Immagine di copertina Credits: Sabonarola at en.wikipedia), Public domain, via Wikimedia Commons
È il 30 giugno 1996 quando i vicini di casa di Margaux Hemingway allertano la polizia di Santa Monica, in California, denunciando la scomparsa dell’attrice.
Il corpo di Margaux, nome d’arte di Margot Hemingway, fu ritrovato due giorni dopo senza vita all’interno del miniappartamento dove la donna viveva da tempo sola. La sua scomparsa ricadeva così nel giorno di un tragico anniversario: la morte del nonno Ernest Hemingway, avvenuta esattamente trentacinque anni prima.
La maledizione degli Hemingway colpiva ancora, come una malattia ereditaria da cui non c’era scampo: forse i demoni della psiche si trasmettevano nei geni, fluivano nei recessi più oscuri del sangue, e infine si manifestavano sotto forma di incubi e pensieri suicidi.
La morte di Margaux tuttavia non fu dovuta a un atto volontario, secondo il referto del medico legale a ucciderla era stato un sovradosaggio di pentobarbital, il barbiturico che usava per curare l’epilessia. La nipote di Hemingway morì presumibilmente per un’overdose, ma questo macabro dettaglio non rende la sua vicenda esistenziale meno tragica.
Per identificare il cadavere fu necessario ricorrere alle impronte dentali, dato l’avanzato stato di decomposizione causato dal caldo torrido che aveva colpito la California in quei primi giorni di luglio. Dall’autopsia si stabilì che Margot Hemingway era deceduta da almeno due giorni, ma la sua morte fu fatta risalire al 2 luglio, legata così a doppio filo a quella del più celebre Hemingway come un destino beffardo che si ripete.
La bella e talentuosa nipote di Ernest, meteora dello star-system hollywoodiano, aveva ereditato dal nonno scrittore gli oscuri demoni della psiche e la totale incapacità di affrontarli ad armi pari.
Aveva solo 41 anni, appena un decennio prima era stata una stelle più brillanti di Hollywood.
Margaux Hemingway: la nascita di una stella
La luminosa carriera di Margot Hemingway si avviò quasi per caso durante una festa, sotto le luci abbaglianti di una sala da ballo anni ’70. Qui la giovane Margot, in fuga dalla sua tragica e folle famiglia lasciata nell’Idaho, incontra il grande stilista Halston. Lui le propone un contratto da modella, a patto che perda qualche chilo.
Lei, che già in passato aveva sofferto di anoressia ed era abituata a imporre al proprio corpo un ferreo regime, non ci pensa due volte e accetta. Si ribattezza con il nome d’arte di Margaux, in onore al vino rosso francese Chateau Margaux.
Margot Hemingway era una ragazza di campagna, cresciuta nelle praterie dell’Idaho tra i drammi familiari e le costanti liti dei genitori. Una volta raggiunta la maggiore età aveva deciso di lasciarsi alle spalle definitivamente quell’inferno di grida e wine time delle cinque del pomeriggio partendo alla volta della California. Arrivano anni luminosi e felici: con il nuovo nome di Margaux la bella ragazza del Nordwest riesce a farsi largo nel dorato mondo di Hollywood. Diventa amica di Liza Minnelli e Dino De Laurentiis. Ci sono poi le passerelle al fianco di Halston e il primo contratto milionario da top model come promoter della linea di profumi Babe di Fabergé.
Nel 1976 Margaux gira anche il suo primo film, grazie all’appoggio di De Laurentiis, un lungometraggio dal titolo Stupro (Lipstick nell’originale Ndr) che fu in seguito stroncato dalla critica. Margaux insiste per far partecipare nella pellicola anche la sorella più piccola, Mariel, cui viene affidato un ruolo. Accade tuttavia l’impensabile: Mariel si rivela un talento e supera Margot in bellezza e bravura, si dischiudono per lei le porte del cinema con un nuovo contratto con Woody Allen. Mentre la stella di Mariel brilla, quella di Margaux lentamente si spegne.
Il declino di Margaux Hemingway
Mariel Hemingway viene candidata agli Oscar, mentre Margaux è relegata a film di serie B, stroncata dalla critica e annientata dal fallimento di ben due matrimoni. Il suo successo si rivela una meteora.
La sua carriera si riduce a sporadiche apparizioni in film come Killer fish (1979), They call me Bruce (1982), A fistful of chopsticks (1982) e Over the Brooklyn bridge (1984).
In una delle sue ultime interviste giunse ad ammettere che il suo successo in realtà fu dovuto soltanto alla fama del suo cognome, che lei infatti sfruttò con consapevolezza. Noi sappiamo che in realtà non fu così. Che c’era senz’altro del talento in Margot Hemingway, nascosta sotto la maschera della nuova diva Margaux, ma dietro quell’apparenza sicura si celavano anche tante, troppe, fragilità irrisolte. Le pesava sulle spalle un’infanzia infelice fatta di perdite precoci. Intanto ora che era cresciuta i debiti si accumulavano, così come i fallimenti, le delusioni e l’incolmabile mancanza d’amore. L’alcolismo e i disturbi alimentari la insidiarono per tutta la vita. Credeva di essere finalmente riuscita a sconfiggerli, ma fu annientata dalla depressione.
Era forse una malattia di famiglia. In quel male oscuro non è difficile scorgere un riflesso dell’oscura spirale che avviluppò Ernest Hemingway sino al misterioso giorno della sua morte.
Sempre nella sua ultima intervista Margot disse di essere orgogliosa della sua discendenza ereditaria, perché suo nonno era “un uomo profondamente innamorato della vita”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La triste storia di Margaux, la nipote di Ernest Hemingway
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