

Marsilio ha riedito nel 2024 Cuore di tenebra (traduzione di Francesco Graziosi, con un testo di Marino Niola), il libro capolavoro di Joseph Conrad, in cui è contenuta una profonda metafora del destino umano. Ripercorriamo la genesi del romanzo a partire dalla vita del suo autore, la trama e i temi trattati.
Chi era Joseph Conrad, lo scrittore marinaio
di Alice Figini
Non c’è niente di misterioso per un marinaio se non il mare stesso, che è padrone della sua esistenza e imperscrutabile come il destino.
Lo scrittore polacco, naturalizzato inglese, Joseph Conrad, grande narratore di storie di uomini e di mare, nacque nel 1857 a Berdicev, nell’attuale Ucraina, in una famiglia di proprietari terrieri polacchi oppressa dal dominio russo. Dopo la morte di entrambi i genitori - il padre Apollo morì combattendo i russi, la madre di tubercolosi - il giovane Joseph fu affidato a uno zio e compì gli studi secondari a Cracovia.
La sua giovinezza è tuttavia inquieta, il futuro scrittore non è uno scolaro diligente né un ragazzo perbene. Spreca denaro, fa il perdigiorno e manifesta più volte il desiderio di fuggire e diventare capitano di mare. Quella passione ardente, incompresa da amici e parenti, nasceva dall’amore infantile di Conrad per i libri di viaggio e le carte geografiche. Oscuramente presentiva che esisteva un mondo molto più vasto di quello che conosceva, e voleva esplorarlo, sapeva che era proprio nascosto al di là della linea nitida dell’orizzonte marino.
Il 1874 segna l’anno di svolta nella sua esistenza: Joseph Conrad si imbarca come semplice marinaio al porto di Marsiglia per rendere servizio alla marina mercantile francese. Parte quindi per un lungo viaggio verso le Indie che sarà fonte di ispirazione per la sua scrittura. Joseph Conrad trascorse oltre vent’anni per mare, lavorando dapprima come mozzo, poi come secondo ufficiale e, infine, come capitano.
Per lui la scoperta del mare coincise con la scoperta della lingua inglese, e quindi della scrittura. Al porto di Marsiglia Conrad iniziò ad apprendere la lingua dei marinai che, guarda caso, era la stessa di Shakespeare. Della sonorità di quella lingua il giovane polacco si innamorò e decise di recarsi a Londra. Aveva soli vent’anni, ma decise che se fosse diventato marinaio sarebbe stato un marinaio inglese. Avrebbe infatti trascorso oltre quindici anni sui velieri britannici viaggiando verso mete esotiche come Bangkok, Singapore, Sidney e Calcutta. Nei tempi di riposo studiava per diventare luogotenente e, soprattutto, scriveva.
Perché per sopportare la lontananza dal mare - e la malinconia che assale tutti i marinai - Joseph Conrad doveva necessariamente scrivere. Nel 1889 iniziò la stesura del suo primo romanzo La follia di Almayer, ancora senza sapere che nel 1895 sarebbe stato pubblicato facendo di lui ufficialmente uno scrittore.
La sua carriera letteraria nacque per caso e senza scopo, obbedendo solo a una necessità inspiegabile dell’anima. Il mare sarebbe stato protagonista di tutti i suoi racconti, un elemento cardine della sua narrativa. Conrad sapeva che per raccontare una storia non si poteva prescindere dal mare che era la più efficace rappresentazione di un destino cieco, come lo è il destino umano.
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Cuore di tenebra: trama e temi del romanzo
Nel 1899 Conrad pubblica in tre puntate sul quotidiano Blackwood Magazine un lungo racconto intitolato Heart of Darkness, Cuore di tenebra.
La storia si basava su un’esperienza vissuta in prima persona dall’autore: il viaggio in Congo compiuto nel 1890 per assecondare la volontà del Re Leopoldo, sovrano del Belgio, di civilizzare le popolazioni dell’Africa nera.
Il libro vede come protagonista il marinaio Marlow , imbarcato su una nave belga che trasporta un carico di avorio. Mentre scopre la realtà della terra africana e la crudeltà dei colonizzatori, Marlow sente nominare per la prima volta il capitano Kurtz, leggendario cacciatore d’elefanti. Si dice che Kurtz sia gravemente malato e viene organizzata una spedizione per trarlo in salvo, cui il giovane marinaio inglese si unisce di propria volontà. Mentre cerca questa figura evanescente e fuggitiva, Marlow entra in contatto con un mondo a lui sconosciuto iniziando un’intrepida avventura tra le popolazioni locali, i culti primitivi e selvaggi e i misteri della natura.
