Georges Biard, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
Si è spento a Roma, all’età di 92 anni, il regista Paolo Taviani, interprete cinematografico, assieme al fratello Vittorio, di grandi opere letterarie che hanno fatto la storia del cinema italiano.
La coppia iconica di fratelli registi inanellò una lunga sequela di successi: dall’adattamento del racconto di Tolstoj, Il divino e l’umano, nel 1972 sino al trionfo a Cannes con la Palma d’Oro per l’adattamento di Padre padrone dello scrittore sardo Gavino Ledda, delicato romanzo autobiografico, vincitore del premio Viareggio, che narrava la dura legge patriarcale vigente in Sardegna.
Fu poi il turno de Le affinità elettive di Goethe, La masseria delle allodole (2007) dal romanzo di Antonia Arslan, Maraviglioso Boccaccio (2015) ispirato all’autore del Decameron.
L’ultimo film dei fratelli Taviani risaliva al 2017 ed era Una questione privata, tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio. In seguito Paolo Taviani avrebbe prodotto un ultimo film, dopo la morte del fratello Vittorio, nel 2022: si intitolava Leonora addio e indagava proprio il rapporto morte-vita ispirato alla vita e alle opere di Luigi Pirandello.
Fu il grande congedo al cinema del regista, il suo testamento cinematografico e forse anche spirituale.
Nella morte del grande scrittore e drammaturgo siciliano, Pirandello, possiamo cogliere il prefigurarsi della morte del regista stesso che, nei suoi ultimi anni, decise di riflettere su questo delicato tema, in particolare sul legame tra morte e memoria, con ironia e la sua immancabile profondità.
Paolo Taviani scelse, non a caso, di evidenziare nel titolo la parola “addio”, anticipando di fatto la propria dipartita con un ultimo, doveroso omaggio alla letteratura impegnata.
Scopriamo di più sull’ultimo film di Paolo Taviani e sulla sua ispirazione pirandelliana.
“Leonora addio”, l’ultimo film di Paolo Taviani dedicato al fratello
Leonora addio, l’ultimo film di Paolo Taviani fu proposto in concorso alla Berlinale 2022, unico titolo italiano in competizione. La proiezione a Berlino fu accolta da un lungo e commosso applauso. Leonora addio vinse il Premio Fipresci con la seguente motivazione:
Guidato dallo spirito libero del genio di Pirandello, il regista mescola poesia, malinconia, ma anche ironia, fantasia e letizia per raccontarci i misteri della vita, della morte e della memoria.
La pellicola segnava il ritorno del grande regista dopo cinque anni di assenza dalla scena cinematografica, per la prima volta senza l’inseparabile fratello Vittorio Taviani, scomparso nel 2018.
Nel 2022 abbiamo assistito alla proiezione in anteprima presso il cinema Adriano di Roma. Il film si apre con una toccante dedica scritta a mano: “A mio fratello Vittorio” che appare in rilievo sullo sfondo nero in una lunga sospensione.
Si capisce dal principio che la morte (e l’onda d’urto che la accompagna) è uno dei temi centrali in Leonora addio. Il titolo del film riprende significativamente quello di una novella scritta dal Luigi Pirandello nel 1910 Leonora, addio! contenuta nella raccolta Novelle per un anno.
È il grande drammaturgo siciliano l’indiscusso protagonista della vicenda narrata nella nuova pellicola di Taviani che ha inizio, curiosamente, proprio dalla morte di Pirandello.
Nel cast Fabrizio Ferracane, Matteo Pittiruti, Dania Marino, Dora Becker e il bravissimo Claudio Bigagli. Le musiche che fanno da colonna sonora al film sono di Nicola Piovani.
Di seguito la recensione di Leonora addio, l’ultimo film di Paolo Taviani.
“Leonora addio” di Paolo Taviani: la recensione
Leonora addio si apre come un filmato d’epoca in bianco e nero con la consegna del premio Nobel per la Letteratura a Luigi Pirandello nel 1934. Viene dunque rappresentato il punto più alto della carriera del grande scrittore e drammaturgo italiano. L’atmosfera tuttavia non è quella di una festa cerimoniosa ed esclusiva, è venata di malinconia e di amarezza. La voce fuori campo di Pirandello osserva cupamente:
Il dolce della gloria non può compensare l’amaro di quanto è costata.
gettando così un velo d’ombra sul prestigio del Nobel. Nella scena successiva ritroviamo il grande drammaturgo sul letto di morte mentre riflette sui figli ormai invecchiati. Riflessioni che riprendono significativamente alcune pagine del romanzo pirandelliano I vecchi e i giovani (1909).
Ma è proprio con la morte di Pirandello, avvenuta il 10 dicembre 1936, che la vicenda narrata in Leonora addio ha veramente inizio.
