Nel mondo moderno, che è dominato dal razionalismo, dalla scienza e dalla tecnica, i miti antichi appaiono quasi come favolette di nessun significato, o come fantasie da utilizzare nei cartoni animati o negli spot pubblicitari.
In realtà, i miti, pur costituendo delle finzioni, forse sono molto più veritieri delle verità a cui oggi crediamo e meritano il nostro rispetto per diversi motivi.
Attraverso i miti, che venivano tramandati oralmente attraverso cantori e rapsodi, le società primitive hanno potuto consolidarsi intorno ad un fulcro di credenze e valori comuni.
Tali valori hanno permesso ai singoli individui di raggrupparsi in famiglie, clan e tribù, che col tempo sono diventate comunità sempre più vaste e coese. I vari eroi, di cui si narravano le gesta, personificavano quei valori.
Un insieme di persone che vivono in un determinato luogo non possono essere un corpo sociale se non condividono anche dei principi come valori fondativi, che nelle società moderne sono espressi dalle varie leggi.
Grazie ai miti, gli uomini non solo si sono coalizzati, ma hanno anche provato a rispondere ai grandi interrogativi che via via si imponevano alla coscienza e che tuttora sono insoluti.
Questi antichi racconti narrano la nascita delle divinità (in questo caso si parla di mito teogonico), della terra (mito cosmogonico), dell’uomo (mito antropogonico), oppure il fine e lo scopo dell’esistenza umana (mito escatologico). Esistono anche racconti sull’ingresso nell’Aldilà (mito soteriologico) e quelli riguardanti i fenomeni naturali (mito naturalistico).
Oltre a compattare i gruppi umani intorno ad un nucleo di valori, il mito ha avuto anche un’altra funzione essenziale. Circa 70mila anni fa l’essere umano, Homo sapiens, è stato protagonista di quel processo che gli studiosi chiamano "rivoluzione cognitiva".
In questo periodo, l’uomo è riuscito a sviluppare incredibili abilità manuali e comunicative. Le cause che hanno dato avvio a questo processo non sono ancora chiare. Le teorie più accreditate sostengono che casuali mutazioni genetiche comportarono lo sviluppo di nuove connessioni neurali, modificando la struttura del nostro cervello. Tuttavia, possiamo solo conoscere con certezza solo gli effetti provocati da questa trasformazione.
Queste nuove abilità hanno permesso non solo la costruzione di nuovi strumenti, utilizzati per il soddisfacimento delle esigenze primarie, ma anche l’elaborazione e la narrazione di storie fantastiche, che necessitano l’utilizzo di un linguaggio molto complesso. Il fatto di poter condividere questi racconti ha permesso alla nostra specie di dominare sulle altre.
Come afferma Yuval Noah Harari, storico e autore del saggio "Sapiens, Da animali a Dei" (Edizioni Bompiani):
Il punto è che la finzione ci ha consentito non solo di immaginare le cose, ma di farlo collettivamente. I miti conferiscono ai Sapiens la capacità di cooperare in maniera flessibile e in comunità formate da moltissimi individui. Anche le formiche lavorano in comunità numerose, ma lo fanno in forme rigide e solo all’interno di strette parentele. I Sapiens sono in grado di cooperare in maniera flessibile e con un numero indefinito di estranei. Ecco perché governano il mondo, mentre gli scimpanzé sono chiusi nei laboratori di ricerca.
L’essere umano si è evoluto grazie alla finzione, alla fantasia, all’immaginazione. Questi elementi, e non la sola ragione, hanno permesso di costruire società sempre più strutturate e organizzate, che poi, con il tempo, sono state in grado di effettuare fondamentali scoperte attraverso la ricerca scientifica.
Dobbiamo senz’altro essere grati alla scienza per svariate ragioni; tuttavia, senza i miti gli uomini non avrebbero mai sviluppato comunità ampie e complesse e la scienza, molto probabilmente, non sarebbe mai esistita.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il mito antico come fattore di progresso
Lascia il tuo commento