Troverà infine Kurtz, malato di malaria e ormai in fin di vita, che pare essere preda di uno strano delirio. Nel cuore selvaggio dell’Africa il capitano Kurtz sembra essere come impazzito. Muore infatti tra le braccia di Marlow gridando delle parole deliranti: “Quale orrore! Quale orrore!”. Ma qual è l’orrore che ha visto Kurtz? La risposta non viene data.
Il viaggio compiuto dal marinaio Marlow appare tuttavia come un viaggio al centro del mondo che rivela l’innegabile onnipresenza del male.
Il male è il tema centrale della narrazione in Cuore tenebra: il male inconsapevole compiuto dall’uomo ai danni dell’uomo. Vi si può leggere una profonda metafora del colonialismo e della supremazia che l’uomo occidentale pretendeva di imporre sulla società cosiddetta “non civilizzata”. Il corso del fiume sembra segnare proprio il confine tra il noto e l’ignoto, tra la civiltà occidentale e il “cuore di tenebra” selvaggio rappresentato dall’“alterità”, ovvero la popolazione africana.
Il capitano Kurtz, figura leggendaria e venerata, si rivela infine essere un tiranno che aveva assoggettato il popolo africano secondo la sua volontà e il suo capriccio. È l’uomo che pretende di sostituirsi a Dio nella creazione di una nuova civiltà mettendo in atto il piano violento e delirante del conquistatore.
Il viaggio compiuto da Marlow andava alla ricerca di un senso, di una verità; ma in conclusione non ne trova nessuna, sembra invece perdersi nel buio fitto rappresentato dall’impenetrabile foresta africana. Quell’assenza di luce diventa riflesso di una forma di oscurità dell’anima: Marlow entra in contatto con il Male inteso nel suo senso più puro, dato dalla perdita della ragione, il male che non ha scopo e viene inferto senza la coscienza di compierlo.
Dunque il viaggio ricomincia, nel confine indistinto tra mare e cielo, tra il fracasso degli ormeggi e il fragore delle onde. Il mare chiude ancora una volta la storia, oscuro e profondo abisso, che si rivela all’uomo come la rappresentazione stessa dell’ignoto - o forse, del suo stesso destino.
Nel mare, in fondo, Joseph Conrad temeva disperatamente di perdersi, eppure non poteva fare a meno della sua suggestione, del costante invito al viaggio di scoperta che esso evocava. Un viaggio ai confini del mondo conosciuto, al di là delle Colonne d’Ercole del pensiero umano, ma anche oltre i limiti circoscritti del sé individuale, sin nel profondo della coscienza umana.
“Cuore di tenebra”: analisi del romanzo
di Mario Bonanno


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Il viaggio nel cuore di tenebra africano del romanzo di Joseph Conrad comincia sulle acque immobili di un fiume inglese, ma è già avvenuto. Le male bolge del Continente Nero (geografiche, climatiche, interiori) sono rivisitate dal racconto del battelliere Charles Marlow, alter ego del giovane Conrad e delle sue esperienze-limite vissute durante il primo viaggio in Africa. Lo scrittore non vi farà più ritorno: dalle acque limacciose del centro africano ritornerà stremato, malato, segnato finanche nella scrittura. Come sottolinea Virginia Woolf, se prima di Cuore di tenebra i personaggi conradiani erano “semplici ed eroici”, dopo la stesura di questo romanzo diventano anti-eroici, si sfaccettano in pieghe più complesse. Il tratto avventuroso conradiano, insomma, non ha più ardimento da sfoggiare, concentrato com’è sui tessuti sfrangiati di protagonisti ambigui, spesso a un passo dalla frattura interiore.
In Cuore di tenebra, tutto comincia dunque in una giornata senza vento e di alta marea, e dal racconto parabolico di una remota missione in Africa di Marlow (l’io narrante) che si trasforma nella ricerca dell’agente Kurtz, abile cacciatore e mercante d’avorio e da qualche tempo sovrano pazzo di un regno indigeno a sua volta impazzito. Il paesaggio fluviale che conduce a questo (non)luogo di terrore è uno Stige che taglia il Centro Africa e conduce alla tenebra della ragione.
