Calvino
- Autore: Nunzia Palmieri
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Italo Calvino (1923 - 1985) è uno dei più grandi scrittori di statura nazionale e internazionale ascrivibile al realismo fantastico, al pari del premio Nobel Gabriel Garcia Marquèz, con le dovute differenze di stile.
Calvino preferisce la brevità dei testi, la limpidezza e la secchezza del linguaggio, intessuto di allegorie.
Privilegia l’immagine al costrutto teorico, rifugge da ideologismi dichiarati. Credo sia questa la sua fortuna letteraria nel mondo, lascia il lettore libero di trarre le sue conclusioni. Considera la letteratura come pura arte del guardare e si concede continui sconfinamenti nelle scienze più svariate, dalla botanica all’architettura all’astronomia, restando nel campo della fiaba con leggerezza e umorismo.
Un bel mix di affascinante prossimità all’uomo della strada, a noi postmoderni ma pure all’uomo di sempre, l’uomo universale indagatore di tutto.
Ce ne dà visione la monografia Calvino (Pelago, pp.167, 2021) curata da Nunzia Palmieri.
Una dichiarazione dello scrittore esprime tutta la sua poetica:
L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose.
La scrittura diventa simbolica in sommo grado, ma conserva un nitore, un rigore logico particolare, derivato anche dall’ambiente familiare da cui Calvino proviene.
I suoi genitori erano due scienziati, entrambi accademici, il padre agronomo e la madre botanica. Il critico e scrittore Ernesto Ferrero dice di lui che a quarant’anni era già un mito e fin dal primo libro un maestro "per la qualità geometrizzante della sua fantasia".
L’artista è stato un giovanissimo partigiano nella Brigata Garibaldi. Racconta questa esperienza nel primo romanzo "Il sentiero dei nidi di ragno", uscito per Einaudi nel 1947, in cui il ragazzino Pin vive la Resistenza con occhi incantati, pur assistendo a episodi atroci.
All’origine il libro consisteva in una raccolta di racconti; è stato Pavese, suo amico e mentore, a suggerire di trasformarli in romanzo. Calvino all’inizio recalcitrante poi accetta l’idea. Rispetto alla produzione neorealista, afferma Palmieri:
"La rappresentazione della realtà è sempre situata sullo sfondo di un mondo immaginato o trasfigurato."
Resta celebre una frase del Nostro:
"Io credo in questo: le fiabe sono vere".
Infatti cura l’edizione per Einaudi delle antiche Fiabe italiane. Lavora con la prestigiosa casa editrice per trent’anni.
Sotto il suo marchio pubblica La trilogia degli antenati, tre libri di immaginazione strepitosa: Il visconte dimezzato da una palla di cannone. Dell’uomo infatti sopravvive la sua parte sinistra, quella malvagia, ma poi miracolosamente il visconte viene riattaccato alla parte sinistra buona da un medico. Allegoria del bene e del male presente in ciascuno. Il libro esce nel 1952.
Segue Il barone rampante, 1957. Il barone ribelle alla tradizione familiare decide di vivere per sempre sugli alberi. Siamo nel ’700, il secolo illuminista e della Rivoluzione Francese. Il libro dà allo scrittore fama internazionale. È un ritorno alla natura.
Il cavaliere inesistente, 1960, è un personaggio che vive dentro una corazza vuota. La metafora allude chiaramente alla vuotezza valoriale dei tempi.
Si salvano dal nulla soltanto i puri, gli ingenui quasi infantili come il protagonista del libro Marcovaldo, un piccolo uomo disadattato in una città industriale.
Nel romanzo La giornata di uno scrutatore, 1963, Calvino pone il protagonista nel Cottolengo, il luogo di degenza di menomati incurabili, anche mostruosi, e qui non c’è bisogno di inventare nulla! Amerigo Ormea deve controllare che non vi siano brogli in questo speciale seggio elettorale. Alla fine della giornata torna a casa trasformato interiormente; comprende che l’unica cosa importante è l’amore.
Nel frattempo nel mondo sono avvenuti due fatti essenziali: nel 1950 Pavese si è suicidato e nel 1956 l’Unione Sovietica ha invaso l’Ungheria. Calvino attraversa una profonda crisi esistenziale, restituisce la tessera al Partito Comunista (Togliatti si schiera a favore degli invasori).
Decide di stabilirsi con la famiglia a Parigi, in ritiro, e vi rimane parecchi anni. Entra in contatto con gli strutturalisti (Raymond Queneau è suo amico) che gli confermano la funzione primaria del linguaggio sul contenuto, la forma del linguaggio scelta è il contenuto stesso.
Tornato in Italia, viaggia ovunque e tiene conferenze. I libro successivi sono studiati nelle università.
il romanzo breve Il castello dei destini incrociati, 1969, pubblicato da Franco Maria Ricci, ha come protagonista… i Tarocchi di Marsiglia; le carte sono il linguaggio figurato di personaggi muti.
Le città invisibili, 1972, danno il resoconto fantastico di Marco Polo e del suo viaggio all’imperatore tartaro Kublai Kan. Calvino attraversa il tempo, la storia, i costumi; le sue invenzioni sono allusioni e visioni del passato e del futuro.
Se una notte d’inverno un viaggiatore, 1979, raggiunge l’apice dell’iper romanzo, in cui i due protagonisti, un uomo e una donna incontratisi in libreria, per varie circostanze sono costretti a ricominciare la lettura dieci volte.
L’autore dà dieci “incipit” del romanzo. Il Lettore (chiamato semplicemente così) e Ludmilla, l’amica per caso che diviene il suo amore, entrano nella trama. Si rompe la distanza tra scrittore e lettore, la letteratura si fa vita. Ciò mi ricorda il teatro di Grotowski.
Con Palomar, 1983, un ruminatore solitario di pensieri, “alter ego” di Calvino, indaga la realtà, frazionandola in eventi sempre più piccoli, in modo quasi maniacale, fino ad arrivare all’inconsistenza materiale, per raggiungere la leggerezza e la trascendenza. Sottolinea Palmieri:
"Ogni contatto fra il soggetto e la realtà sembra limitato alla superficie, ma questa ricerca incessante e fallimentare di Palomar ha un risvolto metafisico, che dalla tassonomia del reale arriva alle domande ultime.”
Esistono risposte definitive? No, perché il cercatore chiarisce:
“Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato.”
Anche lui non fece a tempo a presentare le sue lezioni all’Università di Harvard, dove era stato chiamato nel 1985.
Incarico prestigioso, conferito anche a Borges. Morì poco prima.
Restano le sue Lezioni americane (1988) con l’enunciazione e spiegazione dei suoi criteri stilistici, sintetizzati in cinque punti: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità.
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