XXVII Battaglione d’assalto
- Autore: Luigi Freguglia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Alla domanda urlata a squarciagola “A chi la gloria?”, rispondevano in coro “A Noi!”. “A chi l’onore?”, “A Noi!”. Prima di transitare tra i fascisti, il motto “A Noi!” era stato il grido di guerra degli arditi del maggiore ferrarese Luigi Freguglia, in sostituzione del classico “Hurra!”. A cento anni dalla costituzione dei reparti d’assalto nella Grande Guerra, lo studioso di cose militari e arditismo Antonio Mucelli ha curato la riedizione di un volume dell’ufficiale romagnolo, edito nel 1937. Nel giugno 2017, nella veste grafica dell’editrice bassanese Itinera Progetti, è uscito “XXVII Battaglione d’assalto. Gli eroi del Montello” (240 pagine, 22 euro), basato sul lavoro di ottant’anni prima e arricchito da un inserto centrale con 90 foto, 6 cartine e 28 documenti offerti da familiari, appassionati e soci dell’Associazione storico culturale “Il Piave 1915-1918”, oltre che provenienti dall’archivio personale del curatore.
Ufficiale di fanteria di carriera, nato a Cento nel 1888, Freguglia aveva più volte rifiutato incarichi in ufficio per restare coraggiosamente sulla linea del fronte. Promosso maggiore per meriti sul campo ed entusiasta della novità delle truppe d’assalto, introdotta per sbloccare la staticità esasperata della guerra di posizione, era stato posto al comando del V Reparto, costituito all’interno della IV Armata con volontari accuratamente selezionati.
Dopo una bella azione sul Monte Piana, nell’immediata vigilia dell’offensiva nemica su Caporetto, quegli uomini si sacrificarono per coprire la rovinosa ritirata dei nostri dal confine vicentino fino al Piave.
Nei primi di gennaio del 1918, il V era stato integrato nel XXVII Corpo d’Armata e affidato sempre all’ottimo Freguglia, che riusciva ad accrescere la saldezza della compagine scartando gli elementi indesiderati “scaricatigli” dai Reggimenti ordinari e insistendo ancora di più sui valori base che distinguevano gli arditi dagli altri soldati. Non era fondamentale una superiore prestanza fisica, servivano qualità morali particolari e questo consentiva l’ulteriore scrematura dei volontari, concorrendo a garantire l’eccellenza di questi reparti, decisamente superiori sotto l’aspetto motivazionale.
Si entrava gli arditi perchè si era arditi, a prescindere dalla tempra fisica. Per questo, a battersi per l’Italia si potevano trovare tra loro ragazzoni robusti accanto a studenti mingherlini, bruciati da un sacro fuoco interiore. C’erano spaccamontagna spinti dallo spirito d’avventura e buoni combattenti attratti dalle condizioni migliori rispetto ai servizi in trincea, ma anche asceti dagli occhi ardenti. Veri “cavalieri della morte”, pronti a sfidare ogni pericolo pur di conseguire la vittoria.
Il nemico cominciò a temerli e mise una taglia su di loro. Bastava portare ai Comandi austroungarici un fregio di stoffa d’ardito per ottenere una ricompensa di 500 corone o una promozione.
A maggio 1918, il V prese la denominazione di XXVII Reparto d’assalto, con cui partecipò alla battaglia d’arresto dell’offensiva avversaria, che aveva forzato il Piave in alcuni punti, compreso il Montello.
Fin dal pomeriggio del 15 giugno, primo giorno dell’attacco nemico, il saldo impegno degli arditi nella zona di Nervesa rassicurò lo Stato Maggiore italiano sulla tenuta della linea nel piccolo altipiano, intaccata dal forte sbalzo austroungarico. Il giorno seguente i combattimenti si estesero al territorio di Giavera e videro i reparti d’assalto impegnati fino al 19 giugno, quando vennero avvicendati dai fanti in un settore ormai saldamente tenuto dei nostri. Avevano subito forti perdite, ma pure catturato prigionieri agli assalitori ed armi, anche pesanti.
Molto efficacemente, Freguglia riporta brani dei diari ufficiali di Reggimenti nemici impegnati nella Battaglia del Montello. Vi si legge della sorpresa nel veder battersi con determinazione la fanteria italiana, considerata di scarso valore. Ancora più stupore desta la condotta aggressiva, audacissima, degli arditi. C’è sgomento e rabbia tra gli austro-ungheresi, nel constatare che i contrattacchi delle Fiamme Nere riconquistano il terreno tanto ferocemente strappato. Risultano incontenibili, “non si riesce a fermarli” dicono gli ufficiali incaricati di redigere le note sui diari dei reparti imperiali, tra le migliori unità di tutto il fronte offensivo.
A differenza della fanteria normale, che non può che agire in massa per avere un peso nel combattimento, gli arditi sanno agire in piccoli gruppi operativi e come tali riescono a fare massa.
Così scriveva il fondatore dei reparti d’assalto, colonnello Bassi.
In seguito, il XXVII effettuò colpi di mano sull’altra sponda del Piave, per tenere sotto pressione il nemico. Partecipò marginalmente all’offensiva su Vittorio Veneto provvedendo più che altro a costruire e presidiare passerelle per le truppe che attraversavano il fiume.
L’armistizio del 4 novembre 1918 li trovò nel Bellunese, dove avevano disarmato formazioni degli odiati bosniaci. Il reparto venne disciolto pochi mesi dopo. 150 le ricompense al valore individuale, oltre alla medaglia d’argento al gagliardetto.
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