Dolcissima questa poesia di Pier Paolo Pasolini contenuta nella raccolta d’esordio in dialetto friulano Poesie a Casarsa (1942). Il titolo è Tornant al paìs , letteralmente Tornando al paese , e narra il mito sempiterno del ritorno alle origini.
Ogni verso di questa poesia contiene molto di più di alcuni suoni o di un’atmosfera amorevole. Ogni verso di questa poesia è negare e gioire, morire e rinascere.
Scopriamone testo, analisi e commento.
“Tornando al paese” di Pier Paolo Pasolini: testo
Fantassuta, se i fatu sblanciada dongia il fòuc, coma una plantuta svampida tal tramònt, "Jo i impij i vecius stecs e il fun al svuala scur distínt che tal me mond il vivi al è sigúr". Ma a chel fòuc ch’al nulís a mi mancia il rispír, e i vorès essi il vint ch’al mòur tal país.
Tornando al Paese di Pier Paolo Pasolini: parafrasi e traduzione
Giovinetta, cosa fai / sbiancata presso il fuoco, / come una pianticina / che sfuma nel tramonto? / "Io accendo vecchi sterpi, / e il fumo vola oscuro, / a dire che nel mio mondo / il vivere è sicuro". / Ma a quel fuoco che profuma / mi manca il respiro, / e vorrei essere il vento / che muore nel paese.
“Tornando al paese” di Pier Paolo Pasolini: analisi e commento
Il verso di Pasolini ritorna al grembo dell’infanzia come luogo fecondo da cui si ricevono motivazioni, parole, suoni.
Apparentemente non c’è nostalgia che seduce o consola, e nemmeno agiscono ricordi dove può acquietarsi l’animo. Profondo è il desiderio del dialogo che per inattese folgorazioni fa emergere l’immagine di una giovinetta, la quale dà il senso dell’evanescenza. La domanda che il poeta le rivolge apre direzione e senso al suo fare e la risposta, che ha qualcosa di alchemico, si riferisce al bisogno di disperdere le negatività.
Siamo nel simbolismo del fuoco come elemento purificatore, come richiamo ad una speranza sottile che fa mancare il respiro. L’esperienza del ritorno non lascia nella solitudine come suonano gli ultimi versi della poesia: in sostanza, colloquio con il “sé” si conclude nella totale integrazione col proprio ambiente, espressa dalla similitudine del vento che si smorza nell’abbandonarsi al luogo.
Sembra di poter dire che la ragnatela della morte si risolva nella ritrovata psiche del paese divenuto una realtà onnicomprensiva.
Viene in mente ciò che nel film Edipo dice:
O luce, che non vedo più, che prima eri stata in qualche modio mia, ora mi illumini per l’ultima volta. Sono tornato. La vita finisce dove comincia.
Il ritorno è l’alfa e l’omega che coincide col grembo materno: una regressione, in virtù della quale il paese per l’innocenza contadina è magico canto d’imperituro amore in una dimensione astorica e atemporale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Tornando al paese” di Pier Paolo Pasolini: un canto d’amore alle origini
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