Per comprendere cos’è il solstizio d’inverno dobbiamo guardare alla lingua e all’etimologia, alla storia e all’antropologia antica, ma anche alla scienza: questa particolare data che ogni calendario segnala, indica, infatti, un particolare momento astronomico, che nelle civiltà pagane, nei loro usi e nei loro costumi, era contrassegnato da celebrazioni sia religiose che civili, da pratiche di cui ancora oggi troviamo traccia nel sapere e nelle usanze popolari.
Oltre a spiegare cos’è il solstizio d’inverno cercheremo anche di scoprire quando cade quest’anno: per comprendere questa data dovremmo ancora una volta rivolgerci alla scienza e all’astronomia, ricordando anche alcuni concetti relativi alla scansione del tempo nelle ore del giorno e nei giorni dell’anno e richiamando alcune nozioni che abbiamo già incontrato quando ci siamo occupati di definire l’anno bisestile e di descrivere le sue peculiarità.
Solstizio d’inverno: quando cade quest’anno?
Nel 2020 il solstizio d’inverno cade oggi, 21 dicembre, alle ore 11.02. Nel 2018 l’inverno astronomico è arrivato il 21 dicembre 2018, alle ore 22:23 UTC (23:23 ora italiana), mentre nel 2017 il solstizio d’inverno cadde Giovedì 21 dicembre alle ore 17:28 (ora italiana). Per il solstizio 2019 si è dovuto attendere invece le 05:19 di domenica 22 dicembre.
Generalmente il solstizio cade il 21 o il 22 dicembre e ogni anno il solstizio tarda di 5h 48min 46s e si riallinea forzosamente ogni quattro anni, in corrispondenza dell’anno bisestile, introdotto allo scopo di evitare la progressiva divergenza dell’anno solare da quello civile (un anno dura, infatti 365 giorni ore, 9 minuti e 10 secondi), proprio per questo il solstizio può cadere il 21 o anche il 22 dicembre.
In rarissimi casi il solstizio può cadere il 20 o il 23 dicembre: l’ultima volta che un solstizio di inverno è caduto il 23 dicembre era il 1903, la prossima volta dovrebbe essere dopo il 2300.
Cos’è il solstizio d’inverno nella scienza e nell’astronomia
Per comprendere cos’è il solstizio d’inverno occorre spiegare innanzitutto come si muove la terra. Ogni giorno la terra compie un proprio movimento (rotazione) intorno al suo asse, una linea immaginaria che collega Polo Nord e Polo Sud, è il movimento che dà luogo al giorno e alla notte. Ogni anno però, la terra compie anche un altro movimento (rivoluzione), quello intorno al sole descrivendo un’orbita dalla forma ellittica che dà luogo a un piano immaginario chiamato eclittica.
L’asse terrestre non è perpendicolare all’eclittica ma inclinato; per questo stesso motivo anche l’equatore non coincide con il piano dell’eclittica ma è inclinato rispetto ad essa (di un valore variabile, in base ai differenti momenti dell’anno).
Tale inclinazione fa sì che i raggi solari non investano la superficie terrestre in modo uniforme in ogni periodo dell’anno e, quindi, fa sì che il giorno e la notte abbiano durata diversa in differenti periodi dell’anno. Proprio tale inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita, inoltre, dà luogo al fenomeno delle stagioni: al variare dell’angolo con cui i raggi del sole colpiscono la terra, variano le stagioni e hanno luogo le differenze tra le temperature estive e quelle invernali.
Gli equinozi possono essere considerati dei casi eccezionali del fenomeno descritto sopra, in questi due giorni dell’anno, infatti, i raggi solari sono perpendicolari all’asse terrestre e il periodo di luce è di pari durata rispetto al periodo di buio, ovvero il giorno e la notte hanno la stessa durata.
Anche i solstizi sono dei casi particolari di questo fenomeno: nell’emisfero boreale (quello superiore, il nostro), nel periodo estivo l’angolo prodotto dai raggi solari aumenta fino al giorno del solstizio d’estate, quando il sole, perpendicolare al tropico del cancro (tropico dell’emisfero superiore), dà luogo alla giornate con il numero più elevato di ore (e minuti) di luce.
