Gli inizi, si sa, sono difficili per molti, se non per tutti. Anche i grandi scrittori hanno dovuto affrontare agli esordi non pochi ostacoli. Impieghi insoliti sono spesso stati preludio di carriere letterarie internazionali, ma, prima della fama e della notorietà, anche quanti già prestavano servizio in campo giornalistico o tentavano i primi approcci con la scrittura si sono trovati ad affrontare tematiche e argomenti singolari. Si tratta di passioni o interessi che facevano però presagire il manifestarsi imminente della scintilla di genialità.
Ecco una carrellata delle passioni più strane degli scrittori del passato, entrate anche nelle loro pagine.
Georges Simenon scriveva di cani infelici
Il più prolifico degli autori, Georges Simenon, non ancora 16enne trova impiego presso la Gazzetta di Liegi. Si occupa di cronaca e politica. Ma, rivela Andrea Camilleri in una lunga video intervista (realizzata per la collana Il Caffè Letterario) in cui celebra colui che definisce una macchina da scrivere con fattezze umane, teneva anche una rubrica molto particolare. Scriveva storie di cani infelici, randagi o abbandonati, riscuotendo un buon successo tra i lettori. Per l’intera carriera Simenon rivelerà un’attenzione e una capacità di cogliere la natura umana che riverbera nelle avventure del commissario Maigret e, più ancora, nei suoi romanzi cosiddetti duri. Non stupisce che, come un moderno influencer ante litteram, avesse colto una tematica capace di attrarre e fidelizzare i lettori del giornale. In fondo è quello che farà per tutta la vita, arrivando a scrivere un romanzo al mese, tutti successi che appassionano ancora oggi.
Vladimir Nabokov e la passione per le farfalle
Sempre al mondo animale si rivolge Vladimir Nabokov, appassionato di farfalle. Niente infatuazione passeggera per lui: il suo è un reale interesse scientifico.
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L’autore di Lolita (pubblicato nel 1955 ed edito da Adelphi nel 1996, con la traduzione di Giulia Arborio Mella) progetta di scrivere un libro sugli insetti che lo affascinano: non ci riesce, ma lascia un patrimonio di disegni e annotazioni, oltre a frequenti riferimenti alla sua passione nell’autobiografia, Parla, ricordo (Adelphi, 2010, traduttore Guido Ragni).
La passione per le farfalle nasce quasi per caso: è la madre a fargli dono di un libro illustrato sui lepidotteri per distrarre lo scrittore, ancora bambino, da una polmonite. Le illustrazioni della pittrice e naturalista Maria Sybilla Merian lo ispirano. Una volta guarito va in giro per boschi e prati della proprietà di famiglia con uno sguardo nuovo. Quando, adulto, approda negli Stati Uniti trova lavoro presso gli istituti di entomologia di New York e l’Università di Harvard gli affida l’incarico di organizzare la collezione di farfalle del Museo di Zoologia comparata.
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Anche il suo secondo romanzo, Ada o Ardore (ed. Adelphi, 2000, con la traduzione di Margherita Crepax), porta il nome di una celebre farfalla. Ma la sua ricerca sul campo non si ferma mai: retino alla mano, si aggira a caccia di farfalle anche ormai avanti negli anni.
Ho cacciato farfalle in vari climi e abbigliamenti, da ragazzino in calzoni alla zuava e berretto da marinaio; da espatriato allampanato e cosmopolita con sacche di flanella e berretto; da vecchio grassone in pantaloncini e a testa nuda.
Una spedizione sulle Alpi a 78 anni gli provoca una caduta e una ferita al piede che degenera in infezione costandogli la vita nel 1977.
