Per tutta la sua vita lo scrittore inglese Bruce Chatwin (1940-1989) ha composto un elogio torrenziale del viaggio come metafora stessa del vivere. Autore nomade e un po’ dandy, Chatwin viaggiava, immortalava ciò che vedeva grazie all’inseparabile macchina fotografica e poi scriveva. Scriveva di luoghi lontani, esotici e irraggiungibili, che rapivano l’immaginario della gente comune e facevano venire voglia di perdersi per le strade del mondo o - quando questo non era possibile - tra le pagine di un suo libro.
Chatwin fece del nomadismo esistenziale un ideale di vita e portò i lettori con sé, nel suo viaggio.
La sua vita privata fu nomade e vagabonda proprio come le sue traiettorie in giro per il mondo. A metà degli anni ’80 si ammalò di Aids e fu proprio quella terribile malattia, che lui cercò in ogni modo di nascondere, a ucciderlo il 19 gennaio 1989 a soli quarantotto anni. La sua leggenda tuttavia rimase in vita, e la sua breve e intrepida parabola esistenziale contribuì ad alimentarla.
Ma ripercorriamo con ordine la vita e la carriera letteraria di Bruce Chatwin.
Bruce Chatwin: la vita
Bruce Chatwin nacque a Sheffield, nello Yorkshire inglese il 13 Maggio del 1940, figlio di Charles Leslie Chatwin, un avvocato di Birmingham e ufficiale della Royal Naval Reserve, e da Margharita Turnell, un’impiegata del partito conservatore.
La sua infanzia fu caratterizzata da continui spostamenti in tutto il paese di origine al seguito della madre, dalla quale pare abbia ereditato la vocazione per l’irrequietezza. La passione per il camminare invece gli fu trasmessa dal nonno paterno, Charles Chatwin. Margharita portava con sé il figlio nei suoi pellegrinaggi per scampare ai bombardamenti tedeschi, mentre il marito era a combattere nella missione nautica inglese.
In seguito Bruce ricorderà quei momenti della sua infanzia con queste parole:
Casa, se ne avevamo una, era una solida valigia nera chiamata Rev-Robe, in cui c’era un angolo per i miei vestiti e la mia maschera antigas di Topolino.
Terminata la guerra, Chatwin visse con i genitori e il fratello minore Hugh a West Heath a Birmingham, dove il padre aveva uno studio legale. All’età di sette anni fu mandato in collegio al Marlborough College, nel Wiltshire. Studente non eccezionale, Chatwin attirò l’attenzione grazie alle sue performance nelle recite scolastiche, ma i genitori scongiurarono una carriera da attore.
Appena maggiorenne, Bruce Chatwin iniziò a lavorare presso la prestigiosa casa d’aste di Londra Sotheby’s come catalogatore per poi diventare, grazie al suo acume, uno degli esperti d’arte più ricercati. Fu in questo periodo che cominciò a interessarsi all’archeologia, tanto da iscriversi all’Università di Edimburgo.
Nel 1973 cominciò la sua collaborazione, in qualità di redattore esterno, con il Sunday Times Magazine come consulente di arte e archeologia. Il lavoro per il Sunday Times sviluppò il suo talento narrativo e lo portò a esplorare mondi lontani.
Come inviato Chatwin visitò l’Afghanistan, l’Africa, la Russia, il Perù, luoghi dapprima ignoti che alimentarono il suo nomadismo culturale e geografico.
Nel 1974 intraprese il suo primo viaggio in Patagonia dove trascorse sei mesi, viaggiando e raccogliendo storie di persone che provenivano da altrove e vi si stabilirono.
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Da questa esperienza nacque il suo capolavoro In Patagonia, libro/diario di un viaggio al contempo reale e simbolico che consacrò la sua fama di scrittore.
In Patagonia contiene inoltre quindici fotografie in bianco e nero fatte da Chatwin stesso.
L’editrice Susannah Clapp, che ha curato il libro, in seguito rivelò un aneddoto a proposito:
Rebecca West disse a Chatwin che le fotografie erano così belle da rendere superfluo l’intero testo del libro.
