Care parole
- Autore: Erica Mastrociani
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
Un intenso e amabile romanzo sulle parole dei propri cari, sulle parole scritte nelle loro lettere, su quelle tramandate, sulla ricerca del senso della vita nel cercare le proprie origini, è il nuovo lavoro di Erica Mastrociani, nata a Trieste da una famiglia di origini pugliesi e toscane. Dirigente delle ACLI, ha pubblicato i romanzi Vittoria e Il tempo era adesso, e ha scritto inoltre opere teatrali e diversi saggi.
Questo racconto è il risultato, parziale e imperfetto, di una lenta, costante e amorosa cura della memoria familiare.
La famiglia è la nostra memoria, radici da custodire e preservare perché ti ricordano sempre chi sei ed è il luogo dell’esperienza e della speranza.
La città di Trieste all’inizio del Novecento era al culmine del suo sviluppo. Attrasse, durante tutto l’Ottocento e nei primi anni del Novecento, una costante immigrazione proveniente dalle regioni del Sud.
Una città borghese prospera nel commercio, quarta per la sua economia nell’impero di Francesco Giuseppe I, con un piano edilizio al passo coi tempi, moderno, attento alle periferie abitate dagli operai e da immigrati sloveni, tedeschi e anche italiani, e con la valorizzazione del porto quale polo economico e commerciale per un’intensa attività mercantile. Trieste divenne in breve tempo la città scelta per molti italiani per andare via dalla miseria e dalla fame.
Una città, scrive l’autrice, “che allargava le braccia”, una culla accogliente che lo fu anche per la sua famiglia.
È la citta dove lei è nata, difficile ed elegante come una signora d’altri tempi: bianca, luminosa, davanti al mare blu e con intorno solo confini.
La storia qui ha preso carne. Si è fatta pelle, ossa, bocche e occhi.
Gino, Concetta, Carlo, e Ada lasceranno le loro terre e arriveranno a Trieste negli anni Venti. La guerra l’aveva pesantemente segnata e quel mondo operoso degli anni prima non esisteva più. Gino, capelli neri e forti, poco incline alla tenerezza, era nato in un giorno freddo di gennaio a Corato.
Figlio di contadini, conosceva la fatica nei campi e quanto non bastasse per vivere. Nella vita ci voleva coraggio, e dopo che le acque del sottosuolo si mangiarono le case, le chiese, i palazzi dei signori, a vent’anni decise di partire per Trieste con il sogno di lavorare nel commercio. Con la valigia in mano su e giù per l’Istria imparava a scrivere e a leggere, convinto di essere scappato dalla fame. Anche lì vide e riconobbe la miseria.
Concetta aveva grandi mani adatte per cucina. Trieste fu la sua terra, e una lingua mai appresa. Era nata a Trani e dopo l’epidemia della Spagnola che gettò nel dolore interi paesi, la famiglia arrivò nella grande città sul mare: tutto era diverso, vento, sole, freddo e neve. Carlo, tanto magro da vergognarsi nel mostrarsi, aveva due anni quando da Putignano arrivò nella città del vento. Senza nessun ricordo della Puglia, imparò un mestiere, il barbiere, e visse una intera vita. Amava ripetere che “il duce parlava della pace”, e come tanti altri gli aveva creduto.
Negli anni del fascismo il lavoro calò, e l’economia triestina non riprodusse più i suoi anni d’oro.
Si diffonde rapidamente nell’anima triestina una cultura della crisi che la accompagnerà per molti, molti anni.
L’Italia, scrive l’autrice, non seppe affrontare i problemi di una città lontana quale Trieste che rappresentava la periferia del Regno. I conflitti rafforzarono il fascismo, definito di confine e Trieste, la città della crisi, ancora una volta mostrò le sue contraddizioni, con le aggressioni nelle comunità ebraica e slovena, insieme all’arroganza e alla veemenza nazionalista del regime.
Le minoranze germanofone lasciarono la città per la proibizione delle lingue slovena e tedesca; vennero chiuse le scuole, i circoli culturali e con le leggi razziali fasciste del 1938, la vita culturale ed economica della città subì un nuovo degrado per l’esclusione della comunità ebraica dalla vita pubblica.
Nel racconto dei nostri protagonisti, delle loro vite, della nascita dei loro figli, le parole diventeranno care e le loro storie vivranno in parallelo la storia della città e gli anni tragici che seguiranno.
Il mare li aveva portati nel mare del nord, la fame nera nel grigio di una città lontana, in percorsi faticosi di integrazione, di paura per la guerra ma anche di grande felicità.
“ È dentro questo quadro che albergano gli interrogativi, profondamente umani, che agitano, da sempre, le nostre anime: chi sono? Da dove vengo ? Perché? Domande così pressanti che ci obbligano, a volte anche senza la nostra volontà, a cercare delle risposte ...”
Le storie della nostre famiglie costituiscono la nostra identità, donne e uomini che hanno vissuto lo struggimento della lontananza, la nostalgia, differenti costumi e lingue parlate, e le loro “parole care” non dovrebbero essere perse né cancellate, scrive l’autrice, ma nel tempo nelle generazioni a venire, mutarle in nuove radici, più resistenti e più libere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Care parole
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