Assalto all’impero
- Autore: Alessandro Leopizzi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2022
Tre testi di diritto, pubblicati da una casa editrice nazionale specializzata, e ora un romanzo storico, il primo di Alessandro Leopizzi, ambientato nel penultimo secolo dell’impero di Roma antica.
Nulla da contestare alle depenalizzazioni, le indagini preliminari e le sanzioni pecuniarie civili, oggetto delle fatiche precedenti del magistrato toscano, ma preferiamo parlare del frutto della sua immaginazione e conoscenza storica: Assalto all’impero, in prima edizione a maggio per i tipi Newton Compton (2022, Roma, collana “Nuova Narrativa Newton”, 316 pagine).
Da quanto si apprende nei brevi appunti biografici forniti dalla casa editrice romana, Alessandro Leopizzi è nato a Orbetello nel 1970, laureato in giurisprudenza a Firenze ha superato nel 1995 il concorso in Magistratura, dopo un impegno giovanile negli uffici del Senato e nella Bicamerale per le riforme istituzionali. Avviata l’attività nel pianeta giustizia in giro per l’Italia, si occupa attualmente di risorse umane nella Pubblica Amministrazione.
Più generose, nelle note conclusive, le sue indicazioni sui testi da segnalare ai lettori per approfondire quanto trattato nella narrazione. Se l’ottimo Paolo Mieli chiede di citare solo tre libri ai docenti ospitati nella sua trasmissione “Passato e presente” su Rai Storia, il dottor Leopizzi è prodigo d’informazioni bibliografiche. Dalle opere dell’ultimo grande storico di Roma, Ammiano Marcellino, a Iordanes e a Zosimo tra gli autori del passato, suggerisce quanto ai moderni Herwig Wolfram e Peter Heather, oltre ai nostri Alessandro Barbero e Franco Cardini.
Passando alla fase storica cara al magistrato neoscrittore nel romanzo d’esordio (un esercito invasore, un popolo in fuga, un impero sull’orlo del baratro), va detto che dove non riuscirono gli Alemanni poterono i Goti. Schiacciante l’esito, nel 378 d.C., della battaglia in Tracia ad Adrianopoli (ora Edesia, nella Turchia europea), a danno dell’imperatore d’Oriente Valente e gloria dei barbari di Fritigerno, che premevano da nord-est sui confini europei della Romanità.
Leopizzi precisa che il libro affronta la prima fase della guerra gotica del 376-382, una “tempesta perfetta” che si abbatte contro un impero non privo di problemi, ma la cui classe di governo credeva di avere superato la grave crisi in Gallia e riportato l’ordine dappertutto, o quasi. Una ventina d’anni prima, i Romani avevano sbaragliato ad Argentoratum (Strasburgo) i pur soverchianti guerrieri alamanni, mentre un’altra bellicosa confederazione germanica si stava affacciando e nel secolo seguente causerà la fine dell’impero.
Quanto all’esercito di Roma, era diverso da quello della Repubblica e del Principato, con i centurioni rimpiazzati dai centenari e le legioni - che avevano abbandonato pilum e gladio - affiancate da reparti con la più varia composizione e denominazione (unità palatine, limitanee, comitatensi, pseudocomitatensi). Si tratta ormai di una forza promiscua, combattenti di etnie diverse. A metà del IV secolo, del resto, il Senato è per metà costituito da figli di immigrati, come tre quarti dei generali e degli ufficiali. E quasi gli interi reparti.
Tra poco, Marco, di puro sangue latino saremo rimasti solo tu e io, fedelissimi e romani.
Osserva amaramente il comandante dei Batavi, Flavio Lupicino, rivolgendosi al veterano Balbo.
Quelli in cui agiscono i quattro protagonisti principali del romanzo sono tempi amari e spietati per tutti, comprese le donne, preda dei guerrieri e i bambini, cenciosi e trascurati.
Due comprimari li conosciamo nelle prime pagine, il vitale tribuno cinquantenne Marco Balbo e un giovane ufficiale imberbe, Lucio Quinziano. Raggiungono i confini di Roma sul Danubio, nell’attuale Bulgaria, per fronteggiare le masse che cercano di passare nei ricchi territori dell’impero. Sono popoli indomabili, di origini settentrionali, come i Greutungi e i Teruingi, del re barbaro Frithugairns (Fritigerno), credono negli dei norreni e nel Ragnarock, la fine del mondo, preceduta dal Fimbulvetr, un inverno lungo tre anni, in cui ogni ordine sarà infranto.
Gli unici personaggi principali inventati di sana pianta, precisa Leopizzi, sono la guerriera teruingia Vanadis e il fratello Fravitta, i già citati Lucio Quinziano e Marco Balbo, col suo amore irrisolto per Valeria Serena, dama di corte e favorita della regina. Nella seconda parte del romanzo, Balbo incarna spesso le azioni dei magistri Saturnino e Sebastiano e Domizio Modesto - personaggi storici autentici - e si ispira in parte al coltissimo giurista omonimo e politico pagano, poi convertito all’arianesimo. Tutti gli altri nel libro sono davvero esistiti e in linea di massima hanno fatto quanto si legge.
Oltre ai Goti, si affacciano gli Unni. Per i biondi nordici, sono “musigialli partoriti dal cuore maledetto delle grandi pianure” orientali, nomadi che qualche anno prima hanno invaso le terre degli Alani e poi dei Greutungi.
Il volitivo Fritigerno conta di ottenere da loro cavalieri e arcieri. Chiederà di averli alleati, al di qua del grande fiume, come sono stati nemici dall’altra parte. L’unno Attila nascerà vent’anni dopo la guerra gotica, nipote di Uldin, che si affaccia in queste pagine. Il nome stesso è gotico: significa “Piccolo Padre”, diminutivo di atta, padre.
Assalto all'impero. Un esercito invasore. Un popolo in fuga. Un'impero sull'orlo del baratro
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Assalto all’impero
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