Dopo la notizia della morte della giovane Giulia Cecchettin, 22 anni, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, le parole di Cristina Torres Cáceres sono diventate virali in rete. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima, così recita il finale della poesia di Cáceres che è stata rilanciata sul web, accompagnata dalla foto di Giulia che abbraccia un grande orso di peluche e sorride.
Il testo è stato scritto nel 2011 dall’attivista ambientalista peruviana Cristina Torres Cáceres per tutte le vittime di femminicidio in America Latina.
Per te bruceremo tutto, è il grido di dolore lanciato sui social da Elena Cecchettin, la sorella di Giulia: scritta bianca su sfondo nero che nelle storie Instagram riprende la poesia di Cáceres. Subito dopo Elena cita le parole conclusive della poesia “se domani tocca a me mamma, distruggi tutto” e nella storia successiva un altro grido di denuncia “è stato il vostro bravo ragazzo”, in risposta alle dichiarazioni degli amici e dei familiari di Filippo Turetta che è stato definito ininterrottamente negli ultimi giorni come un “bravo ragazzo”, “che amava Giulia” e che “le cucinava pure i biscotti”.
Un campanello d’allarme assordante che ci spinge a riflettere sulla mancata distinzione tra amore e controllo; tra amore e sopraffazione. Insieme alle parole di Cáceres e alle fotografie di Giulia, una ragazza in procinto di laurearsi in Ingegneria biomedica, che aveva tutto il futuro davanti a sé, tuonano in rete i proclami: “Se ti controlla non è amore”; “Non è amore se pretende di conoscere ogni tuo movimento”; “Non è amore se ti fa male”.
La poesia di Cristina Torres Cáceres è diventata il grido di battaglia di una rivoluzione silenziosa, ma inarrestabile, che anticipa di qualche giorno l’annuale ricorrenza del 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Il titolo attribuito alla poesia di Cáceres è L’ultima e, ad oggi, Giulia Cecchettin è l’ultima vittima italiana di femminicidio, esattamente la 105esima di questo 2023. Ma in cuor nostro sappiamo che non sarà davvero l’ultima ed è per questo che le parole di Cristina Torres Cáceres acquisiscono un valore ancora più fondamentale e struggente, diventano armi di difesa, strumenti di consapevolezza.
Di seguito riportiamo il testo integrale della poesia per Giulia.
“L’ultima” di Cristina Torres Cáceres: testo
Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.
Se non ti dico che non torno a cena. Se domani, il taxi non appare.
Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana).
Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia (Emily, Shirley).
Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata (Luz Marina).
Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata per i capelli (Arlette).
Cara mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata (Lucia).
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l’alcool nel sangue.Ti diranno che era giusto, che ero da sola.
Che il mio ex psicopatico aveva delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana.
Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Te lo giuro, mamma, sono morta combattendo.
Te lo giuro, mia cara mamma, ho urlato tanto forte quanto ho volato in alto.
Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutte le donne che urleranno il mio nome.Perché lo so, mamma, tu non ti fermerai.
Ma, per carità, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine, non limitare le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato.
Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti perché possano urlare più forte di me.Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.
“L’ultima”: una poesia per Giulia Cecchettin
Il 25 novembre dovrebbe essere tutti i giorni e la tragica morte di Giulia Cecchettin lo ricorda, spingendoci a riflettere sui nostri atti mancati, su tutto ciò che tendiamo a sottovalutare, sulla nostra percezione distorta della violenza. Perché deve esserci indubbiamente qualcosa di marcio nella nostra società - e certi titoli e vergognose pagine di giornale oggi lo dimostrano - se un “bravo ragazzo” accoltella e poi getta da un dirupo di 50 metri la propria ex fidanzata, accecato da una gelosia furibonda perché lei si stava per laureare e camminava libera lungo la strada della vita senza di lui.
Il femminicidio di Giulia Cecchettin ci impressiona particolarmente per una pluralità di ragioni: perché era una ragazza giovanissima che stava per laurearsi ed è stata accoltellata in un sabato sera come tanti a tradimento dal classico “bravo ragazzo”, che oltretutto lei aveva lasciato da mesi riconoscendo i cosiddetti “segnali di pericolo” - davvero non si poteva evitare? - e perché la notizia della sua morte giunge alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ovvero il momento in cui il web e i media si riempiono di scarpe rosse, poesie, striscioni e denunce contro il femminicidio. Crediamo di essere tanto consapevoli, eppure non lo siamo per niente, se non riusciamo a prevenire una morte del genere o a difendere una ragazza che potrebbe essere nostra sorella, nostra amica, nostra figlia.
Il film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani, che in queste settimane sta sbancando al botteghino si fa tragica anticipazione dei fatti. “Lo sapevamo tutte”, tuonano indignate le donne sui social network in un coro di rivalsa piangendo la morte di Giulia. Nella pellicola di Cortellesi la madre salva la figlia dalla violenza del cosiddetto “bravo ragazzo”, ma non è in grado di tutelare sé stessa dal pericolo rappresentato dal marito. La storia femminile è lastricata da sopraffazione e frustrazione, ce lo racconta un film in bianco e nero che tuttavia parla al presente. Alle donne viene insegnata la sottomissione, la pazienza, la rassegnazione fin da bambine, come una dote da coltivare in una cultura che ha profondamente introiettato il patriarcato.
Ecco perché la morte di Giulia si inserisce in una riflessione profonda sulle dinamiche di potere della nostra società. Serve un’educazione sentimentale a scuola, tuonano dall’altra parte le parti politiche, richiamando il disegno di legge sulla violenza di genere al momento fermo al Senato.
Siamo tutti pronti a dire che bisogna fare di più, agire di più, pensare di più; nessuno vuole ammettere la propria impotenza di fronte alla morte di una ragazzina di ventidue anni. Restano le parole di una poesia che attraversano l’aria come un urlo e ci restituiscono le voci di tutte le donne uccise, una scia di sangue inarrestabile che continua a scorrere in ogni parte del mondo. Rimane la forza, il collante dato dall’empatia che la poesia contribuisce a creare.
L’interrogativo è lancinante, sgorga dal profondo delle coscienze. Cosa potevamo fare? Cosa possiamo fare? Sul web le parole di Cristina Torres Cáceres vengono sgranate come un rosario, ripetute come un mantra volto a creare una barriera di difesa.
“Serve consapevolezza”, rimarcano a gran voce gli ospiti dei vari talk-show televisivi, come se “consapevolezza” fosse una formula magica. La verità è che la giovane Giulia Cecchettin quella “consapevolezza” di cui tanto parlano riempiendosi la bocca l’aveva: quel ragazzo, Filippo, lei l’aveva lasciato da mesi. Ora tutti si indignano, sono costernati, urlano, sbraitano e poi si ritrovano impotenti a fissare sullo schermo le fotografie di Giulia Cecchettin con gli occhi inumiditi di lacrime.
Abbiamo sperato in una conclusione diversa per una storia che, in fondo, sapevamo già scritta. Proprio per questo motivo ora servono parole per riscriverla una volta per tutte, perché davvero Giulia sia l’ultima.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”: la poesia di Cristina Torres Cáceres contro il femminicidio
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