La novella C’è qualcuno che ride di Luigi Pirandello, pubblicata sul “Corriere della sera” il 7 novembre 1934 e poi nella raccolta postuma Una giornata (Mondadori, Milano, 1937), s’inquadra nella satira politica.
La novella, che piacque a Leonardo Sciascia, esprime con l’andamento satirico del riso l’avversione di Pirandello al conformismo e all’autoritarismo del regime fascista che si avventurava alla Seconda guerra mondiale e allo schieramento a fianco del nazismo.
Scopriamone trama, analisi e commento.
“C’è qualcuno che ride” di Luigi Pirandello: temi, trama, analisi
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Ecco la trama. Mentre si svolge una riunione in un insolito ambiente (una festa da ballo, di cui gli invitati non sanno il motivo dell’invito), si ode una voce che dice:
C’è qualcuno che ride […] Chi osa ridere?
Tutti si voltano per rendersi conto di chi possa essere a ridere. Non manca qualche sorriso di compiacenza dal momento che lo svolgimento della riunione, “molto seria”, evoca il tempo di carnevale.
L’ironia è finemente tagliente:
C’è difatti sulla pedana coperta da un tappeto nero un’orchestrina di calvi inteschiati che suona senza fine ballabili, e coppie ballano per dare alla riunione un’apparenza di festa da ballo, all’invito e quasi al comando di fotografi chiamati apposta.
Circola un’aria di sospetto; a stento si contiene la diffidenza, mentre “occhiate alle spalle s’allungano oblique” e appena scoperte “si ritraggono come serpi”. Nessuno sa il motivo della riunione e, di tanto in tanto, qualcuno è chiamato in una sala segreta, lasciando tutti in un “ansioso sbigottimento”:
Si cerca di desumere dalle qualità di chi è stato chiamato e dalla sua posizione e dalle sue aderenze che cosa di là possa essere in deliberazione, e non si riesce a comprenderlo perché, poco prima, è stato chiamato un altro di qualità opposte e d’aderenze affatto contrarie.
Il mistero aleggia su ciò che succede; gli animi sono in fermento e si diffonde come un incubo.
C’è aria di commedia tra i presenti e tutti vorrebbero dare la caccia a chi ride:
Ma c’è veramente questo qualcuno che seguita a ridere, nonostante la voce che serpeggia da un pezzo in mezzo alla riunione? Chi è? Dove? Bisogna dargli la caccia, afferrarlo per il petto, sbatterlo al muro, e, tutti coi pugni protesi, domandargli perché ride e di chi ride.
L’attenzione cade su una ragazzona, sedicenne, che in un angolo della sala “si buttava via dalle risa”. Pare sia inseguita, di sala in sala, da un bel giovanotto che ride anche lui come un pazzo. Poi la scoperta di un terzo, la cui descrizione è caricaturale:
… il naso gli ride più della bocca, e gli occhi più della bocca e del naso, e gli ride il mento e gli ride la fronte, gli ridono perfino le orecchie.
Nessuno li conosce, ma il narrante sa che questi è il padre di quei due ragazzi: agiato signore che vive in campagna con la figlia, mentre il figlio studia in questa città. Scandalose le loro risate in mezzo a tanta serietà! La narrazione è tutta centrata sull’umorismo con attenti dettagli.
Pirandello mescola nel racconto l’osservazione e il grottesco con particolare abilità. È un campionario di situazioni e di tipi umani che affiora in un’atmosfera di inquieto e di inquietante, di mediocre e di banale.
Ogni momento ha la doppia faccia di apprensione e di comicità. Ma ecco che il comico si rovescia nel tragico quando tutti, atterriti, si accorgono di un’apparizione “in un crescente sbalordimento”:
I tre maggiorenti quelli che, proprio per loro e non per altro, s’erano riuniti a consulto in una sala segreta, proprio per la voce che serpeggiava del loro riso inammissibile a cui han deliberato di dare una punizione solenne e memorabile, ecco, sono entrati dalla porta di mezzo e sono avanti a tutti, coi cappucci del domino abbassati fin sul mento e burlescamente ammanettati con tre tovaglioli, come rei da punire che vengano a implorare da loro pietà. Appena sono davanti al divano, una enorme sardonica risata di tutta la folla degli invitati scoppia fracassante e rimbomba orribile più volte nella sala. Quel povero padre, sconvolto, annaspa tutto tremante, riesce a prendersi sotto braccio i due figli e, tutto ristretto in sé, coi brividi che gli spaccano le reni, senza poter nulla capire, se ne scappa, inseguito dal terrore che tutti gli abitanti della città siano improvvisamente impazziti.
C’è certamente in questa novella la parodia dell’esaltazione della forza che si manifesta anche nella volontà di colpire ciò che è banale: una innocua risata suona di offesa alla solennità d’una riunione, che peraltro solenne non era affatto. Scatta subito la punizione nei riguardi di chi innocentemente si pone fuori dai supremi principi; la sopraffazione, unitamente alla censura, così è l’unica via presente nella dittatura in cui soltanto il conformismo è ammesso.
“C’è qualcuno che ride”: la satira politica di Pirandello
Lo sguardo dello scrittore ha colto questi aspetti con particolare sagacia, rivelati con ironia.
Pirandello sa quale è la verità dell’Italia e la manifesta con una fantasticheria dolceamara; sa quanto inattuale e controcorrente sia la sua inventività in un Paese attraversato dalla follia del fascismo rispetto al quale la risata è l’unica reazione possibile.
A nessuno è consentito ridere in un’adunata speciale:
Se uno si mette a ridere e gli altri seguono l’esempio, se tutto quest’incubo frana d’improvviso in una risata generale, addio ogni cosa!
Leonardo Sciascia, in uno scritto intitolato Commedia, in cui parla degli aspetti comici del fascismo (le sue adunate, i suoi riti, il suo linguaggio, la sua esaltazione della giovinezza e della sua virilità, la sua moltiplicazione delle cariche di regime, i suoi grandi e piccoli gerarchi estratti da una sempre più squallida e squallidamente fanatica umanità) ha scritto:
La risata che Pirandello fa esplodere sulle colonne del Corriere della sera, nel 1934, può anche segnare il momento, la data in cui alcuni italiani rompono la crosta del consenso e scoprono il rovescio comico della terribilità.
Non c’è migliore annotazione per mostrare l’avversione di Pirandello al fascismo che si rivela in cui alcuni suoi scritti fondamentali.
Specificamente nel mito teatrale I giganti della montagna, malgrado le oscure, ignote motivazioni che lo indussero a chiedere la tessera del fascio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “C’è qualcuno che ride” di Luigi Pirandello: analisi e commento della novella
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