Anno Domini 448
- Autore: John Henry Clay
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2016
Tutti andavano ad Arles, a quei tempi, nell’ “Anno Domini 448”, romanzo storico pubblicato a giugno da Newton Compton editori (pp. 510, euro 9,90), per la firma di John Henry Clay, docente di storia all’università di Durham, ex ricercatore all’Accademia Austriaca delle Scienze di Vienna e già autore di “Anno Domini 367” (sempre Newton, 2013).
I protagonisti della narrazione convergono verso la bella capitale della Gallia narbonense, una piccola Roma transalpina. Sono giovani di famiglie diverse, con caratteri e virtù diverse, ma che si riveleranno complementari nel determinare le vicende raccontate.
Da Bordeaux arriva Arvando, 16 anni, l’unico non falcidiato dalle malattie infantili in una famiglia plebea di origini patrizie, caduta in disgrazia per l’avidità dei Ponzi, influente gens del regno dei Goti. Ha studiato retorica e sebbene piccolino di statura sa tirare fuori una voce stentorea, dal tono convincente. In lui, un ricco uomo che preferisce restare in incognito ha individuato qualità che gli hanno suggerito di finanziare la continuazione degli studi ad Arles. Il benefattore misterioso ha notato la capacità del ragazzo promettente di cogliere il volere della folla e di orientare la massa a proprio vantaggio. In più, possiede un senso innato della giustizia. Sono doti che è raro trovare tanto spiccate in un solo individuo.
La città dell’Alto Tirreno è anche la meta di un altro giovane romano, Ecdicio, che però vi si reca a malincuore. Il padre, esponente dei nobili Filagri, molto rispettato per il passato bellico, lo ha inviato a completare gli studi di retorica, dopo un’esperienza poco brillante nell’esercito: lo avevano scosso fortemente gli stupri delle donne franche consumati dai legionari, sul campo di battaglia ancora insanguinato. La nausea lo aveva piegato proprio davanti al comandante, il conte Ezio, che lo aveva cacciato su due piedi, ritenendolo inadatto alle armi. Non si dà pace d’essersi mostrato debole ed è tuttora tormentato da quelle scene violente, ma ad Arles comincia a recuperare stima di sé, in compagnia del cugino minore Sidonio (sono affidati insieme allo zio Ferreolo).
A loro si accosta Arvando, che a sua volta ha stretto una leale amicizia con due colossi germani, i fratelli Gunther e Guntram, robusti Turingi, molto utili in certe situazioni che possono verificarsi di frequente tra vicoli bui e bettole mal frequentate.
Sempre per volere paterno, Ecdicio è raggiunto dalla sorella Attica, una quattordicenne sveglia e matura, promessa sposa dell’aristocratico Felice e già questo matrimonio “al buio” offre una testimonianza della condizione femminile sul finire dell’impero. Alla maggiore Papianilla, Attica obietta che una donna non può mai considerarsi libera, visto che le è negato partecipare alla vita politica, guidare un esercito, giudicare in tribunale e scrivere leggi. Tuttavia, secondo la piccola e volenterosa futura signora resta alle donne una via di successo:
“gli uomini, sono loro il podio su cui salire per conquistare il mondo”.
Ai confini, il mondo di Roma e delle sue turbolente province europee è minacciato da un pericolo mortale. Il condottiero unno Attila, dopo aver devastato le terre d’Oriente, sta ammassando le sue orde per spingersi verso i ricchi territori occidentali. I campi della Renania nereggiano dei suoi cavalieri. Dalla gente, gli Unni vengono descritti come creature deformi, guidate da una sete bestiale di sangue, che vivono in sella ai loro cavalli e sono privi di qualsiasi conoscenza, tanto che non praticano in alcun modo l’agricoltura e non conoscono la vita stanziale. Pare si nutrano di carne mezza cruda e che abbiano la consuetudine di deturpare il volto dei figli per farli crescere sfigurati e senza barba. Avevano già messo in ginocchio le terre d’Oriente, che pure vantava ricchezze e guerrieri innumerevoli, ora si rivolgevano verso un’Occidente diviso da decenni e già pieno di barbari. Non si annunciavano tempi facili.
John Henry Clay è molto abile nel descrivere un impero al tramonto. Particolari e dettagli del modo di vivere a metà del V secolo sono distribuiti efficacemente nel vivo del racconto delle avventure di quei giovani e dei grandi eventi della storia di allora. Un mondo doppio: due imperi; un imperatore, Valentiniano e un re Teodorico; due società, quella romana e quella gotica, unite davanti ad una minaccia mortale.
Un mondo che non è più solo romano ma che non può ancora fare a meno di Roma e che sembra più vicino alle rovine che ai fasti della civiltà millenaria fiorita sui sette colli.
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