scopriamo insieme la vita e le opere di Robert Browning, poeta che, insieme ad Alfred Tennyson, segnò indelebilmente l’Ottocento letterario inglese.
Educato ai classici, profondo conoscitore delle letterature delle altre nazioni, come della storia e dell’arte, Robert Browning si muoveva agevolmente anche nel mondo della musica e del canto e, nelle sue opere, varie e composite, mostrò una spiccata capacità di osservare l’animo umano e di trasporla nei suoi versi.
Robert Browning non fu solo poeta, ma subì anche la fascinazione del teatro, per il quale scrisse celebri drammi che si ispiravano a fatti storici; frequentò a lungo l’Italia e conobbe da vicino l’alta società vittoriana, come testimonia anche il matrimonio con la ben più celebre poetessa Elisabeth Barrett, che assunse il suo cognome.
Ammiratore, in gioventù, di Byron e Shelley, Robert Browning giunse presto a una propria, personalissima, poetica – nella quale spiccano la profonda religiosità, il sereno ottimismo, l’uso del monologo drammatico – che ne fece un caso peculiare della letteratura inglese, al quale guardarono con interesse e ammirazione anche grandi poeti come Pound ed Eliot.
La vita di Robert Browning
Nato nei pressi di Londra (Camberwell, 7 maggio 1812 – Venezia, 12 dicembre 1889) da una famiglia della buona borghesia inglese, Robert Browing trascorse un’infanzia felice, anche se priva di eventi particolari, con il padre e con la madre, con i quali divise lo stesso tetto fino all’età di trentaquattro anni. La madre, di grande religiosità, era un’eccellente musicista, alla quale il giovane Robert fu legato da un affetto sincero; fu però soprattutto il padre, uomo intelligente e di buon carattere, a influire in modo determinante sulla formazione del futuro poeta. Oltre a disporre di una biblioteca personale di oltre 6000 volumi, molti dei quali rari, il padre di Robert Browning si accorse molto presto delle inclinazioni letterarie del figlio e le assecondò garantendogli un’educazione quasi esclusivamente privata e, più tardi, una rendita.
Il giovane Robert abbandonò la scuola intorno ai quattordici anni, quando già si era cimentato nei primi tentativi poetici; fece letture copiose e disparate, apprese dal padre il greco e il latino, ma studiò anche l’italiano, il francese, il tedesco, la musica e il canto. Seguì saltuarie lezioni di greco nell’università di Londra e trascorse molte ore nei musei e nelle gallerie della capitale inglese, incantato dai dipinti del Rinascimento italiano. Tutto questo lo rese uno dei letterati più colti del suo tempo e lo fece innamorare dell’Italia che visitò per la prima volta nel 1834.
Robert incontrò per la prima volta nel 1845 l’altro grande amore della sua vita, la poetessa Elizabeth Barrett. Fece alla donna, che era invalida e più grande di lui di sei anni, una corte serrata che trovò il suo coronamento in un matrimonio segreto. Il nostro non era entrato nelle grazie del padre della sposa e così i due decisero di fuggire in Italia, dove nacque il loro unico figlio e dove Elizabeth trovò la morte nel 1861.
Rientrato in Inghilterra, Robert Browning iniziò a frequentare i salotti buoni dell’alta società londinese, riscosse un successo crescente con i suoi lavori e divenne una delle personalità letterarie più osannate del suo tempo, sebbene mostrò sempre una certa ritrosia a parlare in pubblico dei suoi lavori. Trovò la morte a Venezia e fu sepolto nel Poet’s Corner dell’Abbazia di Westminster.
I poemi giovanili di Robert Browning e l’oscurità
Robert Browning iniziò a scrivere poemi giovanissimo e continuò per tutta la sua vita, con ricorrenti incursioni nel teatro; alcune delle sue opere furono pubblicate singolarmente, altre in volumi collettanei, è quindi impossibile ricordare tutti i suoi lavori e preferibile concentrarsi su quelli più rappresentativi.
Pauline (1833) è un poema romantico dove risulta evidente l’influenza di Shelley e dove il poeta rivela le proprie emozioni e i propri sentimenti. Ad esso seguirono Paracelsus (1835), un poema drammatico, e Sordello (1840), un poema lungo che, per la sua particolare oscurità suscitò vaste critiche e sonori rifiuti.
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Al periodo iniziale della sua produzione vanno anche ascritti i drammi contenuti nella raccolta Campane e melograni (1847) dove affina alcune tecniche poi riutilizzate nei suoi monologhi più celebri e le raccolte poetiche Liriche Drammatiche (1842) e Romanzi e poesie drammatiche (1845): opere quasi del tutto ignorate al momento della loro pubblicazione e oggi, invece, molto apprezzate perché includono alcuni dei componimenti migliori del poeta come: Il pifferaio magico di Hamelin, Soliloquio del chiostro spagnolo, la celebre My Last Duchess, dove utilizza per la prima volta il monologo drammatico, Incontro alla sera, Separazione al mattino.
