Con il Diavolo in Paradiso (Dodo)
- Autore: Mia Mesty
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2013
La raffinata Casa editrice abruzzese Carabba ha pubblicato nel 2013 un romanzo dell’esordiente Mia Mesty, nome d’arte del medico Cristiana Di Campli, che, malgrado l’impegno professionale di grande responsabilità, ha dato voce alla sua creatività e alla sua notevole capacità di scrittura che risultano evidenti nelle pagine coinvolgenti del libro.
Inutile chiedere agli autori se il loro romanzo sia autobiografico, risponderanno certamente di no ed effettivamente è poco importante; vero è che non è difficile ritrovare in molte pagine del libro tratti della personalità e della biografia dell’autrice, medico in una struttura ospedaliera romana, giovane donna, madre, figlia e scrittrice.
Il titolo del romanzo è un ossimoro: diavolo e paradiso, appunto, due parole chiave che ritornano nell’sperienza che l’io narrante della esperienza che ci viene raccontando nelle pagine di questo romanzo emotivamente coinvolgente.
È la storia di una giovane donna e dei suoi incontri con uomini che si rivelano troppo presto sbagliati. Incontri permeati da una struggente sensualità, avvenuti in diverse fasi della sua vita, sempre avvenuti all’interno del suo mondo professionale: prima un informatore scientifico, Diego, che la corteggia in modo formale, con fiori, gioielli poesie di Pablo Neruda e attenzioni continue, come in un fotoromanzo un po’ datato. Presto si rivelerà violento e narcisista, dedito a pratiche erotiche estreme nelle quali coinvolge non solo Alessia, e che la rende madre, lui inconsapevole, del figlio Luca, amatissimo, per poi sparire, lasciando ferite fisiche e lacerazioni nella psiche della donna difficilmente risarcibili.
La redenzione e un nuovo amore arrivano con la comparsa del sessantenne Prof. Leo, un famoso ematologo nel quale la protagonista crede di aver trovato il vero grande amore; ecco però che il grande luminare milanese, con doppio matrimonio sbagliato e due figli, rivelerà l’egoismo e la autoreferenzialità di quel tipo di uomini, incapaci di lasciare la famiglia, e ben decisi a tenersi la giovane amante innamorata, pronta a salire su un aereo o su un auto pur di trascorrere qualche ora nelle braccia accoglienti, a tempo, del celebre e venerato esperto, sempre in cattedra e occupatissimo, con moglie annoiata a casa e segretaria adorante al seguito.
Insomma la nostra protagonista non fa che legarsi a uomini dai quali ricava un’immagine di sé sempre perdente. Solo dopo aver bevuto fino in fondo l’amarezza dell’abbandono e della delusione, la violenza dell’esclusione, la consapevolezza di essere un semplice ammirato passatempo, calze autoreggenti e biancheria intima adeguata ad incontri rapidi, Alessia darà una svolta radicale alla sua esistenza per costruire una vita che abbia la densità e la profondità dei sentimenti che lei stessa prova e che non è riuscita a condividere con i partner.
La trama che il romanzo ci propone è ben più ricca ed intricata, ma non voglio levare la suspence e la sorpresa ai lettori potenziali del libro.
Ci sono altri personaggi femminili nel mondo di Alessia: sua madre, bipolare e nevrotica, che avrà un ruolo importante da non rivelare; sua nonna, a cui era legata in modo tenerissimo, il luogo delle radici e del vero affetto familiare; sua figlia adottiva, la piccola Emma, giunta da molto lontano; la amica del cuore Rebecca, a cui Alessia si appoggia e alla quale tutto rivela; Ana, una giovane infermiera brasiliana, collega di Alessia, il cui drammatico destino le aprirà definitivamente gli occhi su ambienti e frequentazioni molto pericolose.
Un romanzo di donne e sulla vita di giovani donne, incastrate tra lavori impegnativi e defatiganti, incombenze familiari, figli da gestire, seguire, educare senza l’aiuto di una figura maschile di riferimento, mentre il sogno d’amore romantico si schianta troppo spesso di fronte a situazioni immobili e a ruoli predefiniti; gli uomini in questa storia fanno una pessima figura, inseguiti e irraggiungibili, maschilisti e violenti, sempre presi dai propri impegni prioritari.
Da tutto questo, raccontato in pagine molto realistiche, Alessia tenterà di sfuggire; prima da sola in un’isola delle Maldive, dondolando per ore sospesa su un’amaca e facendosi massaggiare da mani esperte, alla ricerca affannosa di una “pausa dal mondo”, e successivamente, in modo più definitivo, partendo per una missione in Namibia, gestita da suore salesiane, dove in un ospedale il medico italiano Armando ha messo su una struttura nella quale lavora anche Alessandro, il figlio venticinquenne del mitizzato Prof. Leo. Dunque Alessia ed Alessandro, in fuga dallo stesso uomo, si ritrovano nel caldo tropicale della missione, dove la competenza medica è necessaria e dove finalmente Alessia capisce cosa vuol dire essere indispensabili a chi ne ha vero bisogno per la sopravvivenza.
Ecco allora che malgrado il caldo, il malessere, la lontananza e le difficoltà, con l’aiuto di Suor Adele, riesce a ritrovare la propria vera identità di persona al servizio dei bisogni degli altri, attraverso gli occhi di un bambino, Thomas.