“I bordi di una giungla colossale, di un verde così scuro da sembrare quasi nero, orlati dal bianco delle onde, correvano dritti, come una linea tracciata col righello, fino in lontananza, lungo un mare azzurro il cui scintillio era offuscato da una foschia strisciante. Il sole era feroce, la terra sembrava luccicare e stillare vapore.”
si legge a pagina 31 del romanzo nella nuova edizione Marsilio (2024, trad. di Francesco Graziosi), e non siamo che all’inizio. Il piano sequenza è pittorico, fantasmatico, precognitore visivo della follia dell’agente Kurtz. Di rimando al mistero custodito dalle leggende ferine che circolano a mezza voce sul trafficante di avorio, la giungla viene a caricarsi infatti, a sua volta, di mistero, quasi ne fosse proiezione ambientale, ammantata di potere ipnotico, straniante, che invischia Marlow, e il lettore con lui, in una trama senza uscita. A bordo di un battello a vapore malridotto – con a bordo coloni occidentali e indigeni cannibali assunti per la circostanza - Charles Marlow risale dunque il fiume come un sentiero iniziatico: il suono cupo di lontani tamburi, le lontane esplosioni generate da navi da guerra, gli uccelli invisibili che lanciano i loro versi, o talvolta tacciono in modo sinistro, l’ombra inquietante delle rupi lunari, diventano stazioni di una psicogena discesa nell’Ade. Procedendo a tentoni in questa selva oscura, Marlow ha come l’impressione di attraversare un tempo preistorico e al tempo stesso la preistoria della propria mente. Il trafficante d’avorio (e/o di anime?) Kurtz si impone, d’altro canto, come immanenza primigenia, gravante sui territori interiori-esteriori del romanzo. Le stratificazioni che ne connotano la psicologia – uno epitome sui generis della brama pre-capitalista? Un messia impazzito che distrugge ciò che lui stesso ha posto in essere? Un uomo devastato dal dolore e il mal de vivre? -, lo rendono fra i personaggi più complessi e fascinosi della letteratura, partecipando alla potenza di Cuore di tenebra.
Un classico più che mai attuale, se è vero che una lettura politica potrebbe consegnarcelo come metafora della pulsione di morte che accompagna il trinomio Potere-Capitale-Follia (nell’apologo conradiano il predatorio colonialismo belga, in Apocalypse now di F.F. Coppola l’interventismo armato americano in Vietnam).
Come sostiene Marino Niola a inizio della sua pregnante introduzione al volume Marsilio (L’ombra dell’essere, pp. 7-12):
“Cuore di tenebra non è un testo, ma un palinsesto. Che porta in sovrimpressione i segni di scritture precedenti e getta una luce anticipatrice su quelle che vengono dopo. Come tutti i grandi libri, il capolavoro conradiano uscito nel 1899 ci parla del suo tempo e addita in lontananza quelli successivi. Ma soprattutto ci parla di noi. Il viaggio africano di Marlow sulle tracce di Kurtz trasforma, infatti, la risalita del fiume Congo, che si srotola come un grande serpente con la testa nel mare e la coda perduta nelle profondità del continente nero, in una nekja, una discesa agli Inferi che rivela, in un lampeggiante chiaroscuro, la tenebra che avvolge l’Occidente e al tempo stesso la malattia mortale dell’animo umano.”
Cuore di tenebra si (im)pone dunque come tutt’altro che un racconto manicheo e lo stesso Kurtz ne incarna il sostrato filosofico, in una delle sequenze topiche del romanzo sollecita nel lettore sentimenti ambivalenti, di timore reverenziale e al tempo stesso quasi pietosi.
“Non avevo mai visto, e spero di non vedere mai più, nulla di simile al cambiamento che si verificò sui suoi lineamenti. No, non ero commosso. Ero affascinato. Era come se si fosse squarciato un velo. Su quel volto d’avorio vidi l’espressione di un orgoglio cupo, di un potere spietato, di un terrore vile – di una disperazione intensa e irrimediabile. Stava forse rivivendo la sua vita in ogni particolare dei suoi desideri, le tentazioini, la resa, in quel momento supremo di completa coscienza? In un sussurro gridò a qualche immagine, qualche visione – due volte gridò, un grido che non era più di un soffio…?’L’orrore! L’orrore!’ " (pag.122).
Il folle trafficante d’avorio - despota di un regno di indigeni adoranti, selvaggi e resi (?) folli a loro volta - è portavoce dei tratti ossimorici del romanzo-capolavoro di Joseph Conrad, e lo è fino in fondo, capace di urlare-sussurrando tutto l’orrore di un’Africa belluina, abbrutita dalla violenza di un Occidente che si rivela esserlo altrettanto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Cuore di tenebra”: genesi e significato del libro capolavoro di Joseph Conrad
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