Anatomia del potere. Orgia, Porcile, Calderón. Pasolini drammaturgo vs. Pasolini filosofo
- Autore: Georgios Katsantonis
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
In Anatomia del potere (Metauro, 2021) Georgios Katsantonis attraverso le tragedie Orgia, Porcile e Calderón si interroga sulla storicizzazione e politicizzazione del corpo nel teatro pasoliniano. L’autore elegge un canone breve ma esatto, comprendente tre testi che pertinentizzano "il corpo in preda al desiderio sadomasochistico (Orgia), il corpo con la sua viscerale motivazione erotica che sconfina nella zooerastia (Porcile), il corpo imprigionato, tra scissione e visionarietà (Calderón)".
In tutte queste tre opere i rituali della crudeltà sadica (impiccagione, divoramento, imprigionamento) si svolgono secondo un allucinato realismo e una struttura rigorosamente definita dal corpo. Il corpo che si spreca o si disperde nello spazio è fortemente sessualizzato anche se la voce che lo descrive segue la via del patetico.
"Pasolini pone nel cuore del teatro moderno un principio di disordine o di trasgressione che buca la rappresentazione con una serie di tagli, che si chiamano violenza, morte, sessualità, potere". (pag. 24)
In Orgia, partendo dalla lettura della Philosophie dans le boudoir l’autore rileva come l’impianto dialogico della tragedia, nelle scelte lessicali, nell’organizzazione della frase, nelle certe descrizioni legate agli atti sessuali, sia prefigurato dalla scrittura sadiana.
"Il confronto con la Filosofia nel boudoir è funzionale nella misura in cui si tratta di comprendere qual è la specifica direzione verso la quale Pasolini è intenzionato a far procedere il discorso erotico. Da un lato le torture associate all’erotismo sono rinconfigurate nelle forme sadiane di «dolore/ piacere», «profanazione», «animalizzazione», «morte»; dall’altro, il modo in cui queste vengono adottate dal poeta-regista è completamente diverso. Sade è sicuramente l’intertesto possibile, ma non il suo sadismo". (pag. 24)
L’evidente matrice sadiana nell’erotismo caratterizzata da un taglio più sado-masochista, viene ripresa, rimanipolata, contraffatta e utilizzata a esaltare l’economia mortifera della sessualità falsificata nella società borghese.
L’Eros viene a sovrapporsi totalmente alla morte e la metafora sessuale si spoglia da ogni smania di desiderio e di godimento. Il desiderio è effettivamente assente; e questo vuoto viene riempito dalla parola.
"Il sadomasochismo in Orgia si libera di ogni veste o maschera filosofica: costituisce la negazione più evidente dell’Eros, la caricatura, la farsa. Se il libertinismo sadiano si presenta come un atto rivoluzionario di libertà, nel sadomasochismo moderno di cui parla Pasolini la libertà perde ogni suo fondamento. L’uomo libero, illuminista e libertino di Sade si è trasformato, nella società contemporanea, in schiavo della propria perversione, soggiogato anche dagli stessi strumenti che lo sviluppo, la crescita della ricchezza e il circuito produzione-consumo gli hanno dato. Si potrebbe dire che la massima della Philosophie dans le boudoir «ho il diritto a godere del tuo corpo» diventi in Orgia «ho il diritto a usare del tuo corpo»; e c’è da chiedersi se non sia questo un punto di partenza per lo scenario apocalittico immaginato da Pasolini in Salò". (pag. 108)
Nella tragedia successiva, Porcile, Katsantonis si sofferma sul tema narrativo della zoofilia, la cui potenza evocativa e ricchezza simbolica poco si presta a essere soffocata in una lettura paralizzante contraffatta e identitaria che rimandi all’omosessualità dello scrittore.
"Nella sua complessità polisemica l’animale in Porcile è il luogo in cui svelare i meccanismi su cui poggia la società capitalistica. […] Pasolini crea un parallelo tra l’assoggettamento degli animali e l’assoggettamento degli uomini sotto il segno di un destino apocalittico. Alla luce di tale equazione ogni cosa, vale a dire elemento del mondo naturale (uomini, animali, terra) apparirà nella sfera dell’essere producibile e consumabile. E naturalmente l’uomo, inteso come un produttore e consumatore, sarà a sua volta consumato dall’edonismo del potere consumistico. Il sistema di allevamento dei maiali appare come il «sistema di educazione» in cui consiste il nuovo Potere; dove l’«educazione» va intesa come addestramento e allevamento che presuppongono l’uniformarsi al volere del potere, all’omologazione totalitaria del mondo". (pag. 156)
Si può dunque supporre che Pasolini, nel clima di addomesticamento cui sono sottoposti gli individui nella società industriale, volesse sottolineare che l’uomo è animale politico perché parla: sono la comunicazione e il linguaggio a gettarlo nella polis. Imparare a parlare significa cominciare a obbedire alle leggi non scritte della Città. Più precisamente, significa cominciare a prendere partito, ad appartenere e a escludere, a tracciare dei confini. È dunque il linguaggio che ci consente di abitare nel regno del politico. A quest’abitare, se libero, deve essere concesso di esitare. In questo senso, il linguaggio è un dono ma anche legame e obbligo perché come il dono, come il dovere, il linguaggio fonda la communitas. Quando la consapevolezza di chi parla, la sua libertà e la sua opposizione dialettica sono eliminate dal Potere, alla communitas si sostituisce il porcile, agli uomini i porci. Non stupisce perciò che metafora trasversale della drammaturgia di Pasolini sia quella dell’essere mangiato.
"La ritualità è basata su atti come il divoramento, il taglio, lo smembramento, la divisione operanti sul corpo, atti che non hanno solo un carattere profondamente sacrilego, ma sono metafore che svelano i meccanismi su cui poggia la società capitalistica. Lo smembramento del corpo dell’uomo non è un risultato del capitalismo moderno, piuttosto il capitalismo moderno è un prodotto della frammentazione e dello smembramento". (pag. 178)
Calderón, opera che viene posta in dialogo con La vida es sueño di Calderón de la Barca e con Un sogno di August di Strindberg, per rilevare alcune analogie nella struttura drammaturgica dell’assioma "sogno-prigione". In Pasolini questa prigionia ha come esito le continue metamorfosi del potere, in Calderón de la Barca è trasfigurata da una spietata pedagogia del terrore, in Strindberg ha invece il carattere di "transito". Da rimarcare è soprattutto l’accostamento a Goffman. Allontanandosi dalla linea foucaultiana, l’autore ha cercato di mettere in evidenza i rituali di interazione cui Rosaura è sottoposta. Pasolini ricontestualizza i processi di gerarchizzazione e di controllo che assoggettano l’individuo. Secondo Katsantonis al centro della scena di Calderón non c’è dunque il corpo che parla la lingua dell’inconscio, ma il corpo preso, sequestrato e segregato dall’esercizio di un potere che non ha niente da invidiare a Hitler. Il confronto ha fatto emergere anche un ulteriore aspetto inedito: Pasolini non si limita a sottolineare come il potere, cioè il discorso istituito dall’altro, possa agire sul corpo e fabbricarlo, ma denuncia anche quanto esso pretenda di riscrivere la storia e la cultura di quel corpo facendo tabula rasa del suo passato.
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