La parola bibliotecaria, anche in virtù di una falsa immagine offerta dai libri stessi (non ultimo il racconto "Il poliziotto della biblioteca" del grande Stephen King che addirittura crea una demoniaca e crudele figura che punisce con efferata violenza chi non restituisce in tempo i volumi presi a prestito), evoca in tutti noi una matura zitellina con la pelle a prugna secca, gli occhiali e l’abbigliamento austero di una grigia segretaria.
Un topino scialbo e che fa parte della tappezzeria, immerso in polverose e silenziose sale. Rimettere a scaffale i libri, sgridare chi parla ad alta voce, spolverare vecchi volumoni dimenticati, telefonare a chi scorda la data di restituzione. Tutto qui. Nulla di più sbagliato. Venite con me e lo scoprirete.
Tutto successe esattamente un anno fa. Era caduta una fitta nevicata, la sera prima, e non accennava a smettere. Ma per nulla al mondo sarei arrivata tardi al mio primo giorno e partii da casa a piedi, che era ancora buio. Da allora ho fatto almeno trecento giorni dentro le sale della bella biblioteca in cui lavoro e non ho ancora visto né imparato tutto.
Mi piace la biblioteca chiusa, al mattino presto; ha un fascino che in pochi conoscono. Ci si muove nella penombra, tra le interminabili file di scaffali per catturare un dorso finito fuori posto, un testo sgattaiolato via dal suo battaglione e i passi risuonano senza che nessuno alzi la testa dalle pagine. Poi la porta si apre e cominciano a gironzolare dappertutto i tipi da biblioteca, che per un’osservatrice come me sono oro colato. Ad alcuni dei libri non importa nulla, altri si aggirano tra le sale con padronanza e maestria, catturando spavaldamente le novità senza un tentennamento. Ci sono i fanatici dei giornali, che sono ai blocchi di partenza per accaparrarsi questo o quel quotidiano fresco di stampa e brontolano se Il Carlino oggi non è arrivato. Ci sono le badanti del mercoledì pomeriggio. I ragazzini vocianti col pretesto della ricerca di geografia. Gli studenti che mettono i piedi sulle poltrone e parlano sempre al cellulare, alla ricerca disperata di una presa per ricaricare.
E poi loro, i divi incontrastati della situazione, i libri. Con le loro etichette colorate in basso, sul dorso. Quelle etichette sono il riassunto di tutto il lavoro compiuto e scommetto che nessuno o quasi conosce cosa c’è dietro quei pezzetti di carta adesiva.
I trattamenti da fare sono diversi e tutti necessari perché un semplice volume si trasformi in un esemplare da biblioteca. Conoscevo già la duplice veste di un libro pubblicato, quel particolare che tuttora mi affascina, ovvero: il libro è per se stesso un qualcosa di fisico, un prodotto come un altro e in questo non differisce da un profumo, una saponetta, un soprammobile. Molti infatti comprano i libri per usarli come soprammobili. Magari, al giorno d’oggi, questa usanza si sta perdendo, ma ci sarà chi, come me, ricorda lo scaffale con l’enciclopedia De Agostini in venti scomodi volumi, protagonista dei salotti della nostra infanzia. Ma il libro è anche contenuto, è sogno, emozione, a volte cocente delusione e la biblioteca comprende entrambe le facce di questa medaglia.
Ogni testo che prende la via dello scaffale pubblico infatti viene catalogato, inventariato, soggettato, classificato e collocato. A permettergli questo è il frutto della precisa scelta e del lavoro incessante del bibliotecario. Ogni giorno in Italia vengono dati alle stampe circa 180 nuovi testi (dato del 2016), per la maggior parte romanzi di scarso valore e solo pochissimi di questi avranno l’onore di entrare in una biblioteca. Ovvero, in una biblioteca che li scelga.
Infatti, se il libro possiede l’ISBN (poi spiegherò di cosa si tratta), almeno in quattro biblioteche dovrebbe esserci, se l’editore ha ottemperato al deposito legale delle copie, imposto dalla Legge 106 del 2004. Tutti i libri dotati di questo numero, devono essere spediti obbligatoriamente a cura dell’editore a quattro biblioteche che li conserveranno.
Pertanto, se avete pubblicato la storia della vostra vita con un editore che appone l’ISBN, avete buona probabilità che una copia stazioni almeno nelle cantine di via Castro Pretorio e di via Tripoli a Firenze. Due sono infatti le biblioteche nazionali centrali, Firenze e Roma, poi il libro va spedito ad altre due biblioteche ad esso deputate a seconda della regione e della provincia dell’editore.
Come fare a capire se il vostro libro è stato inviato correttamente? Facile, basta collegarsi al catalogo Opac SBN e digitare il titolo. Se appare una stringa con tutti i dati, significa che il medesimo è stato catalogato (anche questo vi spiegherò cosa significa) ed è una notizia buona. Se un testo è nel catalogo, vuole dire che comunque qualche bibliotecario se ne è occupato e con ogni probabilità sarà presente almeno in una biblioteca in Italia. Cliccando sul titolo blu, ecco la lista delle biblioteche che conservano una copia del volume.
Come vedete, il mio libro "Il sentiero delle tarantole" è presente nelle quattro che ufficialmente operano il deposito legale per la Provincia di Bologna, più la comunale di Spilamberto (che ringrazio).
Per oggi direi che basta così, mi perdonino i bibliotecari di vecchia data se semplifico materie altamente tecniche e complesse, ma cerco di vedere le cose con gli occhi di un utente di biblioteche. Io stessa lo sono dall’età di sette anni, però il loro meraviglioso mondo mi si sta aprendo davanti solo ora, e vorrei condividerlo con tutti. In brevi pillole.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Vita da bibliotecaria: le prime impressioni
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