Cipollino nel paese dei Soviet
- Autore: Anna Roberti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Edizioni Lindau
- Anno di pubblicazione: 2020
Apologia del socialismo reale attraverso strofe e racconti per bambini. In altri termini (tutt’altro che polemici): la letteratura per l’infanzia come via d’accesso al pedagogismo socialista. Può rimanerci di stucco solo chi non sa leggere tra le righe di un libro di Gianni Rodari. O chi di lui sconosce dichiarazioni come queste, che inaugurano in esergo Cipollino nel paese dei Soviet di Anna Roberti (Lindau, 2020), minuzioso affresco sulla prossimità ideologica che lega(va) lo scrittore all’allora casa madre Russia.
“Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione. Qualcosa ho fatto. Senza falsa modestia. Se quando in Italia si parla di letteratura infantile bisogna fare al primo posto il nome di un comunista, con tutto quel che la cosa comporta, qualche merito ce l’ho anch’io”.
Avercene invece di autori militanti come Rodari (un secolo dalla nascita quest’anno). Avercene di poeti tanto lievi in apparenza e tanto acuminati sottotraccia. Dalle nostre parti, il suo Romanzo di Cipollino (1951) è accolto con successo ma nulla a che vedere con la fama che lo accompagna in URSS. Una fama imperitura, dato che ancora adesso – cioè nel guazzabuglio ideologico seguito alla scomparsa dell’Unione Sovietica – Cipollino regge e si legge, si ricorda, si impara, e persino si teme (il potere ego-referente di Putin soltanto l’anno scorso ne ha vietato una messa in scena).
Flashback: in uno scorcio autunnale del 1951 Gianni Rodari va in Unione Sovietica in quanto direttore-giornalista del "Pioniere", periodico dell’infanzia, alternativo ai più inquadrati "Il Corriere dei piccoli" e "Il Giornalino". Senza scopi reconditi porta con sé proprio Il romanzo di Cipollino e Il libro delle filastrocche, freschi di stampa. Per chissà quale buona stella socialista, succede che i due libri capitino nelle mani di chi riesce a coglierne le potenzialità politico-educative: il testo viene tradotto in russo e in tutte le lingue parlate nella repubbliche socialiste sovietiche e diventa un bestseller. Quasi una favola, ma è così che andata, stando alla puntualissima ricostruzione di Anna Roberti. Ed è così che, alle sconfinate latitudini dei soviet, Gianni Rodari diventa Dzanni (Dzovanni) Rodari, e il suo Cipollino a tutti gli effetti un personaggio cult, “trascinante capobanda e leader carismatico degli emarginati” (pag. 63).
Per Rodari è l’inizio di una popolarità che contempla peraltro anche i suoi versi: allegri, semplici, scanzonati, pensati e scritti apposta per i bambini. Perché i giovanissimi lettori sovietici familiarizzino con concetti di questo tenore:
“Ancora oggi migliaia di bambini italiani vivono in cantine, catapecchie, grotte e baracche. Ho scritto la canzoncina su Ciccio per questi bambini e anche perché gli altri bimbi, quelli più fortunati pensassero a loro e ne parlassero” (pag. 41).
Al viaggio in Unione Sovietica del 1951 ne seguono, per Rodari, molti altri. L’ultimo nel 1979, un anno prima della morte, a sessant’anni. Un arco di tempo durante il quale il suo rapporto con l’URSS e il comunismo non è mai venuto meno, estrinsecato anzi da un nugolo cospicuo di rimandi storici, citazioni, agganci culturali, ricostruiti con minuzia in questo libro, con dentro due interviste (in appendice) e numerose testimonianze dirette dello scrittore.
"Sulla luna, per piacere / non mandate un generale: / ne farebbe una caserma / con la tromba e il caporale. / Non mandateci un banchiere / sul satellite d’argento, / op lo mette in cassaforte / per mostrarlo a pagamento. / Non mandateci un ministro / col suo seguito di uscieri: / empirebbe di scartoffie / i lunatici crateri. / Ha da essere un poeta / sulla luna ad allunare: / con la testa nella Luna / lui da un pezzo ci sa stare… / A sognar i più bei sogni / è da un pezzo abituato / sa sperare l’impossibile / anche quando è disperato. / Or che i sogni e le speranze / si fan versi come fiori, / sulla Luna e sulla Terra/ fate largo ai sognatori” (Sulla Luna).
Gianni Rodari rimproverava alla scuola italiana la mancanza di “fantasia”. La fantasia di cui, al contrario, la pedagogia dei paesi sovietici non è mai stata carente.
Ritengo tuttavia non sia necessario il filo-sovietismo per condividere parole come quelle di cui sopra; e per apprezzare il contenuto denso – seppure espresso in forma assai gradevole – di un saggio a sua volta di spessore pedagogico, mi viene da scrivere.
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Grazie molte all’autore della recensione. Ne sono profondamente lusingata. Anna Roberti