Il 30 giugno a cinquant’anni dalla sua pubblicazione viene riedito nella Collana Bittersweet di Sonzogno “La valle delle bambole” (pp. 528, euro 19,00, titolo originale Valley of the Dolls, traduzione di Mariapaola Dèttore, Postfazione di Irene Bignardi), romanzo “magnetico, uno di quei libri che non riesci a mettere giù” della scrittrice e attrice statunitense, Jacqueline Susann (Filadelfia, 20 agosto 1918 - New York, 21 settembre 1974), dal cui libro più famoso, ristampato diverse volte anche in Italia, sono stati tratti un film e una serie televisiva.
Furono i tre bestseller mondiali “La valle delle bambole” (1966), “La macchina dell’amore” (1969) e “Una volta non basta” (1973) a trasformare Jacqueline Susann, premiata ben quattro volte come la “Donna più elegante della televisione”, nella leggenda che ancora oggi si ricorda. Scrive Irene Bignardi nella Postfazione del testo che
“il libro scandalo che cinquant’anni fa scosse l’America, ebbe un colossale successo e aprì la strada a Sex and the City e Mad Men”.
La trama del volume
La II Guerra Mondiale è finita da poco e, per chi è giovane e intraprendente come Anne, Neely e Jennifer, New York rappresenta il “Grande Sogno”. Le tre ragazze, che arrivano dalla provincia americana, approdano a Manhattan per cercare fortuna. E, a loro modo, la trovano: una ragazza recita nei musical di Broadway, un’altra lavora nella pubblicità, la terza riesce a sposare un attore-cantante famoso. Poco per volta, però, la buona sorte le abbandona. E allora, per tirare avanti, l’unica consolazione restano le “bambole” ovvero, nel gergo di quegli anni, le pasticche che servono a trovare un po’ di pace o di eccitazione. Finché anche quelle non si trasformano in uno strumento di autodistruzione.
“La valle delle bambole” di Jacqueline Susann fu uno dei più clamorosi casi editoriali della letteratura americana, arrivando a vendere nel mondo oltre 30 milioni di copie (come “Via col vento”). Al grande successo contribuiva l’aura scandalosa di una prosa che metteva in scena, con linguaggio schietto, storie d’amore e di sesso, ma che, soprattutto, intercettava i cambiamenti nei costumi di massa. L’autrice era un’esordiente non più giovanissima, eppure incantava poiché riusciva a toccare, con voce autentica e senza autocensure, i temi brucianti della vita delle donne: il piacere, il lavoro, l’amore, il matrimonio. Non è dunque strano che oggi figure influenti come Gloria Steinem e Lena Dunham abbiano incoronato il libro di Jacqueline Susann come un classico della cultura pop anche perché
“Jackie intuì che i suoi lettori erano maturi per assaporare il lato più crudo dell’amore”
parola di Michael Korda del “The New Yorker”. Un classico che oggi, a cinquant’anni di distanza, ha ancora molto da dire.
“Gli anni Sessanta verranno ricordati per Andy Warhol, i Beatles e me” (Jacqueline Susann).
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