Nell’emisfero boreale, nel giorno del solstizio d’inverno succede esattamente il contrario: i raggi solari raggiungono l’angolo minimo di incidenza essendo perpendicolari al tropico del Capricorno (tropico dell’emisfero inferiore) dove si configura la situazione opposta.
Il giorno del solstizio d’inverno, nell’emisfero boreale è, dunque, la giornata con il numero minimo di ore (e minuti) di luce. Come avviene per tutto l’inverno, il polo nord e tutto l’emisfero boreale sono “piegati” in posizione esterna rispetto al sole e, quindi, più lontani da esso, mentre in estate si configura la situazione opposta, per questo, con il Polo Nord e tutto l’emisfero boreali protesi verso il Sole, si hanno giornate più lunghe e più calde.
Nell’emisfero australe (sud) la situazione è capovolta, come sono capovolte le stagioni: il solstizio d’inverno segna l’entrata nella bella stagione ed è la giornata con il numero maggiore di ore e di minuti di luce.
Nel nostro calendario il solstizio d’inverno, che ricorre generalmente il 21 o il 22 dicembre, segna l’inizio dell’inverno boreale e coincide con il giorno più corto dell’anno, ovvero con il giorno in cui sono minori i momenti di luce rispetto a quelli di buio e oltre il quale le ore (e i minuti) di luce ricominciano ad aumentare. Non si tratta, in ogni caso del giorno più freddo dal momento che i mesi di freddo più intenso, nell’emisfero boreale, sono quelli di gennaio e febbraio.
Il solstizio d’inverno è anche il giorno in cui il Sole, nell’emisfero boreale, sorge nel punto più meridionale dell’orizzonte Est, e culmina, a mezzogiorno, alla minima altezza. Comunemente si tratta del giorno in cui il sole è più basso ovvero del giorno in cui il Sole, nel suo moto apparente, raggiunge il punto più basso del percorso sotto l’equatore celeste e delinea l’arco diurno più corto tra il Sud-Est e il Sud-Ovest.
Per comprendere meglio quanto appena detto si consideri la foto qui accanto: ritrae il fenomeno dell’analemma ed è in realtà un fotomontaggio realizzato con la medesima foto scattata in differenti momenti dell’anno, che ritrae la posizione del sole a mezzogiorno: nel giorno del solstizio d’inverno il sole raggiunge la posizione più bassa nel cielo.
Il solstizio d’inverno nell’etimologia e nella civiltà romana
Solstizio è una parola che ha origini latine e deriva dal sostantivo solstitium, composto da sol, sole, e sistere, stare fermo. Il termine, dal punto di vista etimologico, indica quindi un sole che sta fermo o, meglio, un sole che si ferma, una pausa che il sole compie, o meglio sembra compiere, nel suo cammino (apparente: quando parliamo di movimento e cammino del sole assumiamo come vero il punto di vista dell’osservatore, anche se di fatto così non è) nella volta celeste.
Il termine, indica, dunque la giornata in cui il sole smette di calare rispetto alla volta celeste, le giornate (ovvero le ore e i minuti di luce) smettono quindi di accorciarsi; il sole, dal giorno successivo a quello del solstizio inverte il suo cammino, ricomincia ad avvicinarsi alla volta celeste e le giornate ricominciano così al allungarsi.
Proprio per questo, il giorno del solstizio d’inverno i romani celebravano la festività del Sol Invictus, il sole invitto, invincibile, vittorioso sulle tenebre: il Sole, che nei giorni precedenti sembra precipitare nell’oscurità, si mostra, nei giorni successivi, più vitale, come dimostrano le giornate che si fanno via via più lunghe.
La festa del Sol Invictus che nell’impero romano venne collegata al culto di Mitra, è una festa di rinascita che, secondo alcuni, rappresenterebbe l’origine pagana del Natale (tutte le feste cristiane hanno un corrispettivo pagano).
