Civiltà perduta
- Autore: David Grann
- Genere: Avventura
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2017
Il più grande mistero delle esplorazioni è ancora da svelare, nella misteriosa città perduta, tuttora mai scoperta in un punto del globo terracqueo, nel territorio del fiume Xingu, affluente dell’immenso Rio delle Amazzoni. Il mito di Z, la inesplorata e della leggendaria ricchezza di El Dorado sono il sogno di tutti i protagonisti che animano un romanzo d’azione dinamico e movimentato come un film: “Civiltà perduta”. Corbaccio lo ha pubblicato a maggio 2017 (pp. 386, euro 18,60). È l’opera prima, un esordio fulminante, di David Grann, giornalista che ha collaborato con grandi testate newyorchesi, cittadino della Grande Mela, insieme alla moglie e ai due figli.
Alla scoperta della città che non c’è si lancia lo stesso cronista-autore, un esploratore improbabile, con tanto di pancetta. Per secoli il mistero di Z ha ossessionato generazioni di scienziati e avventurieri, geografi, archeologi, filosofi, a caccia di un impero o di un tesoro. Si è sempre pensato che Z si nascondesse nella foresta amazzonica, la più estesa del pianeta, tuttora non del tutto esplorata, nonostante si voli ormai fuori dell’atmosfera. Resta l’ultimo spazio vuoto sui planisferi.
L’Amazzonia è sempre stata considerata una regione selvaggia, dove il rischio di morte violenta è costante. Quindi, se in un ambiente tanto difficile per la vita dell’uomo si scoprisse davvero una città, sarebbe ben più di un deposito di tesori, ci sarebbe da scrivere un nuovo capitolo della storia dell’uomo.
El Dorado, la terra dell’oro, in quantità inimmaginabile, secondo quello che sosteneva l’avventuriero elisabettiano Walter Raleigh, tanto che gli indigeni lo schiacciavano per cospargerne la polvere sui loro corpi, soffiandola addosso alla pelle usando canne cave.
Tutte le spedizioni dei conquistadores alla ricerca di quella terra del mito sono state annientate dagli indios, dalla giungla, dalla fame. Ed è alla ricerca di El Dorado ch’è sparito nel 1925 l’ultimo degli esploratori vittoriani, il colonnello Percy Harrison Fawcett. Cinquantasette anni, un metro e ottanta d’altezza, lunghe braccia muscolose, ancora tanto in forma, nonostante i capelli radi e i baffi screziati di bianco, da essere in grado di marciare per giorni, senza riposare o mangiare. Aveva il naso storto come un pugile e un’aria con qualcosa di feroce, specie negli occhi da visionario. Le fotografie lo ritraevano con stivali da equitazione, cappello da cowboy e fucile a tracolla sulla schiena.
Era convinto che l’Amazzonia custodisse davvero quel regno favoloso e non era un mitomane, ma un teorico e tecnico che aveva passato anni a raccogliere prove a sostegno della sua teoria.
Ottant’anni dopo, un giornalista sedentario è attratto irresistibilmente dalla ricerca del uomo ch’è svanito dalla faccia della terra nel 1925. David Grann oltre ad essere affascinato dai misteri e dalle spedizioni fin da ragazzo, discende una famiglia di esploratori. Il nonno era un avventuriero di origini russe, commerciante di pellicce, poi cameraman per National Geographic in Oriente, Cina e Tibet. Qualcuno sospettava che fosse una spia.
Il nipote, il nostro David Grann, è romanticamente attratto dalle avventure, ma non può certo vantare le phisic du role dell’Indiana Jones. Confessa di essere tutt’altro che un uomo d’avventure all’aperto. Non scala montagne, non va a caccia, non ama fare campeggio. È alto meno di uno e ottanta, ha quasi quarant’anni, una silhouette gonfia e capelli sempre più spelacchiati. Un raro disturbo della cornea gli impedisce di veder bene di notte. Il senso dell’orientamento è pari allo zero e gli capita di smarrirsi persino in metropolitana, perdendo la fermata. Potendo scegliere tra salire due rampe di scale o prendere l’ascensore, opta immancabilmente per quest’ultimo.
Quando lavora a una storia, però, tutto cambia. Quello che più lo affascina delle avventure è il protagonista. Ha sempre pensato che fosse un interesse puramente professionale. Attratto dalla capacità di ispirare storie, si scopre a volte più simile a loro di quanto non gli piaccia credere.
“Vai a cercare un uomo sparito da duecento anni?”
gli chiede la moglie alla vigilia della partenza. No, Fawcett è scomparso solo ottant’anni fa.
“E come pensi di scoprire dove andarlo a cercare?”.
Ecco un dettaglio al quale non aveva pensato. In fondo, però, non sarebbe stato il primo ad andarci, l’avevano già fatto in centinaia. “E com’è andata a finire?”. Molti erano scomparsi a loro volta.
David Grann parte senza un progetto prefissato, dandosi un punto di riferimento dal quale avviare l’iniziativa: l’Inghilterra, dalla quale si è mosso il colonnello.
“Civiltà perduta” è la ricostruzione della ricerca condotta dal giornalista americano e dell’avventura dell’esploratore britannico, più di novant’anni fa.
È stato tratto nel 2016 un film di James Grey (piuttosto lento, molto intimista), incentrato sulla figura di Fawcett e interpretato da Charlie Hannam, l’ultimo King Arthur nella più recente delle pellicole arturiane.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Civiltà perduta
Lascia il tuo commento