Proprio la complessità delle sue opere rende difficile credere che Robert Browning sia davvero vissuto nell’età vittoriana, che è anche l’epoca del trionfo del Positivismo. L’oscurità è un tratto distintivo dell’opera di Browning evidente nei primi lavori: considerato uno dei poeti più difficili della letteratura inglese per la scarsa attenzione alle costruzioni grammaticali, per la rinuncia ai pronomi e l’affastellamento delle parole, Browning risulta spesso oscuro anche perché il suo pensiero non è espresso chiaramente. Le costanti digressioni e le associazioni di idee, spesso incomprensibili, anche se rivelative della rapidità della sua mente, come le frequenti allusioni a personaggi o eventi minori, difficilmente rintracciabili nella storia più o meno recente, decretarono lo scarso apprezzamento del pubblico all’inizio della sua carriera.
L’ottimismo e la religiosità
Tendenzialmente più in linea con l’età vittoriana è invece l’ottimismo di Browning che, tuttavia, ha motivazioni peculiari. A differenza di un Dickens o di un Thackeray egli non trattò mai tematiche sociali o politiche, né a livello personale si preoccupò troppo della propria sicurezza materiale. Ciò non perché non fosse consapevole delle contraddizioni del suo tempo ma perché reputava che le istanze morali fossero prioritarie. Egli credeva, infatti, che l’uomo si sarebbe dovuto impegnare, innanzitutto, nel conferire un senso alla propria esistenza, e in ciò egli era sostenuto da una profonda fede religiosa.
Tutto questo influenzò anche la sua concezione dell’arte: egli rifiutò sempre l’idea di un’arte per l’arte, fine a sé stessa, e credette che l’arte fosse intimamente collegata alla natura etica dell’uomo: l’artista era, quindi, responsabile davanti a Dio per le sue opere.
Le opere della maturità di Robert Browning
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Fu durante gli anni trascorsi al fianco di Elizabeth, e in quelli successivi, che Robert Browning raggiunse la sua maturità, con opere quali Uomini e Donne (1855, che include i celebri monologhi drammatici di Fra Lippo Lippi e di Andrea del Sarto) e Dramatis Personae (1864, che include Una morte nel deserto e Rabbi Ben Ezra), che, grazie alla tecnica del monologo drammatico, ebbero una vasta eco su Thomas Stearn Eliot e Ezra Pound, che la ripresero e la valorizzarono.
Il monologo drammatico
Browning non fu l’inventore del monologo drammatico, che era già stato utilizzato da Tennyson e che trova il suo precedente principale nei soliloqui di Shakespeare.
A differenza del soliloquio che è indirizzato a un pubblico non specificato, e quindi può dare l’impressione di essere un discorso a sé stessi, il monologo drammatico è una nuova e più complessa tecnica artistica che consente uno speciale approfondimento psicologico: mostra le ragioni profonde che governano le azioni di uomini e donne e rivela la morfologia di un inconscio che si offre all’indagine introspettiva del poeta, in un momento di auto rivelazione.
Il monologo drammatico, inoltre, ha delle particolari caratteristiche formali: lo contraddistingue una particolare struttura metrica, il blank verse (verso eroico, corrispondente al decasillabo giambico) e risulta più oggettivo perché non è il poeta a parlare ma sempre una terza persona che parla di sé stesso o di qualcun altro. Il protagonista del monologo è sempre un personaggio collocato lontano nel tempo, in epoche diverse, che assurge a simbolo di un preciso tipo umano o di un’intera epoca. La drammaticità del monologo è, poi, duplice: da un lato rinvia alla teatralità dei monologhi drammatici (dove sono presenti più personaggi), dall’altra al fatto che il monologo si verifica sempre in un momento di crisi o di empasse emotiva, dove, ironicamente, il parlante non ha neanche piena consapevolezza delle rivelazioni che sta esternando. Il pubblico indefinito, infine, è sostituito da un ascoltatore silenzioso che non parla mai ma al quale il monologo è chiaramente indirizzato.
Tra le ultime opere di Robert Browning L’anello e il libro (1868-1869) è il suo poema più lungo in dodici libri e 20.000 versi, dove sono presenti una serie di monologhi drammatici che ruotano intorno a un caso di omicidio, nella Roma della fine del Seicento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Robert Browning, il poeta vittoriano inglese del monologo drammatico
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