Dreamin’ vicious
- Autore: Paolo Panzacchi
- Anno di pubblicazione: 2014
"L’animo umano risorge solo dopo aver toccato il fondo. Risorge quando è stato stuprato dalla vita, e Alba, Guglielmo e anche Elena lo scopriranno, lo capiranno, dopo aver vissuto oggi".
È un romanzo della Vita quello che Paolo Panzacchi ha presentato per il suo debutto nel mondo della letteratura; sì, perché a volte non sono gli scrittori a scegliere ciò che vorrebbero urlare al mondo, ma è il mondo che si fa piccolo ai loro occhi e chiede di essere urgentemente raccontato.
Questo è ciò che accade in "Dreamin’ vicious" (Kolibris edizioni, 2014, pp. 145), romanzo d’esordio del giovane blogger e scrittore, ferrarese di adozione, che ha deciso di prendere per mano e mettere nero su bianco quel piccolo universo di emozioni contrastanti che guida i protagonisti del racconto.
Guglielmo, Elena e Alba sono tre personaggi apparentemente ben delineati e dalle caratteristiche fin troppo limpide:
- Guglielmo, scrittore in cerca di ispirazione, naturalmente incline alla menzogna, vincente solo quando scrive, meno quando vive.
- Elena, avvocato trentacinquenne, alle prese con un marito scialbo, acquistato nel miglior discount, con un amante, Guglielmo, molto più giovane di lei e che le ha saputo regalare emozioni rivelatrici.
- Infine Alba, medico compiaciuto ma insoddisfatto, che non riesce a dimenarsi tra i rivoli di una vita che conducono, tutti, costantemente, al baratro.
Le vite di questi tre individui sono intrecciate fra di loro: Guglielmo che ama Elena, Elena che ama Guglielmo per cercare di amare se stessa, Alba che distribuisce piacere part-time a Guglielmo, a Maurizia - il suo capo - e a chiunque si ritrovi sul suo cammino nefasto.
Sembra non esserci via di scampo, redenzione alcuna per loro, che dell’esistenza hanno fatto chi un capriccio, chi un’aula d’esame, chi semplicemente un aggrovigliato nugolo di pensieri ormai divenuti indistricabili. Se Elena fugge da Bologna - la città dove i misfatti umani hanno sede, dove nascono e muoiono - per cercare una nuova vita, che le si adagi meglio addosso, a Parigi, lasciando marito e amante in balìa degli eventi e delle sue lettere di addio, Alba approda nella medesima città dopo aver abbandonato Roma, la sua famiglia e il suo fidanzato. Entrambe sono alla ricerca di se stesse, l’una incespicando in una libertà che odora sempre di prigione, l’altra, invece, consapevole di volersi ritrovare in un altro luogo, ma con la certezza che, ovunque vada, dovrà fare i conti con il vecchio Io, prima di acquistarne uno nuovo.
Guglielmo, lo scrittore che ha un problema con l’alcool e non solo, è nel mezzo: si dimena tra i sentimenti contrastanti che prova per Elena, per Alba e per il mondo. Ha tra le mani i fili di una vita sbrindellata, fatta di fumo, sesso a buon mercato, locali notturni, vino, birra e qualche momento di lucidità, che spende sfogando la rabbia a suon di pugni sul muro.
Tre frammenti di vite, o forse tre vite frammentate, che si muovono sullo sfondo di una Bologna che, come scrive Silvia Belcastro nella postfazione al romanzo, è "la loro Samarcanda", la città fatta di quei portici che diventano braccia tenere che si stringono attorno
"a chi la notte se la mangia, se la beve, se la fuma, se la scopa, se la sniffa".
La verità, alla fine, affiora ed emerge limpida e scintillante come una lastra di ghiaccio: la verità, come il destino, ha un nome, Cat, e sarà proprio lei, sfrontata e caparbia, a trascinare Guglielmo, Elena e Alba al punto di non ritorno, alla confessione interiore. Ciascuno di loro, in tre momenti finali diversi, getta la maschera e si svela al mondo, ma ancor prima si svela a sé.
"Qualcuno rinascerà dalle proprie ceneri e qualcuno non ce la farà, ma tutti incontreranno la propria nemesi per le vie di Bologna"
scrive la Belcastro.
Dreamin’ vicious è un romanzo breve ed intenso, accarezzato da una lieve suspense tipica della novella gotica, ma che si insinua con garbo e discrezione tra le pieghe di un racconto che cresce man mano che i protagonisti inciampano su se stessi e sulle loro vite. Accattivante e sorprendente anche nella forma, il testo di Paolo Panzacchi descrive con grande freschezza il disagio umano e individuale di una generazione ai confini della realtà, strattonando il lettore e scuotendolo dal torpore per condurlo a una riflessione tanto amara quanto vera: solo toccando il fondo e restandoci per un po’ si può risorgere e ritrovare "i binari giusti" su cui viaggiare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Dreamin’ vicious
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