Il 2 settembre 1973 si spegneva a Bournemouth, una cittadina costiera del sud dell’Inghilterra, J.R.R. Tolkien il geniale creatore dell’universo de Il signore degli anelli. Quel giorno Tolkien si era recato a Bournemouth per fare visita ad alcuni amici, quando un’ulcera gastrica con emorragia gli fu fatale. Al suo capezzale giunsero precipitosamente per assisterlo due dei quattro figli, John e Priscilla, ma nessuna cura poté salvarlo.
J.R.R. Tolkien ora riposa accanto all’amata moglie Edith nel cimitero Wolvercote, a Oxford. Sulla loro lapide sono incisi i nomi di Beren e Lúthien, gli innamorati le cui vicende sono narrate nel Silmarillion.
Tolkien oggi è principalmente conosciuto per il suo contributo alla letteratura di genere fantasy, ma fu anche un eminente studioso e un valido accademico. Si occupò in particolare di storia ed etimologia delle parole di origine germanica presso l’Oxford English Dictionary e in seguito lavorò come professore presso la prestigiosa università di Oxford. La passione per le lingue antiche confluì direttamente nella sua opera letteraria che infatti è intrisa di linguaggi e dialetti creati dallo stesso autore attingendo a piene mani dalle sue conoscenze della lingua latina e germanica.
Forse non tutti sanno che la trilogia de Il signore degli anelli è intessuta di lirismo: la narrazione tolkeniana presenta una commistione originale tra poesia e prosa, senza dubbio derivata dalla vasta conoscenza letteraria di Tolkien e dalla sua abilità nel destreggiarsi nell’uso della lingua.
Per mostrarvi in maniera più approfondita questo singolare lato inedito dell’autore vi proponiamo la rilettura dell’inno elfico A Elbereth Gilthoniel, una lirica malinconica che si trasfonde in un canto.
Scopriamone testo, analisi e commento.
L’inno elfico di J.R.R. Tolkien: testo
Candida-neve! Candida-neve! Limpida dama!
Regina al di là dei Mari Occidentali!
Luce per noi che qui girovaghiamo
Ove gli alberi tessono un’oscura trama!Gilthoniel! O Elbereth!
Limpidi i tuoi occhi e terso il tuo respiro!
Candida-neve! Candida-neve! Noi te decantiamo
In un ermo paese dal Mar molto lontano.O stelle che durante l’Anno Cupo
Le sue brillanti mani hanno tessuto,
In campi ove l’aria è limpida e lucente
Vi vediamo fiorire pari a boccioli d’argento!O Elbereth! Gilthoniel!
Ricordiamo ancora noi che viviamo
In un luogo boscoso da te tanto lontano,
Il tuo chiaror stellare sui Mari OccidentaliOh! Oh! Oh! Ho bisogno del nettare dal bel colore
Per guarire il mio cuore ed annegare il mio dolore.
La pioggia può cadere ed il vento soffiare,
È lunghissima la strada che mi resta da fare,
Ma sotto un grande albero io mi riposerò
E le nuvole veloci passare guarderò.
L’inno elfico di J.R.R. Tolkien: testo e analisi
A Elbereth Gilthoniel è un inno elfico contenuto ne Il signore degli anelli. Tolkien lo scrisse originariamente in sindarin, il cosiddetto grigio elfico, una delle lingue principali parlate nella Terra di Mezzo. Una prima traduzione in inglese del canto apparve più tardi nel ciclo di canzoni The Road Goes Ever On e fu letta ad alta voce dallo stesso Tolkien nel corso di una registrazione radiofonica.
Nel libro Tolkien introduce il canto con una breve descrizione e le parole pronunciate da Bilbo Baggins:
Le dolci sillabe del canto elfico cadevano come limpidi gioielli di parole e melodia fuse. “È una canzone per Elbereth”, disse Bilbo.
Gli studiosi si sono a lungo interrogati sul significato di questo canto, e vi hanno rintracciato alcune influenze del culto mariano cattolico. Nel comporlo Tolkien potrebbe quindi essere stato inconsciamente condizionato da alcuni degli inni cattolici più popolari ascoltati durante la sua infanzia. Marjorie Burns e Stratford Caldecott hanno colto A Elbereth Gilthoniel alcuni echi dell’inno mariano di John Lingard, intitolato Hail Queen of Heaven, the Ocean Star.
Riportiamo di seguito un estratto del testo originale, scritto da Tolkien in tetrametri giambici, così come è contenuto ne Il signore degli anelli:
A Elbereth Gilthoniel
silivren penna míriel
o menel aglar elenath!
Na-chaered palan-díriel
o galadhremmin ennorath,
Fanuilos, le linnathon to thee,
nef aear, sí nef aearon!A Elbereth Gilthoniel
o menel palan-díriel,
le nallon sí di’nguruthos!
A tiro nin, Fanuilos!
Nel testo originale scritto in simarin lo scrittore aveva intrecciato alcune espressioni del finlandese e del gallese che suscitavano una peculiare melodia capace di procurare piacere al lettore. La resa doveva essere puramente estetica, sonora, evocare bellezza.
Nella traduzione italiana del canto possiamo riscontrare con maggior evidenza le sue somiglianze con un inno sacro. Il popolo degli elfi nell’invocare la figura di Elbereth Gilthoniel sembra rivolgersi a una divinità fatta di purezza e avvolta in un’aura incontrastata di luce. Elbereth viene definita la regina delle stelle, poiché a lei spettava la funzione di accendere una ad una, come lumi, tutte le stelle del cielo. Nel canto le sue mani vengono definite, non a caso, “luminose” e “brillanti”. Pare essere una creatura fatta interamente di luce, un’immagine pura dall’entità quasi sacra, come la vergine Maria.
Per la sua accentuata sonorità l’inno elfico di Tolkien si presta particolarmente all’adattamento musicale. Nel 1967 Donald Swann ne pubblicò una prima versione musicale; nel 1981 seguì una versione composta da Stephen Oliver per un adattamento radiofonico della BBC de Il signore degli anelli.
Un’interpretazione del brano a cura di David Long intitolata Passing of the Elves appare invece nella versione estesa del film Il signore degli anelli - La compagnia dell’anello.
Di recente la compositrice australiana Laura Bishop ha composto la propria interpretazione di questo inno elfico, che inizia con un assolo.
Tolkien affermava di preferire l’elfico alla lingua inglese per evocare particolari sensazioni. Sosteneva che “l’elfico non tradotto avrebbe potuto fare ciò che l’inglese non era in grado di fare” e che i lettori avrebbero potuto trarne qualcosa di importante, anche solo attraverso la sonorità, comprendendo qualcosa che trascende il puro significato letterario e sembra toccare una sfera più astratta, quasi sacrale.
Si comprende meglio il senso dell’inno elfico A Elbereth Gilthoniel se si riflette sull’alta considerazione che J.R.R. Tolkien aveva per la preghiera: l’autore del Signore degli anelli amava pregare in latino, recitava quelle che per lui erano “parole di gioia”. Trasfigurò questa sua passione persino nel suo immenso universo letterario, facendo pregare il popolo degli elfi: tradusse persino la sua preghiera preferita Sub tuum praesidium in Quenya, il latino elfico, intitolandola Ortírielyanna. Il mondo fantasy di Tolkien rappresentava in realtà uno specchio deformato del mondo reale, e in esso Elbereth Gilthoniel era la regina creatrice.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A Elbereth Gilthoniel: l’inno elfico scritto da J.R.R. Tolkien
Lascia il tuo commento