Dopo la democrazia
- Autore: Giuseppe Alberto Falci, Jacopo Tondelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2022
In sei capitoli, un’introduzione e una conclusione, due giornalisti politici – Giuseppe Alberto Falci e Jacopo Tondelli – raccontano “un decennio vissuto pericolosamente, tra populismo e tecnocrazia”, come recita il sottotitolo del loro volume da poco uscito presso l’editore milanese Zolfo: Dopo la democrazia.
Il periodo di storia italiana preso in esame dagli autori va dalla fine dell’ultimo governo Berlusconi (novembre 2011) alla nascita del governo Meloni (ottobre 2022), anni in cui a Palazzo Chigi si sono succeduti Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi, tutti arrivati al potere senza una reale investitura popolare. Il decennio in questione è stato contraddistinto da una serie di emergenze economiche, sociali e sanitarie a cui non sono state offerte soluzioni significative, impedendo oltretutto la partecipazione democratica nella scelta dei rappresentanti incaricati di reggere il Paese.
Sebbene accolto con freddezza e pregiudizievole timore dai media e dagli intellettuali progressisti per la sua provenienza post-fascista, il governo di Giorgia Meloni risulta quindi il primo, dopo dieci anni di “avvelenamento della democrazia italiana”, ad aver rispettato il volere degli elettori, che hanno scelto di votare la coalizione dei partiti di destra, a cui non ha saputo opporsi una sinistra allo sbando nelle idee, nei programmi e nelle alleanze.
Il volume si apre dunque sulle pagine dedicate all’attuale maggioranza, presieduta da una leader della destra post-missina e nazionalista, fedele tuttavia all’Europa e al patto atlantico, in consonanza con le scelte del predecessore Mario Draghi, soprattutto in difesa dell’Ucraina contro l’aggressione sovietica.
Il libro, soffermandosi sugli esordi politici della prima donna italiana capo di governo, ripercorre puntualmente le giornate frenetiche della sua vittoria alle ultime elezioni del 25 settembre: elenca i collaboratori che ne costituiscono l’entourage più fidato, l’entusiasmo dei conservatori europei, il sarcasmo dell’opposizione, le prime schermaglie con gli alleati della Lega e di Forza Italia. Il governo nascente si è caratterizzato da subito come iper-politico, nella volontà di creare un esecutivo di alto profilo, a netta egemonia del partito vincitore, Fratelli d’Italia, che ha imposto a un Parlamento acquiescente sia i Presidenti di Camera e Senato, sia i Ministeri più rilevanti.
Retrocedendo nel tempo al novembre 2011, vengono ricostruite le vicende che hanno portato l’allora Capo di Stato Giorgio Napolitano a incaricare l’economista Mario Monti di guidare un governo tecnico, retto da una vasta maggioranza.
Soluzione che era parsa inevitabile, dopo il declino dell’epopea berlusconiana durata 25 anni, e conclusasi tra inchieste giudiziarie e scandali sessuali, nell’aggravarsi di una crisi economica segnata da uno spread insostenibile.
Il programma di austerità promosso da Monti, supportato dalle figure carismatiche ma discusse di Elsa Fornero e Corrado Passera, sembrava rappresentare gli interessi di una minoranza stabile e influente, intesa a rassicurare soprattutto i timori dell’alta finanza europea, tenendo contemporaneamente a bada la rabbia sociale incanalata dal Movimento 5 Stelle, che in effetti alle elezioni del febbraio 2013 ottenne il 25,5% dei voti.
Davanti al partito creato da Beppe Grillo si apriva però un dilemma gravido di conseguenze:
Tenere duro e negarsi a ogni alleanza e compromesso, costi quel che costi, oppure accettare la fine del proprio mito fondativo e governare, scegliendo l’alleato «migliore»?
L’imprevedibile ascesa, e il conseguente declino della formazione stellata, merita nelle pagine dei due autori un’analisi attenta e puntuale, esattamente come quella dedicata al loro rappresentante di maggiore rilievo istituzionale, Giuseppe Conte, a capo di due governi (2018-2019 e 2019-2021).
Molta attenzione critica viene riservata anche alla rielezione del Presidente Sergio Mattarella, che con il plebiscito del 29 gennaio 2022, dopo un lungo lavoro diplomatico sotterraneo, spazzava via tutti gli altri candidati (Draghi, Casellati, Casini, Belloni, Cartabia, Amato), in nome di un “mero principio di autoconservazione”, per mantenere “l’unico equilibrio possibile”.
Mattarella viene definito dagli autori del libro “moroteo di stile e di contenuto, grisaglia d’inverno e d’estate, silenzioso”, e pari severi giudizi sono riservati anche a un altro vulcanico protagonista di questi anni: Matteo Renzi, il “rottamatore”, il “royal baby”, e infine al “mito impossibile di Mario Draghi definito in questi termini:
L’ex direttore del Tesoro è il salvatore della Patria che tutti evocano per qualsiasi ruolo istituzionale.
I commenti che Giuseppe Falci e Jacopo Tondelli riservano a big, comprimari e comparse del Parlamento risultano quasi imbarazzanti, nel sottolineare volubilità e volatilità di proposte e programmi, nell’elenco vorticoso di manovre oscure, nei riciclaggi e ripescamenti di figuranti inattendibili, nell’ostentato culto dell’immagine praticato su tutti i media, intrecciandosi prima e svincolandosi subito dopo in discutibili caroselli ideologici.
Agli attori principali di questa recita nazionale (farsa, commedia o tragedia) sono dedicate esplorazioni e riflessioni che non riguardano solo alleanze, tradimenti espliciti, sgambetti imprevisti, ma anche gli interventi di amici-nemici-parenti-fidanzati/e, di intellettuali-industriali-giornalisti-magistrati, riportando alla memoria dei lettori episodi e figuranti dimenticati della scena politica più o meno recente, come evidenzia il lunghissimo elenco dei nomi citati a fine volume, giustamente inghiottiti nelle sabbie mobili dell’oblio.
A conclusione di tale sconfortante e impietoso ritratto, gli autori tentano un bilancio dei problemi strutturali del nostro Paese. Problemi ereditati da un passato certo non edificante, che minacciano di incacrenirsi nel futuro: l’irrilevanza politica sullo scacchiere internazionale, la perdita progressiva di prospettiva industriale e di investimento nel tessuto produttivo, l’incapacità di attrarre capitali economici dall’estero, la criminalità organizzata, il consolidarsi delle diseguaglianze sociali e territoriali, il degrado delle periferie urbane, il costante calo demografico, l’immigrazione clandestina, le scarse risorse destinate a sanità e all’istruzione…
Sono solo una parte delle questioni irrisolte a cui la classe politica attuale non sembra poter o voler rimediare.
Dopo la democrazia. Tra populismo e tecnocrazia: un decennio vissuto pericolosamente
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