Il talento di Bruce Chatwin come fotografo purtroppo passò in secondo piano rispetto alla sua fama di scrittore. Le sue fotografie tuttavia erano molto evocative e tuttora rappresentano il grande archivio della memoria del grande scrittore-viaggiatore. Ogni immagine per Chatwin era un souvenir di viaggio, un tentativo di tenere traccia del proprio incessante vagabondare.
Recensione del libro
In Patagonia
di Bruce Chatwin
L’opera letteraria di Bruce Chatwin
L’opera letteraria di Bruce Chatwin è un elogio del viaggiare, dello spostamento continuo, del nomadismo. Il suo stile essenziale spesso si apre a metafore inattese.
Tra le sue opere più celebri, oltre all’indimenticabile In Patagonia, ricordiamo Il Viceré di Ouidah, uno studio sulla tratta degli schiavi condotto tra l’Africa e il Brasile.
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Le vie dei canti (1987) è invece un romanzo ambientato in Australia e racconta la tradizione aborigena dei canti rituali. Romanzo, viaggio, indagine sulle cose ultime, Le vie dei canti contiene anche un profondo messaggio spirituale sul significato del nomadismo.
Uno dei suoi ultimi lavori è Utz, un racconto fantastico sull’ossessione che conduce gli uomini a collezionare oggetti.
La malattia e gli ultimi anni di Bruce Chatwin
Nel 1983, mentre lavorava al romanzo The Songlines, Chatwin iniziò ad accusare un certo malessere. Poco tempo dopo collassò per strada e fu ricoverato in una clinica Svizzera dove gli venne diagnosticato l’HIV.
Bruce Chatwin non ha mai rivelato pubblicamente di essere sieropositivo a causa dello stigma sociale che vigeva all’epoca sulla malattia. Voleva proteggere soprattutto i suoi genitori, che non sapevano della sua omosessualità.
Raccontò a familiari e parenti di essere stato infettato da un raro fungo dell’Asia meridionale, Talaromyces marneffei, il che aggiungeva alla sua malattia un tocco d’avventura.
Tuttavia in un articolo pubblicato sulla London Review of Books nel 1988 scrisse:
La parola Aids è uno dei neologismi più crudeli e sciocchi del nostro tempo. ’Aid’ significa aiuto, soccorso, conforto - eppure con una sibilante attaccata alla fine diventa un incubo...
Seppur gravemente malato, Chatwin continuò a scrivere. La moglie Elizabeth lo incoraggiò a usare una lettera che le aveva scritto da Praga nel 1967 come ispirazione per una nuova storia.
Durante quel viaggio a Praga, Chatwin aveva incontrato Konrad Just, un collezionista d’arte. Questo incontro e la lettera a Elizabeth servirono come base per il successivo lavoro di Chatwin: Utz (1988) che narrava le ossessioni del collezionismo.
Ambientato a Praga, il romanzo descrive in dettaglio la vita e la morte di Kaspar Utz, un uomo ossessionato dalla sua collezione di porcellane di Meissen. Utz fu ben accolto dalla critica e fu inserito nella lista dei candidati al Booker Prize.
Recensione del libro
Utz
di Bruce Chatwin
In quegli ultimi anni Chatwin curò anche una raccolta di suoi articoli, che è stata pubblicata con il titolo What Am I Doing Here (1989).
Al momento della morte, avvenuta nel 1989, stava lavorando su una serie di nuove idee per futuri romanzi, tra cui un’epopea transcontinentale provvisoriamente intitolata Lydia Livingstone.
Bruce Chatwin morì giovane e forse proprio la parabola breve della sua vita, bruciata velocemente come un fuoco ardente, contribuì ad accrescere la sua leggenda: quella che narra di uno scrittore-viaggiatore, eternamente giovane, con lo zaino spalla pronto a percorrere il mondo, lungo strade reali e immaginarie.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Bruce Chatwin: vita e opere dello scrittore viaggiatore
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