Con questo articolo vorrei commentare le ultime dichiarazioni del leader inglese Boris Johnson, secondo il quale, per sconfiggere la pandemia da coronavirus, sarebbe necessario che il virus stesso dilagasse, facendo le inevitabili vittime, per ottenere la cosiddetta "immunità di gregge".
L’assunto in base al quale tale ipotetica "immunità di gregge" possa essere ottenuta attraverso la libera circolazione dell’epidemia, non è dimostrato scientificamente. Tuttavia, le dichiarazioni di Johnson sono lo spunto per parlare del darwinismo sociale, teoria socio-filosofica, nata nell’Ottocento, in base alla quale le comunità umane devono progredire secondo il principio della selezione naturale e della lotta per la sopravvivenza, che implicano l’eliminazione degli individui più deboli a favore di quelli più forti (o più adatti all’ambiente).
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Tale teoria deriva dal saggio del naturalista ingleseCharles Robert Darwin, L’origine della specie (1859), che, come tutti sappiamo, aveva evidenziato come le varie specie animali si evolvessero attraverso il meccanismo della selezione naturale. La selezione implica l’inevitabile morte dei soggetti più deboli, che non riescono ad adattarsi all’ambiente, e la sopravvivenza di quelli più forti.
La logica di base della selezione naturale sta anche nella scarsità delle risorse. Se le risorse disponibili sono poche, come avviene nello stato di natura, è logico che, per garantire la continuità della specie, vengano destinate ai soggetti che hanno maggiore possibilità di sopravvivere.
Ciò che succede nello stato di natura non è mai immorale, è solamente necessario alla sopravvivenza.
Facciamo un salto e arriviamo alle nostre moderne società, dove l’opulenza e lo spreco di risorse sono all’ordine del giorno. È morale, in questo caso, selezionare, come ha suggerito il leader inglese?
La mia risposta è no. Fra gli aspetti positivi della tecnica c’è quello di garantire risorse per tutti e quando questo non succede è perché siamo noi a decidere come spendere quelle risorse.
Siamo noi (governi con il beneplacito delle popolazioni) a destinare il 90% delle risorse della terra al 10% della popolazione (cioè noi stessi) e a lasciare il 90% della popolazione con il 10% delle risorse: non è il contesto che ce lo impone. Siamo noi a volere la fame nel mondo, ad accettare che alcune persone vivano nello spreco e che altre muoiano nella fame e nelle malattie. Che ci piaccia o no, è una nostra scelta.
Sono sempre i vari governi, e noi che li scegliamo, a decidere di tagliare le risorse alla sanità e alla scuola, servizi indispensabili per una comunità.
Per comprendere che siamo nella società dell’opulenza basta vedere i nostri rifiuti, pieni di oggetti ancora utilizzabili. (Chi scrive non si sottrae per prima alla critica del proprio atteggiamento).
Ed è per questo che la teoria del darwinismo sociale si risolve in un’aporia: perché ha come base i presupposti (come la scarsità delle risorse) presenti solo nello stato di natura ed evidentemente assenti nelle nostre società.
La madre tigre che non allatta il tigrotto malato, perché sa che non può sopravvivere, e destina tutto il latte ai cuccioli sani, lo fa perché non ha altra scelta: o sopravvive qualcuno (in questo caso i più forti) o muoiono tutti.
L’essere umano che decide di sacrificare i soggetti più deboli (anziani, malati di ogni età), lo fa sempre per scelta, perché le nostre risorse sono tante e possiamo decidere come destinarle. Questa scelta ha carattere morale. In pratica, grazie alla sovrabbondanza di risorse, la nostra specie può sopravvivere senza la necessità di scegliere fra individui, ma garantendo a tutti una vita dignitosa (nel riconoscimento delle singole qualità e limiti).
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Desidero richiamare un saggio di Frans De Wall, psicologo e primatologo, intitolato Naturalmente buoni. Il bene e il male nell’uomo e in altri animali. Anche le scimmie antropomorfe, messe in certe condizioni, ovvero in cattività e in presenza di cibo, rinunciano in parte alla selezione darwiniana e si aprono ad atteggiamenti di "altruismo". Il saggio vuole dimostrare che in natura non esistono solo atti di violenza, ma che l’essere umano (e la scimmia da cui deriva) si è evoluto anche grazie ai principi di collaborazione e giustizia (anche se la giustizia deriva dalla primordiale vendetta).
Volevo un’Europa basata sui popoli, "uniti nella diversità", invece mi ritrovo ministri non ragionanti, che parlano senza riconoscere e sospettare le terribili conseguenze, sul piano sociale ed educativo, di ciò che dicono.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Coronavirus: una risposta al darwinismo sociale di Boris Johnson
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Splendido post, complimenti!
È importante rendersi conto che potremmo risolvere davvero molti, se non tutti, dei nostri problemi se solo scegliessimo di farlo.
Grazie mille Alessandro!
Rosa Aimoni