Avevi detto che era per sempre
- Autore: Trish Doller
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2022
Sono le emozionanti pagine di Avevi detto che era per sempre (Sperling & Kupfer, 2022; traduzione di Maria Cristina Virgilio) a offrirci l’immagine di una scrittrice, Trish Doller, che nutre profondo rispetto per il tema del dolore - una profonda sofferenza tanto emotiva quanto fisica -, forse il vero protagonista della storia narrata, consegnandocelo come una vivida lente di ingrandimento attraverso la quale è necessario guardare, uno strumento fondamentale e inevitabile nel quale addentrarsi per osservare al meglio la nostra esistenza, potendo così comprendere maggiormente il nostro percorso di vita, sia trascorso sia presente.
Una copertina suggestiva, la cornice perfetta per tutto ciò che sembra evocare un senso di libertà e di magia, romanticismo e passione.
Un titolo indubbiamente evocativo, che preannuncia uno dei tanti “tradimenti della vita”, quei momenti inaspettati e delicati in cui la vita sceglie di tradirti, perché fede e speranza sembrano dimenticarsi di te, improvvisamente calpestate da eventi che sfuggono alla propria volontà e a ogni senso e logica.
Due dolori profondi, seppur di natura differente, per destino si allineano fino a incontrarsi in questa emozionante storia, un vero e proprio caleidoscopio di sentimenti, un intimo percorso all’interno dei personaggi che tocca varie tappe, passando dalla sofferenza, la delusione, la frustrazione e l’impotenza, fino a toccare con mano forza, coraggio e un rinnovato amore per la vita.
Anna, la protagonista, è vittima del trauma ricevuto dall’improvvisa morte – suicidio – del proprio compagno Ben, mentre Keane è reduce da un terribile incidente – un arto del corpo è stato sostituito da una protesi bionica.
Le loro vite si incrociano e si completano durante la traversata in mare di Anna - quella che avrebbe dovuto compiere con Ben -, quando dopo i primi sforzi compiuti lei si rende conto di aver bisogno di un valido aiuto da parte di una persona competente, che conosce bene il mare.
Mi si ferma il respiro quando mi rendo conto che Keane Sullivan è la persona che Ben cercava di essere.
Ѐ così che Keane Sullivan, un marinaio professionista di origine irlandese, risponde all’appello di Anna offrendosi come volontario e seguendola in quello che diventerà non solo un viaggio in barca a vela verso i Caraibi, fatto di difficoltà e momenti di relax, ma un vero e proprio viaggio nelle loro vite, in ciò che il passato ha riservato loro e in ciò che il destino saprà donare a entrambi.
L’iniziale attrazione fisica fra i due protagonisti lentamente sfocerà in un sentimento più profondo, attraverso la condivisione fisica ed emotiva di istinti e impulsi, nostalgie e ricordi, aspettative e sogni, intime confidenze, all’insegna di un viaggio metaforico di pura “rinascita”, verso il recupero di sé stessi, di ciò che siamo, desideriamo realmente e sentiamo di meritare.
Un giorno le stelle si allineeranno. E non penserai a Ben, e il prossimo uomo, chiunque sia, sarà un bastardo fortunato.
Se da un lato avrei apprezzato il ricorso da parte dell’autrice a un’introspezione psicologica più approfondita, di più ampio respiro, dall’altro ho gradito molto un aspetto della trama, un piccolo "dettaglio strutturale" sul quale ho riflettuto più volte nel corso della lettura: la traversata in mare da parte di Anna viene intrapresa grazie a una notifica del suo cellulare che, come una sorta di "sveglia", a distanza di quasi tre anni un giorno le ricorda l’appuntamento - mancato - con il viaggio in barca a vela intorno al mondo organizzato insieme a Ben e di cui se ne è completamente dimenticata.
Ci siamo, Anna! Oggi noi due prendiamo il largo!
Non saprei quale possa essere l’eventuale chiave di lettura che l’autrice ha voluto offrire ricorrendo a questo particolare elemento della trama, ma intravedo dietro la scelta di quest’ultimo un messaggio ben preciso: un giorno il passato potrebbe bussare alla nostra porta perché ha ancora qualcosa da dirci o da lasciarci, ciò che abbiamo alle spalle potrebbe presentarsi ancora una volta sotto la veste di un appuntamento con il destino - e con il nostro io più profondo -, negatoci a suo tempo dall’intervento di forze o volontà a noi estranee e incomprensibili.
La notifica di un cellulare - evento di per sé apparentemente "banale" - potrebbe costituire un anello di congiunzione temporale fra passato e presente, una sorta di richiamo alla complessità e alla profondità della vita, un esplicito invito a vivere, per la seconda volta ma secondo modalità e incognite differenti, quel "delicato e doloroso limbo" tutto nostro e ormai trascorso, affinché possiamo acquisire gli strumenti necessari per comprenderlo fino in fondo, metabolizzarlo e finalmente accettarlo, e nel maturare nuove consapevolezze poter vivere al meglio il nostro presente e futuro prossimo.
L’idea del "ritorno" - a volte sotto forme diverse, a volte no - di un evento passato, di un particolare momento lasciato a suo tempo in "stand-by", il concetto di qualcosa a noi conosciuto e rimasto in sospeso che si affaccia nuovamente nella nostra vita, perché possa aiutarci ad abbattere barriere emotive e a superare ostacoli psicologici, per poter affrontare al meglio il nostro presente, è un aspetto che mi ha davvero conquistato.
Resta pur sempre il mio personale punto di vista, una chiave di lettura che desidero offrire a questo bellissimo romanzo.
Avevi detto che era per sempre
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