Dieci giorni in manicomio di Nellie Bly

Fortunatamente da anni, nel nostro Paese, una legge ha stabilito la chiusura di tutte le strutture considerate “manicomi”, tuttavia, sino a non molti anni fa luoghi di internamento di persone considerate pericolose per la società, per le “turbe” mentali che avevano, non mancavano.

Una giornalista statunitense alla fine dell’800, Nellie Bly (pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran), quando ancora i manicomi erano luoghi in cui venivano ricoverate persone pericolose e non in grado di controllarsi, venne mandata dalla redazione del giornale per il quale lavorava a svolgere un’ispezione di controllo. Un’ispezione di circa dieci giorni che coinvolgerà completamente la giornalista, la quale entrerà nella parte, con non poche difficoltà, prima di poter accedere ai reparti più disagiati di una delle più grandi strutture per pazienti psichiatrici esistenti negli USA.

Il reportage che verrà redatto dalla giornalista diventerà celebre in pochissimo tempo in tutto il paese e contribuirà alla revisione del sistema di gestione delle strutture psichiatriche. Dieci giorni in manicomio (edizioni clandestine, 2017, traduzione B. Gambaccini) è un reportage toccante, un racconto conciso di poche pagine che tuttavia non lasciano spazio all’immaginazione del lettore. Il testo è ricco di dettagli, scene e avvenimenti raccontati dal punto di vista di una paziente, che si troverà costretta a subire i trattamenti di cura e igiene previsti, ma soprattutto umiliazioni e pratiche considerate curative, ma del tutto depersonalizzanti e lesive per la psiche umana.

Queste strutture dovrebbero migliorare e contribuire al benessere delle persone, quantomeno a ristabilire una condizione quotidiana positiva e avere come obiettivo non sopravvivere, ma vivere dignitosamente e consapevolmente. Invece queste molto spesso non risultavano altro che luoghi di contenimento dove le pratiche per nulla potevano dirsi funzionali al ripristino di una condizione di vita positiva.