Cormac McCarthy ci ha lasciati ieri all’età di 89 anni, poco prima del suo novantesimo compleanno. Se n’è andato uno dei maggiori autori contemporanei, ma restano le sue tracce che McCarthy - come ogni scrittore - ci ha consegnato sotto forma di parole.
Vincitore del Premio Pulitzer con il suo capolavoro La strada, ha fatto in tempo a donarci il suo canto del cigno, attraverso i suoi due ultimi romanzi Il passeggero e Stella Maris, coronamento di una prolifica produzione letteraria. Il suo ultimo libro, Stella Maris, sarà pubblicato in Italia il prossimo settembre da Einaudi nella traduzione di Maurizia Balmelli. Questa nuova creatura letteraria ci appare oggi come un dono estremo, forse dal valore salvifico, il capitolo conclusivo di una vita vissuta nel segno della letteratura.
Ora ci chiediamo, McCarthy ci ha detto tutto quanto aveva da dire? Non ha lasciato nulla di intentato, nessun manoscritto incompiuto? Come ogni grande autore avrà sicuramente un libro custodito nel fondo di un cassetto, un’opera incompleta, un appunto, una bozza, una storia mai cominciata o non ancora finita, il deposito carsico di una vita trascorsa in un corpo a corpo con il linguaggio: le parole saranno mai in grado di esaurire il grande enigma del Reale?
Nel suo ultimo libro edito in Italia, Il passeggero (Einaudi, maggio 2023), McCarthy ci consegna una profonda riflessione sulla morte e il senso della fine, ravvisabile già dal titolo. Non siamo tutti “passeggeri”, in fondo? Transitori, di passaggio, non eterni in questo mondo.
Mi sento vecchio, scriveva nel libro attraverso la voce del suo protagonista, ogni conversazione riguarda il passato; era riuscito persino a imprigionare in parole il peso del tempo che scorre, quel tempo che comunque sapeva sarebbe trascorso, con o senza di lui. Nelle sue pagine McCarthy ci ha detto molto sulla condizione umana e sul nostro - talvolta tragico, ma non privo di bellezza - peregrinare nel mondo. La bellezza del mondo custodisce un segreto terribile, del resto è stato proprio lui a dirlo.
Scopriamo alcune curiosità sullo scrittore e le sue frasi più celebri.
Cormac McCarthy: 5 curiosità sull’autore
1. L’ispirazione per La strada gli fu data dal figlio John
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La genesi del libro-capolavoro di McCarthy è molto particolare, gli fu data dal figlio John McCarthy. Cormac ebbe il figlio John in età molto avanzata, nacque dalla sua terza moglie Jennifer Winkley. La genesi de La strada nacque durante un viaggio compiuto con John a El Paso, mentre il piccolo dormiva McCarthy si trovò a contemplare il paesaggio desolato fuori dalla finestra e iniziò a immaginare come sarebbe stato quel posto tra centinaia di anni e cosa sarebbe stato di suo figlio. Iniziò così a scrivere il dialogo tra padre e figlio alla base del libro.
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2. Da giovane aveva pochi soldi
Per la maggior parte della sua carriera di scrittore Cormac MCarthy ha vissuto in condizioni di povertà. Per quasi otto anni ha abitato in una stalla nella periferia di Knoxville, nel Tennessee. Si tagliava i capelli da solo, mangiava in qualche caffetteria quando riusciva e lavava i vestiti in una lavanderia a gettoni.
3. Ha sempre rifiutato gli incontri pubblici a pagamento
McCarthy era per natura solitario. Ha sempre rifiutato di tenere convegni, lezioni, conferenze e incontri pubblici, riteneva che tutto quanto aveva da dire fosse già scritto nelle pagine dei suoi libri e non dovesse aggiungere altro. Era un autore sfuggente, sempre assente alle fiere dei libro e ai festival letterari, non amava frequentare la gente del suo settore. Non teneva sermoni, orazioni, non aggiungeva nulla, non faceva show: quando aveva qualcosa da dire semplicemente lo scriveva.
4. Il suo libro preferito era Moby Dick
Credeva che la letteratura non dovesse consolare, ma scandagliare negli abissi dell’umano. Il suo maestro in questo senso era Herman Melville, di cui McCarthy amava il libro capolavoro Moby Dick, che considerava il suo romanzo preferito. La lotta del capitano Achab contro la balena bianca era, in fondo, la base della sua scrittura tesa sempre a ricercare il senso ultimo e a sconfiggere il Male.
