Cristo fra i muratori
- Autore: Pietro Di Donato
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
La vita non è una festa, ma la tarantella non si ferma mai
Leggere questo romanzo di Pietro Di Donato è un’esperienza davvero unica: resterete sospesi, come il “povero cristo" raffigurato sulla copertina, ad assaporare la bellezza di una storia potente e magnifica nata dalla penna di un grande autore.
La storia narrata ti conquista fin dall’inizio e non ti lascia mai riprendere fiato, per la potenza dello stile e per la capacità dell’autore di costruire mattone su mattone – come i muratori protagonisti della sua storia – un edificio solido e allo stesso tempo leggero, nel quale ti senti così a tuo agio come lettore, che ci resteresti per sempre. Infatti, quando la storia finisce, non puoi far altro che tornare indietro fino alla prima pagina per andare a rigustare scene, parole, soliloqui e potenti quadri d’insieme della vita dei muratori di inizio Novecento negli Stati Uniti d’America.
Il romanzo Cristo tra i muratori fu pubblicato per la prima volta nel 1939 proprio negli Stati Uniti e in Italia nel ’41 e fu sottoposto alla censura fascista; poi, ripubblicato emendato e con parti censurate nel ’44 (nel 1949 ispirò anche il soggetto del film Us This Day di Edward Dmytryk). Il merito di aver permesso una sua lettura integrale va alla readerforblind, che lo ha riproposto con l’ottima traduzione di Nicola Manuppelli, nel 2022.
Il suo titolo originale è Christ in concrete e rimanda direttamente a una delle sue idee centrali: il lavoro “bestia fredda e orribile” che ti imprigiona nel cemento, ti mette in croce come Cristo, figura alla quale i muratori spesso e idealmente si sovrappongono, perché sono in una condizione di sudditanza dalla quale non si può uscire, perché ribellarsi allo sfruttamento significa essere licenziato e non poter più mandare avanti la famiglia.
L’arco temporale del romanzo è di sei anni: dal Venerdì Santo del 1923 al crollo di Wall Street del 1929. Protagonista è Paul, alias di Pietro di Donato, nato nel 1911 a West Hoboken, nel New Jersey. Protagonista è anche la sua numerosa famiglia, soprattutto i suoi genitori: Annunziata e Geremio, originari della cittadina abruzzese di Vasto; ma anche la tutta la povera gente, la gente di Cristo, i poveri nei quali Paul si riconosce e che sa dividere nettamente dai padroni. Emblematica, in tal senso è la raffigurazione che ne fa Paul quando li osserva nella stanza dell’ufficio dei Risarcimenti dello Stato dove si doveva discutere il caso di suo padre, capomastro in un cantiere, vittima ‒ insieme ad altri muratori ‒ del crollo di un edificio:
I loro occhi e le loro labbra dicevano: noi siamo i poveri malconci, poveri, stupidi poveri, siamo lavoratori mutilati e storpi e bendati e ciechi che non possono parlare e vengono condotti e spinti attraverso questi corridoi come fra i corridoi di una metropolitana, dentro stanze in cui non comprendono una parola.
Paul rimane orfano a dodici anni di un padre di trentasei, vittima dell’incuria e della disumanità del padrone di turno, il signor Murdin, che Geremio come capomastro esperto ha inutilmente sollecitato nei giorni precedenti il crollo affinché mettesse in atto un minimo di misure di sicurezza in quel cantiere. E quel padrone «non si voltò nemmeno una volta per guardare la famiglia di Geremio» attribuendo a lui e agli altri operai italiani la causa del crollo, per imperizia.
E Paul, primogenito di altri sette figli è “costretto” a diventare muratore, anche se è troppo piccolo e pesa circa trentacinque chili, ma sua madre e i suoi fratelli devono mangiare:
La mamma non mangia perché non c’è niente da mangiare. I bambini hanno fame … Cosa diremo loro io e la mamma. E anche se capissero, la fame rimarrebbe. […] E dove sono le mani di papà …? Le mani di nostro padre erano la nostra casa. Ci hanno dato cibo e calore. Ci hanno dato amore e gioia.
E allora Paul capisce che per i poveri il Lavoro «… è libertà»; impara a alzare un muretto, a utilizzare gli attrezzi che erano di suo padre e diventa un muratore e ne è orgoglioso e porta i suoi primi cinque dollari a casa; impara a sopportare la fatica e grandi sofferenze.
Nei suoi numerosi soliloqui esplicita con uno stile potentissimo un rapporto carnale con “il Lavoro”, che è sudore e calce e polvere:
… grigio come le pietre e rosso come i mattoni e con l’odore rosso e grigio delle ossa e della carne sudata degli uomini
E i corpi:
non sono più carne e ossa dei nostri genitori, ma la pasta stessa di cui è fatto il Lavoro.
E lavorando Paul diventa un uomo, poi sperimenta il fascino dei grattacieli e impara a destreggiarsi sulle impalcature mobili a quaranta o cinquanta piani dal livello della strada e riesce a far diventare realtà il desiderio di vincere il premio di miglior muratore.
In questo romanzo realistico e di forte denuncia sociale non mancano però sogni, soliloqui, incubi e visioni di Geremio, Annunziata, Paul, Luigi (fratello di Annunziata).
Talvolta, il periodare diventa “allucinato”, frutto di speranze spesso disilluse nella indifferente colpevolezza di chi prima sfrutta e sottomette i poveri, poi li abbandona a se stessi. E i poveri hanno la loro unica forza in Dio e nella solidarietà gli uni con gli altri.
La tematica della fede in Dio attraversa costantemente il romanzo: Annunziata ne fa la sua roccia e sopravvive alla morte del marito grazie alla preghiera, così fanno i suoi figli, soprattutto Paul; ma anche Geremio, quando viene progressivamente sepolto vivo dal crollo dell’edificio in cui lavora, ti fa vivere insieme a lui in un crescendo di tensione emotiva, i suoi ultimi pensieri prima di morire, le sue speranze ormai deluse, la sua ardente fede in Dio. E vorresti che quel suo volo non finisse mai e ti illudi fino alla fine che si salvi, mentre prega il suo Signore e muore e sente echeggiare la “folle danza della tarantella”.
Anche Annunziata si lascerà trasportare dai ricordi della sua vita sulle note di una tarantella, da quando dodicenne “bambina con le trecce che danza graziosamente a piedi nudi” andrà incontro al suo Geremio; poi, lo sposerà e partirà con lui per l’America e poi, lo perderà e resterà a ballare ‒ con i suoi adorati figli ‒ in un mondo indifferente ai dolori della povera gente.
La tarantella diventa protagonista indiscussa quando gli invitati al matrimonio di Luigi, dopo aver rievocato le belle terre d’Abruzzo ‒ già stanchi per l’abbondante cibo mangiato ‒ ballano al suono di chitarra, fisarmonica e tamburelli. E il ritmo diventa sempre più veloce e i fianchi e i piedi non si arrestano più e si avanti senza neppure sapere come; e si va avanti fino allo sfinimento.
E quando anche Nasone, il padrino di Paul muore dopo esser caduto nel vuoto lavorando, il giovane, in una scena piena di pathos, grida che vuole giustizia, felicità e vita sulla terra, non vuole e non può aspettare la salvezza nell’altro mondo, come lo supplica di fare sua madre Annunziata (sicura della ricompensa che attende chi soffre nell’altro mondo) e arriva a frantumare tra le mani il crocifisso che quella gli porge perché lo baci.
Si riconcilierà con Dio e con la vita?
Certo è che la tarantella non si ferma mai, anche se la vita:
Non è una musica dolce, una festa, un dono della Natura.
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