Il libro è finito, la nostra storia è giunta al termine, ma manca ancora un qualcosa, una riga, o forse una parola, oppure anche mezza pagina: insomma, quel qualcosa che renderà il nostro libro memorabile. Quel qualcosa che faccia tirare un bel sospiro al lettore, che lo trattenga ancora un po’, che quasi lo commuova, non tanto per la storia in sé, ma perché adesso dovrà lasciare quel compagno di viaggio che lo ha emozionato durante gli ultimi giorni. Scrivere il finale di un libro è importante quanto scriverne l’inizio: se l’incipit ha la funzione di attirare subito il lettore, il finale ha la complicata missione di non fargli dimenticare l’intero libro, anzi, di farglielo amare ancora di più.
Finale aperto, chiuso e circolare
Il finale di un libro può essere chiuso, aperto o circolare.
Un finale chiuso è una conclusione che risponde a tutte le domande poste nel libro, nonché chiude tutti gli archi narrativi aperti durante la storia. Ogni personaggio è giunto al termine della sua vita narrativa.
Un finale aperto, molto di moda negli ultimi tempi e molto in voga soprattutto nei romanzi di genere, ha lo scopo di lasciare il dubbio nella mente del lettore, nonché dargli la possibilità di decidere lui il finale di quella storia, di "indovinarlo", in base a quanto ha letto e alle informazioni che ha recepito. Il finale aperto è naturalmente molto in uso anche in quei romanzi che prevedono un seguito.
Un finale circolare si trova molto di frequente nei romanzi horror e del soprannaturale, ma non solo. Il finale circolare fa ritornare il lettore al punto d’inizio, concludendo la storia da dov’era cominciata, o tramite l’utilizzo del flashback (come in "Fight Club", ad esempio), oppure tramite una semplice ciclicità (ripetizione) degli eventi.
Quando nasce il finale di una storia?
Quando nasce il finale di una storia? All’inizio oppure mentre si scrive? Ci sono stati casi in cui gli scrittori ci hanno messo molto più tempo a trovare il finale giusto che a scrivere l’intero libro, tanto per dimostrare quanto possa essere importante trovare il giusto finale per un libro. Un finale deludente è per sempre (prendete la maggioranza dei lettori di "It" di Stephen King e chiedete loro quale parte li ha delusi di più), così come un finale travolgente.
Molti scrittori iniziano a scrivere la loro storia perfino dal finale. Insomma, come avrete ben capito, non esiste un momento preciso in cui concentrarsi per scrivere il finale del nostro libro. Questo può essere fatto all’inizio, durante la stesura (il finale vien scrivendo) o alla fine, dopo che si sono ripassati nella mente tutti gli interrogativi aperti nelle pagine precedenti. Per il finale di un libro vige pertanto un solo obbligo: deve essere memorabile.
Esempi d’autore
Citiamo brevemente i finali di alcuni libri, classici e recenti, con la speranza che la maggior parte di voi già li abbiano letti e sappiano dunque di cosa stiamo parlando. Ecco quando, secondo noi, un finale è degno di chiamarsi tale.
- "Il giovane Holden" (Einaudi), di J. D. Salinger
Ad ogni modo, quando a un certo momento è andata alla toeletta delle signore, che sta a casa del diavolo nell’altro reparto, D. B. mi ha domandato che cosa ne pensavo io di tutta questa storia che ho appena finito di raccontarvi. Non ho saputo che accidente dirgli. Se proprio volete saperlo, non so che cosa ne penso. Mi dispiace di averla raccontata a tanta gente. Io, suppergiù, so soltanto che sento un po’ la mancanza di tutti quelli di cui ho parlato. Perfino del vecchio Stradlater e del vecchio Ackley, per esempio. Credo di sentire la mancanza perfino di quel maledetto Maurice. E’ buffo. Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, finisce che sentite la mancanza di tutti.
- "Il Signore degli Anelli" (Bompiani), di J. R. R. Tolkien
Egli trasse un profondo respiro. "Sono tornato", disse.
- "Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve" (Bompiani), di Jonas Jonasson
Alla intendeva quindi accertarsi che il cervello del presidente funzionasse a dovere. Il rappresentante del governo indonesiano rispose che secondo lui il presidente Yudhoyono era una persona molto intelligente e responsabile.
"E’ un piacere sentirlo", commentò Allan. "Allora fornirò volentieri il mio aiuto".
E così fece.
- "Ghiaccio-Nove" (Feltrinelli), di Kurt Vonnegut
Se fossi più giovane, scriverei una storia della stupidità umana, e scalerei la vetta del Monte McCabe e mi sdraierei sulla schiena con l amia storia per cuscino; e raccoglierei da terra un po’ di quel veleno biancoazzurro che trasforma gli uomini in statue; e trasformerei in una statua anche me stesso, sdraiato sul dorso, con un ghigno orrendo, e il pollice sul naso a fare marameo a Tu Sai Chi.
- "La condizione umana" (Bompiani), di André Malraux
Si alzò, e gli rese la mano in segno d’addio. Ma Gisors le prese il volto tra le palme e lo strinse, Kyo l’aveva abbracciata così, l’ultimo giorno, proprio così, e da quel momento nessun’altra mano aveva stresso la sua testa.
"Adesso non piango più" disse May con un orgoglio fatto d’amarezza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Scrivere il finale di un libro: come chiudere una storia
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