5. Per lui le donne erano un mistero
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Diceva che per lui le donne erano un mistero. Solo in uno dei suoi ultimi libri, Il passeggero, cercò di dare voce a una donna mettendosi nei panni di Alicia, una donna schizofrenica il cui suicidio perseguita come un incubo il fratello Bobby.
Riconosceva di non essere abbastanza “competente” per scrivere dal punto di vista di una donna, ma dopo cinquant’anni di carriera si era deciso a provare. Ne La strada il femminile era assente e ridotto unicamente allo stereotipo del materno, la madre del bimbo è infatti scomparsa anni prima lasciando soli pade e figlio. Questa interpretazione a lungo lasciò supporre una presunta misoginia di McCarthy (la conduttrice Oprah Winfrey lo tormentò in un’intervista con questo interrogativo); ma infine lo scrittore ha deciso di confrontarsi narrativamente con questo mistero.
Cormac McCarthy: le frasi più belle
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Disse che il mondo poteva solo essere conosciuto per come esisteva nel cuore degli uomini. Perché per quanto sembrasse un luogo che conteneva degli uomini, in realtà era un luogo contenuto nei loro cuori e quindi per conoscerlo era lì che bisognava guardare, e imparare a conoscere quei cuori e per far ciò si doveva vivere con gli uomini e non limitarsi a passare in mezzo ad essi. (Oltre il confine)
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Non c’è ordine nel mondo salvo quello imposto dalla morte. (Oltre il confine)
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La vita è fatta di attimi, come questo che stiamo vivendo. Tutto passa ed il presente è solo un soffio che subito diventa passato mentre poco prima era futuro. Noi tutti scriviamo attimo per attimo la nostra storia e ciò che scriviamo, a differenza del tempo, rimane per sempre.
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Il mondo svanì e finalmente il cieco dormì, sognando il paese che aveva attraversato durante i suoi viaggi tra le montagne, gli uccelli variopinti e i fiori selvatici di quelle zone; sognò le ragazze a piedi nudi per strada nelle città di montagna, ragazze con gli occhi carichi di promesse, scuri e profondi come il mondo; e sopra tutte le cose la distesa azzurra del cielo messicano, dove quotidianamente si replicava il futuro dell’uomo e la figura della morte con il teschio di cartapesta e il vestito di ossa dipinte andava avanti e indietro davanti alle luci della ribalta declamando solennemente. (Oltre il confine)
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Dormì e nel sonno sognò suo padre, a piedi nel deserto. Nella luce del giorno che svaniva vide gli occhi del padre, fermo a fissare l’occidente dove era calato il sole e dove il vento si stava levando dall’oscurità. Il vento sollevava la sabbia fine e soffiava con insistenza producendo mulinelli che ricadevano su se stessi. Come se in quei corpuscoli il mondo cercasse un momento di pausa nel suo eterno movimento. (Oltre il confine)
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Che differenza c’è fra ciò che non sarà mai e ciò che non è mai stato? (La strada)
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Non c’è nessun Dio e noi siamo i suoi profeti. (La strada)
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Quando sognerai di un mondo che non è mai esistito o di uno che non esisterà mai e in cui sei di nuovo felice, vorrà dire che ti sei arreso. (La strada)
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Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a se stessa. Ogni ora. Non c’è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un’origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. (La strada)
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Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto? L’uomo sputò un grumo di catarro e sangue sulla strada. Alzarmi stamattina, disse. (La strada)
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L’uomo tossiva in continuazione e il bambino lo guardava sputare sangue. Si trascinavano oltre. Lerci, cenciosi, senza speranza. L’uomo si fermava e si appoggiava al carrello e il bambino proseguiva, poi anche lui si fermava e si girava e l’uomo alzava gli occhi piangenti e lo vedeva lì sulla strada voltato a guardarlo da qualche futuro impensabile, radioso come un tabernacolo in quella desolazione. (La strada)
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Ogni tanto la donna gli parlava di Dio. Lui ci provava a parlare con Dio, ma la cosa migliore era parlare con il padre, e infatti ci parlava e non lo dimenticava mai. La donna diceva che andava bene così. Diceva che il respiro di Dio è sempre il respiro di Dio, anche se passa da un uomo all’altro in eterno.(La strada)