La morte di Pirandello viene tratta da Taviani con un’ironia a tratti tagliente e spietata. Non sfugge certo la battuta sul Nobel pronunciata poco dopo la morte del grande autore: “Ah, dimenticavo, ha pure vinto il Nobel!” viene aggiunto come un ultimo sberleffo, che sembra rimarcare l’insignificanza e la transitorietà degli onori ricevuti in vita.
La regia di Taviani riprende quindi accuratamente il viaggio della bara sino all’ingresso nel forno crematorio, la potenza scenica è tanto forte e il primo piano così efficace che allo spettatore sembrerà di essere la bara data in pasto alle fiamme.
Da questo momento in poi il film segue la rocambolesca avventura delle ceneri di Luigi Pirandello che dovranno affrontare mille peripezie prima di essere sepolte secondo la volontà riportata dall’autore nel testamento:
Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. (...) Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me.
Dopo l’iniziale sepoltura nel cimitero del Verano di Roma - la tumulazione era stata imminente a causa delle tribolazioni della Seconda guerra mondiale, le ceneri di Pirandello saranno prelevate per essere condotte ad Agrigento ed esaudire così le ultime volontà espresse dall’autore.
Il viaggio dell’urna sarà un’impresa avvincente e teatrale. Lo spettatore seguirà i vari spostamenti delle ceneri di Pirandello con un senso di angoscia mescolato al sorriso suscitato da una serie di incidenti e malefatte. Il tutto condito con una certa superstizione orgogliosamente made in Sud.
Un argomento oscuro e gravoso come la morte viene trattato con inusitata leggerezza, ma anche con uno sguardo intimo e compassionevole, che solo chi l’ha vista da vicino può avere.
Non è certamente un caso che per tutta la prima parte del film, che ripercorre il lungo viaggio dell’urna, domina il bianco e nero e solo dopo l’inumazione delle ceneri il mondo torni finalmente a splendere a colori. Una volta che a Luigi Pirandello viene offerta la sepoltura da lui tanto agognata, i colori riprendono a dominare la scena. La parte restante delle ceneri dell’autore sarà quindi dispersa in un Mar Mediterraneo che quasi acceca con il suo blu.
Lo scarto tra il bianco e nero che domina nella prima parte della pellicola e il blu del mare è talmente inaspettato da risultare abbagliante. Tutta la vastità e l’infinità della superficie marina vengono messe in risalto dai colori che nel confondersi con il grigio delle ceneri disperse nel vento sembrano evocare un presentimento di rinascita. Un capolavoro della regia di Taviani.
“Il chiodo”: nel film di Paolo Taviani l’ultima novella di Pirandello
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La seconda parte di Leonora addio è invece dedicata all’ultima novella di Pirandello, Il chiodo, scritta appena venti giorni prima della sua morte.
Tornano i colori, ma domina la lingua inglese con i dialoghi sottotitolati per rimarcare l’estraniamento vissuto dal protagonista. Il giovane Bastianeddu Edo viene strappato violentemente dalle braccia della madre, nella sua Sicilia, e costretto a seguire il padre oltreoceano alla volta di Brooklyn.
La novella Il chiodo fu ispirata a Pirandello da un reale fatto di cronaca avvenuto in America nella metà degli anni ’30 del Novecento. Il principio della vicenda ha infatti l’effetto di un thriller, quando lo spettatore viene messo a conoscenza dell’efferato omicidio compiutosi. Ma il dipanarsi della trama si fa presto più intimo e commovente consegnandoci una riflessione inaspettata.
L’ultima parte di Leonora addio vuole mostrarci la morte sotto un’altra prospettiva che non è più quella di chi la vive, ma di chi la subisce e di chi la provoca.
Ecco che dunque il viaggio dell’urna lascia il posto a una riflessione sulla colpa, la perdita e la mancanza.
Nel finale, forse Paolo Taviani voleva racchiudere il significato più profondo della relazione tra morte/vita: la vita e la morte sono due realtà inconciliabili incapaci di rapportarsi l’una con l’altra, eppure sempre tese nello sforzo di comunicare e comprendersi a vicenda, nell’impossibilità di dire addio.
Leonora addio di Paolo Taviani: il trailer
Leonora addio è una produzione Stemal Entertainment con Rai Cinema – prodotto da Donatella Palermo – in associazione con Luce Cinecittà e Cinemaundici, realizzato con il sostegno della Regione Siciliana – Assessorato Turismo Sport e Spettacolo – Sicilia Film Commission con il contributo del MIC – DG Cinema e Audiovisivo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Addio al regista Paolo Taviani: il suo ultimo film ispirato a Pirandello
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