“Thomas è sole, cielo, aria,. Thomas trascina e strappa, è un cucciolo d’uomo con troppi anni sulle spalle. Dà come non dovrebbe. Dà troppo. I suoi occhi regalano miele e sale, , insieme, mescolati. I suoi occhi attaccano sulla pelle, riempiono i pori, bucano il cuore”
Thomas partirà con Alessia per l’Italia, per dare finalmente un senso di realtà alla sua vita e per confermare cosa sia davvero per lei l’idea di maternità.
Nel breve volgere di anni vicini ai nostri Alessia ha compiuto un percorso di iniziazione e di crescita attraverso il dolore, mentre da lontano un uccello di una razza estinta, Dodo, sembra costituire con la sua presenza il testimone muto di tale evoluzione.
Ogni romanzo comunque diventa una testimonianza significativa non tanto e non solo per ciò che racconta, ma per il modo in cui lo racconta, per la quota di letterarietà che l’autore riesce ad immettere nella sua scrittura.
Pur essendo, Con il Diavolo in Paradiso, un romanzo d’esordio, l’autrice Mia/Cristiana ha dato grande importanza all’architettura del testo. A cominciare dalla scansione in capitoli, nove, a ciascuno dei quali attribuisce un tema ed un unico colore, il bianco, tranne l’ultimo, che li riassume, “Deserto a colori”, preceduto da Sabbia, Rose, Occhi, Orso, Cicatrici…..bianche, come la sabbia dell’isola lontana, bianchi come gli occhi ciechi dell’ebrea Marta sopravvissuta al lager che Alessia si trova a curare, come le cicatrici procurate dal vetro di un bicchiere scagliatole in faccia dal violento Diego, bianco come l’orsetto di peluche che Luca consegna alla piccola Emma, la nipotina argentina che diventerà la sua seconda figlia.
C’è nel testo un doppio registro linguistico: una lingua realistica e nervosa, molto rapida, che ha a che fare con il parlato quotidiano, con le incombenza giornaliere, con le emergenze nell’ospedale dove Alessia presta servizio, con i turni, con il traffico romano, con aerei, taxi, aeroporti, telefoni cellulari. Ecco allora periodi brevi, domande spezzate, dialoghi sincopati, presenza di termini semplici, tipici della lingua di comunicazione... giornata incasinata, il bellone ti porta a zonzo, chissenefrega della fede, sgranocchiare le orribili barrette spezza-fame, il Prof ...
A questi pezzi di parlato si contrappongono intere pagine in cui prevale un linguaggio dai toni decisamente lirici, allusivo, metaforico, con forti valenze simboliche; l’autrice ha deciso di dare spazio a queste lunghe parti che sono quasi un monologo interiore usando una diversa forma grafica, il corsivo, proprio per sottolineare la frattura che divide quei pensieri da altre pagine del romanzo.
"Due anime sole che comunicano nella marea. Le linee continue delle tue mani che ripercorro per ore. La tua spalla che respiro in profondità per dimenticare. Il silenzio parla di due storie stanche.
Con te sto imparando l’alfabeto delle emozioni. Conchiglia con dentro la neve. Sabbia e ghiaccio"
Sabbia e ghiaccio, ancora un ossimoro, come nel titolo, figura retorica che ricorre come ricorre molto spesso l’anafora, la ripetizione quasi ossessiva della stessa locuzione, a sottolineare l’inutilità che si evidenzia nel rapporto con Leo :
“Se solo i nostri incontri fossero più normali…..Se solo avessi potuto cercarti….Se solo non ci fosse stata la prigione dorata in cui mi racchiudevi…..Se solo non mi avessi rubato la voce come la straga del mare fa a Sirenetta….Se tu solo non avessi aperto quel piccolo pezzo di cuore nel quale avevo nascosto il mio tesoro pauroso di incubi…”
Oppure in un altro passaggio “So che non devo corrergli dietro. So che devo lasciarla scorrere. So che se non la cerchiamo insieme, Leo, lei non tornerà….”
Da sottolineare anche le epigrafi che la scrittrice ha scelto di porre all’inizio di ogni capitolo, tratte da Siddharta, Il Piccolo Principe, Alice nel Paese delle meraviglie, ma anche da testi di autori più attuali e meno scontati, come l’americana Amy Tan, Federica Bosco o Ivano Fossati, o la citazione intera di un brano tratto da un album di Zucchero: ”Ma vai fin in fondo, ti prego vai fino in fondo”
La conclusione del libro somiglia ad una nota poesia di Giovanni Pascoli, “.La mia sera”, piena di onomatopee….
“Dormi Dodo. Ora dormi. D’ora in poi tutto questo amore lo portiamo insieme”
Allora la parola chiave dell’intero romanzo, l’amore, declinato in tutti i modi possibili, l’amore per i figli, veri o adottati, per i malati affidati alle sue cure, per la natura con i suoi odori e i suoi colori, per il mare e il vento, per le amiche, per gli uomini e i loro abbracci, per le figure paterne cercate spasmodicamente da parte di una donna sola, l’amore quindi , raggiunto attraverso il dolore, costituisce il suggello finale di questo romanzo che mostra quanto profonda in tutti noi sia la ricerca di una qualche felicità
Con Il Diavolo In Paradiso (Dodo)
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