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Guardati intorno, disse. Non c’è profeta nella lunga storia della terra a cui questo momento non renda giustizia. Di qualunque forma abbiate parlato, avevate ragione. (La strada)
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Una volta nei torrenti di montagna c’erano i salmerini. Li potevi vedere fermi nell’acqua ambrata con la punta bianca delle pinne che ondeggiava piano nella corrente. Li prendevi in mano e odoravano di muschio. Erano lucenti e forti e si torcevano su se stessi. Sul dorso avevano dei disegni a vermicelli che erano mappe del mondo in divenire. Mappe e labirinti. Di una cosa che non si poteva rimettere a posto. Che non si poteva riaggiustare. Nelle forre dove vivevano ogni cosa era più antica dell’uomo, e vibrava di mistero. (La strada)
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La gente si lamenta sempre delle cose brutte che gli capitano senza che se le sia meritate ma non parla mai delle cose belle. Di cosa ha fatto per meritarle. Io non ricordo di aver mai dato a nostro Signore motivi particolari per sorridermi. Però lui mi ha sorriso. (Non è un paese per vecchi)
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So che nella storia di una famiglia ci sono sempre un sacco di cose inventate di sana pianta. Nella storia di qualunque famiglia. Le storie si tramandano e la verità si tradisce. Come si suol dire. E probabilmente c’è chi pensa che ciò vuol dire che la verità non è abbastanza forte. Ma si sbaglia. Secondo me, dopo che tutte le bugie sono state dette e dimenticate, la verità sta ancora lì. Non va da nessuna parte e non cambia da un momento all’altro. Non si può corrompere, così come non si può salare il sale. Non si può corrompere perché è quella che è. (Non è un paese per vecchi)
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Quello che lo aspettava non era il buio del nulla, ma un’orrida megera che sorrideva con le gengive a nudo, e non c’era nessuna madonna del desiderio o madre dell’eterno soccorso oltre la pioggia nera coi fanali contro la notte, il morbido incavo tra i seni incipriati e le fragili clavicole alabastrine sopra il velluto sontuoso delle vesti. La vecchia si dondolava come per fargli il verso. Esiste uomo tanto codardo da non preferire cadere almeno una volta piuttosto che vacillare in eterno? (Suttree)
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Pensò che la bellezza del mondo nascondeva un segreto, che il cuore del mondo batteva a un prezzo terribile, che la sofferenza e la bellezza del mondo crescevano di pari passo, ma in direzioni opposte, e che forse quella forbice vertiginosa esigeva il sangue di molta gente per la grazia di un semplice fiore.(Cavalli selvaggi)
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Io non ci credo in Dio. Lo capisce, questo? Si guardi intorno, amico mio. Non lo vede? Il frastuono e le grida della gente che soffre saranno musica per le orecchie di Dio. (Sunset Limited)
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La giustizia? La fratellanza? La vita eterna? Santo cielo, amico mio. Mi mostri una religione che prepari l’uomo alla morte, al nulla? Quella sarebbe una chiesa in cui potrei entrare. La sua prepara solamente ad altra vita. Ad altri sogni, illusioni, bugie. Se si potesse bandire la paura della morte dal cuore degli uomini, non vivrebbero un giorno di piú. (Sunset Limited)
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No. Gli sforzi che fa la gente per migliorare il mondo invariabilmente lo peggiorano. Una volta pensavo che ci fossero delle eccezioni alla regola. Ma adesso non lo penso più. (Sunset Limited)
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È nella natura delle persone immaginare che il vinto debba aver fatto qualcosa per meritare la propria rovina. La gente vuole che il mondo sia giusto. Ma il mondo su questo non si esprime. (Il passeggero)
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La sofferenza fa parte della condizione umana e bisogna accettarla. Ma l’infelicità è una scelta. (Il passeggero)
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Nasciamo tutti dotati della facoltà di vedere il miracoloso. Non vederlo è una scelta. (Il passeggero)
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Difficilmente vorremmo conoscere noi stessi come eravamo in passato e tuttavia piangiamo i tempi andati.(Il passeggero)
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Bisogna credere che nel mondo c’è del buono. Direi che bisogna credere che se nella vita ti rimbocchi le maniche poi ti arriva. Uno può sbagliarsi, ma se non ci crede, allora una vita non ce l’avrà. Magari la chiamerà pure vita. Ma non sarà una vita. (Il passeggero)
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