Tutti conoscono Dante: molti lo studiano, altrettanti lo citano, con cognizione di causa oppure no; alcuni cantanti hanno saccheggiato i suoi versi più famosi. Eppure quanti sono al corrente che probabilmente il capolavoro di Dante non ha ricevuto un titolo dall’autore? E quanti conoscono il significato del termine Commedia secondo Dante?
Questa curiosa storia merita di essere raccontata.
La storia dietro il titolo della Divina Commedia
Il manoscritto autografo originale del poema di Dante è andato smarrito, quindi il testo della Commedia ci è giunto attraverso copie manoscritte spesso divergenti.
Ritroviamo la testimonianza più importante del titolo dell’opera nell’Epistola XIII rivolta a Cangrande della Scala, dove Dante annunciava rilascia importanti dichiarazioni a riguardo, affermando che:
«Libri titulus est: "Incipit Comoedia Dantis Alagherii, Florentini natione, non moribus".»
trad. Il titolo del libro è "Incomincia la Comedìa di Dante Degli Alighieri, fiorentino di nascita, non di costumi".
I punti interessanti sono due:
- La lectio ufficiale adottata dalla filologia dantesca è Commedia, un termine che nella versione "comedìa" compare in due passi dell’Inferno in relazione all’intera opera.
- Pertanto è lo stesso Dante a denominare così il suo capolavoro.
Cosa significa Commedia al tempo di Dante?
Nel medioevo il termine commedia non indica solo un genere letterario o teatrale, come verrebbe da pensare di primo acchito, perché indica uno stile medio, tra quello sublime della tragedia e quello basso dell’elegia per usare un lessico necessariamente tecnico.
Occorre tornare all’Epistola XIII per comprendere la posizione di Dante.
Secondo Dante, la Commedia è un testo poetico strutturalmente diverso dalla tragedia. Questa, infatti, dopo un esordio tranquillo si avvia verso una conclusione luttuosa. Di contro la struttura della commedia è di segno opposto: inizio difficile e pauroso - lieto fine. Il ragionamento non fa una piega.
Subito dopo aver individuato la differenza strutturale tra tragedia e commedia, Dante esamina le differenze lessicali: tanto è alto e sublime il linguaggio della tragedia, tanto quello della Commedia è dimesso e umile. Non vuol dire trascurato, come vedremo più avanti.
Come chiude Dante il suo ragionamento per argomentare che la sua opera, ciò detto, rientra a pieno titolo nella Commedia? Guardiamo le prove:
- dal punto di vista strutturale l’opera ha un inizio difficile e un lieto fine;
- dal punto di vista linguistico, il linguaggio è umile perché si tratta del volgare. Dunque "la presente opera si può definire Commedia."
Perché oggi la chiamiamo Divina Commedia?
Ora che abbiamo imparato il significato tecnico del termine Commedia, torniamo ad occuparci del titolo. Se Dante la chiama semplicemente Commedia, perché noi la chiamiamo Divina Commedia?
Per "colpa" e "merito" di Boccaccio, fan sfegatato del sommo poeta, che nel Trattatello in laude di Dante usa l’aggettivo "divino" in relazione all’argomento soprannaturale.
Eransi Iacopo e Piero, figliuoli di Dante, de’ quali ciascuno era dicitore in rima, per persuasioni d’alcuni loro amici, messi a volere, in quanto per loro si potesse, supplire la paterna opera, acciò che imperfetta non procedesse; quando a Iacopo, il quale in ciò era molto più che l’altro fervente, apparve una mirabile visione, la quale non solamente dalla stolta presunzione il tolse, ma gli mostrò dove fossero li tredici canti, li quali alla divina Comedia mancavano, e da loro non saputi trovare.
L’ultima sorpresa è che l’aggettivo "divino" usato dal Boccaccio non solo compare per la prima volta nel titolo nel 1555, ma nei secoli viene percepito come un omaggio alla qualità artistica di quella che è per tutti la Divina Commedia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Perché la Divina Commedia si intitola così?
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