A cavallo del solstizio, nell’antica Roma, si festeggiavano anche i Saturnali (dal 17 al 23 Dicembre), giorni in cui si celebrava, con banchetti e sacrifici Saturno, dio dell’agricoltura. Come in altre festività pagane i Saturnali sono degni di particolare interesse perché incarnano il concetto di carnevalesco elaborato da Michail Bachtin: in queste giornate le classi sociali erano temporaneamente abolite, tutti si vestivano allo stesso modo, anche gli schiavi potevano assaporare la libertà, a tal punto che, indossando una maschera erano nominati princeps (il carnevalesco è, appunto, il ribaltamento dei ruoli) e prendevano il posto dei loro padroni. I banchetti luculliani, documentati da Marziale, erano ravvivati dallo scambio di piccoli regali (candele colorate, abiti, dadi, libri, piccoli animali domestici o una moneta) ed erano alternati da orge.
Curiosità, miti e leggende sul solstizio d’inverno
Come già detto sopra, il solstizio d’inverno è il giorno più corto dell’anno ovvero il giorno con il numero di ore (e di minuti) minore di luce di tutto l’anno. La saggezza popolare vuole, invece, che il giorno più corto dell’anno sia il 13 Dicembre, nel quale si festeggia Santa Lucia, da cui il proverbio:
“Santa Lucia il giorno più corto che ci sia”
Questa differenza dipende dal fatto che nel calendario Giuliano il giorno del solstizio d’inverno cadeva effettivamente il 13 dicembre, poi, con il riordino del calendario voluto da papa Gregorio XIII nel Cinquecento, fu spostato più avanti.
Come già detto sopra il solstizio d’inverno coincide con il giorno più corto dell’anno, la giornata in cui ci sono meno di 9 ore di luce solare e in cui il nostro emisfero riceve la quantità minore di irradiazione (in termini sia di luce che di energia) solare. Nonostante questo il solstizio, a causa dell’ellitticità dell’orbita terrestre intorno al sole, cade in un periodo in cui la terra è più vicina al sole. Il momento in cui la terra è in assoluto più vicina al sole, coincidente con il perielio, il punto in cui la terra è più vicina al sole, lungo l’orbita che percorre, cade nei primi giorni di gennaio.
L’importanza del solstizio d’inverno è riconosciuta anche in culture diverse da quella occidentale: si tratta, in ogni caso, del momento che segna la fine del buio e il graduale ritorno della luce, una ricorrenza da festeggiare soprattutto in passato, quando l’inverno era sinonimo di fame, malattie e più elevata mortalità. I germani e i celti facevano coincidere questo momento con la festa di Yule che è celebrata ancora oggi dai Neopagani: nell’antichità si accendevano fuochi e si banchettava (come nell’Impero Romano) con le carni degli animali macellati per evitare di doverli sfamare nella parte restante dell’inverno. In queste stesse celebrazioni gli alberi sempreverdi si caricano di una speciale simbologia: iniziarono a rappresentare la vita che resiste all’inverno e alle avversità, è per questo che alberi sempreverdi, come gli abeti, sono utilizzati nelle festività natalizie come simbolo di buon auspicio per il tempo a venire.
Pare che nell’antichità i sacrifici animali praticati nel giorno del solstizio d’inverno (quando anche la fermentazione del vino e della birra raggiungeva il suo apice) avvenissero in luoghi sacri come, ad esempio, Stonehenge, probabilmente costruito e allineato su una linea visuale studiata per godere al meglio del tramonto proprio nel giorno del solstizio invernale. Ancora oggi migliaia di persone accorrono in questo luogo per celebrare particolari ricorrenze dell’anno siderale, non solo il solstizio invernale ma anche quello estivo.
Anche nella tradizione cinese il giorno del solstizio d’inverno ha un significato speciale perché è il giorno in cui le energie Yin raggiungono la loro massima profondità e iniziano la loro progressiva trasformazione nel loro opposto, ovvero nelle energie dello Yang. Fino ad alcuni anni fa la giornata era considerata in Oriente una ricorrenza particolarmente importante, nella quale si celebravano anche i morti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Solstizio d’inverno: cos’è e quando cade quest’anno
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