Diari di guerra e di prigionia dell’ufficiale dei bersaglieri Enrico Domingo 1915-1918
- Autore: Non disponibile
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Leggere i Diari di guerra e di prigionia dell’ufficiale dei bersaglieri Enrico Domingo 1915-1918, editi dalle Edizioni Arti Grafiche Palermitane di Edoardo Lazzara (2020) e curati da Vincenzo Nuccio, significa ricevere la testimonianza senza fronzoli di chi ha vissuto la Grande Guerra con gli entusiasmi e le contraddizioni che ne contraddistinsero il decorso fino alla disastrosa disfatta di Caporetto. È un documento che, al di là della facile retorica che riempie sempre le bocche dei capi supremi, fornisce il resoconto schietto e senza fronzoli della stagione militare vissuta dal giovane sottotenente Enrico Domingo sul fronte italiano, che aveva raggiunto dopo avere abbandonato gli studi di Giurisprudenza per arruolarsi volontariamente e combattere, spinto da un sentimento che, ormai sparito nella nostra epoca, a quel tempo riusciva ancora a infiammare gli animi dei giovani, cioè l’amor patrio. Quanto questo amore di patria fosse sentito in quel periodo lo testimonia una frase che il padre di Domingo gli scrisse appena scoppiata la guerra:
“Ti preferisco morto che vigliacco. Nel caso terribile che tu dovessi soccombere nell’adempimento scrupoloso del tuo dovere, io non sopravvivrei ventiquattro ore, ma intanto concedi al mio cuore dolorante l’orgoglioso conforto di saperti valoroso e veramente italiano.”
Quello che colpisce e affascina dalla lettura di questi Diari di guerra non è tanto il ricordo puntiglioso dei nomi dei vari comandanti sotto i quali il giovane Domingo si trovò a operare o delle operazioni a cui prese parte, quanto le sue riflessioni, l’intercalare della sua narrazione con il soffermarsi su giudizi e considerazioni riguardo le persone con le quali egli via via venne a contatto e soprattutto lo spirito indomito, la fede sicura del suo animo che lo aiutarono a superare momenti terribili che si trovò a fronteggiare. Alla fine della lettura non si può fare a meno di pensare che quel periodo non fu soltanto il suo apprendistato alla vita militare con le sue regole e la sua rigida disciplina, ma anche e soprattutto l’apprendistato alla vita sociale, a ciò che significa condividere con altri giovani e meno giovani speranze e sogni, disagi e paure, gloria e disfatta fisica e morale; in altre parole lo sbocciare della sua piena umanità. Proprio la sua umanità è il tratto del suo carattere che i comandanti mettono sempre in rilievo nei loro giudizi ufficiali, oltre alla competenza con cui egli riesce a svolgere tutte le mansioni che gli vengono affidate, sia operative che da lavoro d’ufficio. In uno di questi giudizi si legge:
“Ha carattere aperto, generoso, leale. Di modi corretti e distinti, di sentimenti generosi ed elevati, entusiasta della carriera delle armi, il capitano Domingo sa subito accattivarsi la stima e benevolenza del superiore. Conosce l’inferiore nella giusta misura, riuscendo ad ottenere quanto egli desidera.”
Così egli da ufficiale impara a trattare i suoi soldati non come carne da macello (come invece altri ufficiali facevano), ma come persone che hanno anche bisogno ogni tanto di un gesto amichevole, di una parola di conforto, e che non devono essere pronti soltanto a eseguire ordini impartiti per missioni di cui magari non hanno piena coscienza.
Il suo racconto diventa toccante quando rievoca i “tanti morti orribilmente deformati privi della testa” o quando “strisciando cautamente, urtando nei cadaveri, insozzandomi di terra e di sangue, scorticandomi faccia e mani” riesce con pochi soldati del suo plotone decimato durante un assalto alle postazioni nemiche del 9 agosto 1916 a rientrare nelle proprie linee dove assiste a nuovi spettacoli di morte e di orrore.
Poi la disfatta di Caporetto e la prigionia lunga e dolorosa, i ricordi strazianti dei soprusi subiti dai Tedeschi che perpetravano ai prigionieri atti di ferocia e di crudeltà gratuita, che in anteprima ricalcano le atrocità eseguite contro gli ebrei nei lager della Seconda Guerra Mondiale. Lo sfinimento dei soldati tenuti a digiuno per giorni, la brodaglia data come pasto, l’assassinio dei prigionieri solo perché volevano strappare dell’erba per mangiare o per aver cercato di raggiungere il filo spinato... Tutte atrocità che Enrico Domingo porterà sempre dentro di sé e che lo spingeranno a redigere La preghiera del Prigioniero di guerra in Germania, tracciata come un decalogo e che reca come intestazione:
“Odia il tedesco sempre. Amerai di più la tua Patria!”
Una vita, quella del colonnello Enrico Domingo, che è bene conoscere attraverso questi suoi Diari di guerra, perché di quel conflitto tanto inutile si possano conoscere non solo le esaltanti imprese bersaglieresche che si leggono nei libri di storia, ma anche la testimonianza di chi quelle battaglie e quelle terribili esperienze le visse sulla propria pelle.
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