“Ti ho sposato per allegria. Non lo sai che ti ho sposato per allegria? Ma sì. Lo sai benissimo”.
Nell’estate del 1965 Natalia Ginzburg (1916 – 1991) mentre era in vacanza vicino a Sant’Agnello, sulle colline della penisola sorrentina, scrisse una commedia in tre atti che a distanza di quasi cinquant’anni conserva inalterata tutta la sua freschezza e originalità, dal titolo Ti ho sposato per allegria.
Nell’Italia del miracolo economico Pietro e Giuliana si sono sposati “di furia”, dopo solo un mese di conoscenza. Lui è un avvocato proveniente da una famiglia borghese e tradizionalista, lei una farfalla randagia scappata dal bozzolo materno a 17 anni e giunta a Roma in cerca di fortuna. Due caratteri opposti, differenti personalità, diverse situazioni familiari, Pietro e Giuliana si sono sposati “per allegria” ma a una settimana dal matrimonio civile arrivano le regole, una delle quali è che bisogna essere uguali a tutte le altre famiglie. Quindi i due sposini devono invitare a pranzo la madre “cattolica e osservante” e la sorella di Pietro, Ginevra dal “nome pretenzioso”, aiutati dalla domestica Vittoria, “una salamandra” tutt’altro che “inutile”, in un allegro, surreale e divertente gioco delle parti nel quale ciascuno ricopre il proprio ruolo con bravura e ironia. La grande autrice italiana, figura di spicco nella letteratura del Novecento, redasse il testo, ennesimo simbolo di quel lessico famigliare a lei tanto caro, nella perbenista Italia degli anni Sessanta. Natalia, avendo in mente per la parte di Giuliana, il volto e l’intelligenza della sua amica Adriana Asti, non ebbe paura di affrontare temi allora giudicati scabrosi, quali l’aborto e il divorzio.
“Sicuramente Pietro e Giuliana festeggerebbero quest’anno le nozze d’oro, perché si compensano a vicenda, ci saranno sempre dei Pietro e dei Giuliana, due persone diverse ma anime simili, l’essere umano non si è modificato molto internamente, esteriormente sì... Gli sposini dichiarano di essersi sposati per allegria ma dietro c’è la paura reciproca di ammettere di amarsi, rischiando in tal modo di perdere un po’ d’aplomb. Quindi sì, dietro il termine amarsi c’è tutto un mondo, compreso il desiderio di amarsi e di essere felici”.
Sono queste le considerazioni di Emanuele Salce, perfetto in scena nel ruolo di Pietro in Ti ho sposato per allegria alla Sala Umberto di Roma dal 14 gennaio al 2 febbraio 2014 nella messinscena di Piero Maccarinelli prodotta da Roberto Toni per ErreTiTeatro30 in collaborazione con Teatro della Pergola fondazione. Accanto a Emanuele, la fiorentina Chiara Francini interpreta con la sua brillante personalità il brio e le insicurezze di Giuliana dalle “piccole virtù”, alla quale viene rimproverata una “mancanza di stile”.
“Ti ho sposato per allegria è un testo bellissimo che parla di una storia d’amore meravigliosa, così attuale e così vicina a quello che dovrebbe essere l’equilibrio di coppia: un’alchimia perfetta tra uomo e donna”
precisa l’attrice. Le altre interpreti della commedia, che entusiasma il pubblico al ritmo dei Watussi di Edoardo Vianello e Scende la pioggia di Gianni Morandi, sono Anita Bartolucci, Giulia Weber e Valentina Virando; le scene sono di Paola Comencini, i costumi di Sandra Cardini e le musiche sono di Antonio Di Pofi.
“Maccarinelli attraverso il produttore Roberto Toni mi ha chiamato per interpretare la parte di Pietro ed io ho accettato con piacere, perché mio padre nel 1966 diresse la prima storica e fortunata regia teatrale della commedia protagonisti Renzo Montagnani e Adriana Asti alla quale fece seguito l’anno successivo il celebre film sempre diretto da mio padre con Giorgio Albertazzi e Monica Vitti”
ricorda Emanuele nel suo camerino. Domandiamo all’attore quanto e come sono cambiate le dinamiche tra uomo e donna in quest’ultimo mezzo secolo.
“Non sono certo un sociologo!”, replica il simpatico Emanuele “però i sentimenti, le pulsioni, sono rimaste sempre le stesse, inalterate. Come dicevo prima, più di tanto gli esseri umani non si sono evoluti in tutti questi millenni...”.
Non stupisce che il testo resti sempre attuale e il successo della rappresentazione lo conferma:
“lo scenario pre-sessantottino in cui è stata scritta la commedia è solo uno sfondo, non abbiamo sentito la necessità di volerlo attualizzare, di dire che ora ci sono gli euro invece che le lire, ecc... perché non è quello il cuore della commedia. Il cuore, la forza di questo testo è che attiene ai sentimenti degli esseri umani sia negli anni Sessanta sia nel 2014 sono sempre uguali”
chiarisce Emanuele. La commedia della Ginzburg ricorda la pièce A piedi nudi nel parco di Neil Simon.
“Sì, è vero”, conferma Salce “del resto l’autore scrisse il testo qualche anno prima di quello della Ginzburg. Anche qui c’è una madre ingombrante, e una giovanissima coppia di sposi che ancora non sa di avere bisogno l’uno dell’altro”
che insieme alle bravissime attrici che lo accompagnano sul palcoscenico (imperdibile il balletto finale come sottofondo Barbara Ann dei Beach Boys) porterà la commedia in tourneé fino a metà marzo.
“... forse veniva fuori allegra perché la scrivevo in fretta, senza piegarmi a respirare malinconie, o fermandomi a respirarle solo per brevi istanti. La scrivevo in fretta nel timore di non riuscire a concluderla. In fretta e per noia. Sapevo bene che non bisogna mai scrivere per noia: la noia è quasi sempre infeconda. Alla noia non si deve ubbidire. Però via via che scrivevo la noia spariva. L’ho finita in una settimana...”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ti ho sposato per allegria: la commedia di Natalia Ginzburg in teatro a Roma
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