Gli studi micologici di Beatrix Potter
La scienza naturalistica è un interesse frequente di molti nomi illustri della letteratura. Noti sono, ad esempio, gli studi di Beatrix Potter in campo micologico: un interesse che la porta ad eseguire esperimenti domestici con le spore di funghi e a scrivere un trattato scientifico sull’argomento. Così come sono noti i vani sforzi effettuati dall’autrice e illustratrice per vedere riconosciuta la sua teoria e i meriti scientifici dalla Linnean Society di Londra. In questo caso il rifiuto ha privato il mondo di una valida scienziata, regalando però a generazioni di lettori più o meno giovani i suoi deliziosi racconti sul mondo animale.
Fernando Pessoa e le incursioni nel mondo della pubblicità
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C’è chi in maniera più prosaica si è dedicato al mondo della pubblicità, con creazioni commissionate dall’azienda produttrice e realizzate appositamente dietro compenso. Così Fernando Pessoa ancora sconosciuto scrive uno slogan per la Coca Cola. Il risultato è:
Primeiro estranha-se, depois entranha-se.
La biografia a cura di Angel Crespo intitolata La vita plurale di Fernando Pessoa (ripubblicata da Bietti nel 2014) riporta l’episodio e la scarsa fortuna dello slogan: secondo la sua testimonianza, contribuirà a ritardare l’ingresso del prodotto in Portogallo, stante la preoccupazione sugli effetti della bevanda ingenerata nei burocrati del Ministero della salute.
Gabriele D’Annunzio aveva una passione per il marketing
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Si occupa di marketing con successo Gabriele D’Annunzio. A lui si devono nomi di prodotti come la penna Aurora o il biscotto Saiwa e slogan per marchi celebri.
Ma la pubblicità più fortunata è quella che esercita per dare luce al suo esordio letterario, Primo Vere (pubblicato dalla casa editrice Carabba nel 1912 e nel 2013): invia infatti alla Gazzetta della Domenica di Firenze l’annuncio della sua morte in seguito a una caduta da cavallo. La notizia attrae l’attenzione dell’opinione pubblica che viene aumentata all’atto della pubblicazione della disdetta. L’autore è vivo e annuncia la sua prima opera poetica suscitando inevitabile curiosità. E dando inizio alla creazione di un mito personale cui contribuirà per l’intera esistenza.
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Gli inizi giornalistici di Monica Dickens
Tra i tanti esempi di inizi giornalistici merita senz’altro una citazione quello di Monica Dickens. La celebre pronipote di Charles Dickens racconta in un libro (Il mio turno per il tè, edito da Elliot nel 2016) l’esperienza in un giornale di provincia nell’Inghilterra dei primi anni Cinquanta, tra resoconti di sagre di paese ed eventi mondani di dubbia importanza che delineano però con sagacia l’epopea della società britannica dell’epoca.
I Fratelli Grimm erano studiosi di germanistica
Infine i fratelli più celebri della letteratura per ragazzi. Dire fratelli Grimm significa, nell’immaginario comune, pensare alle fiabe con tanto di principesse in pericolo, creature magiche, luoghi incantati. Ora le favole che tutti conosciamo erano per i Grimm testimonianze storiche e linguistiche, raccolte in un libro e utili allo studio dell’antichità tedesca. Qualcosa di molto diverso da quanto generalmente percepito e certo molto meno poetico. Ma la storia, si sa, segue vie spesso tortuose. Così i due illustri filologi e germanisti sono entrati nell’affetto di intere generazioni di bambini e adulti riconoscenti, molti dei quali non penserebbero mai di accostare il resto del loro vasto panorama letterario: Jacob è stato fondatore della germanistica moderna e a lui si deve una Storia delle lingue germaniche. Con il fratello scrive un Vocabolario tedesco che richiede nove anni di lavoro. Oltre a scritti storici e giuridici e una legge, quella di Grimm, che regola i mutamenti delle consonanti peculiari delle lingue germaniche. Per i profani è meglio, in fondo, ricordarli per l’intraprendenza di Rapunzel o le vicende del principe ranocchio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le passioni più strane degli scrittori che (forse) non conosci
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