E l’eco rispose
- Autore: Khaled Hosseini
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2013
“Allora, se volete una storia ve la racconto. Ma una sola. Non chiedetemene poi un’altra, né tu né lui”.
Autunno 1952. Nel villaggio di Shadbagh in Afghanistan l’adolescente Abdullah ora capiva il significato profondo del racconto che suo padre Sabur aveva fatto ai suoi figli la notte prima del loro viaggio a Kabul.
“Una storia sola, dunque. Ascoltate, voi due, ascoltate bene e non interrompete”.
Abdullah e la sorellina Pari (“occhi chiari e guance rosee e paffute”) avevano sentito narrare da Sabur una storia che assomigliava a una parabola:
“C’era una volta, quando i div, i jinn e i giganti vagavano per la terra, un contadino di nome Baba Ayub...”.
Abdullah allo stesso modo di Baba Ayub avrebbe presto scoperto che la crudeltà e la benevolenza non sono altro che sfumature del medesimo colore. Il vento scendeva dalle montagne, Abdullah vanamente scacciato da Sabur, camminava a lato del carretto che traballava sul suolo accidentato del deserto tenendo la mano di Pari nella sua. Fratello e sorella che “si erano reciprocamente scelti”, spesso si scambiavano sguardi furtivi e felici in quel deserto immenso e vuoto come se fosse stato creato per loro soltanto. L’aria era immota, incandescente e si riverberava nelle gole di un color rame intenso e nelle grandi pareti di arenaria mentre il carretto conduceva il padre, Pari e il ragazzino verso la grande città dove Sabur aveva trovato un lavoro di carpentiere presso una ricca famiglia di Kabul. Durante il viaggio al quale l’ostinato Abdullah aveva voluto partecipare per forza (“so che non ti darai per vinto”), ripensava alla madre scomparsa: “una persona delicata, sia per carattere che per costituzione, una donna minuta, dalla vita sottile” e dal corpicino fragile che conteneva tanta gioia e tanta bontà, così diversa da suo marito dal viso spigoloso, i “cui occhi si aprivano sul medesimo mondo della mamma, ma vedevano solo indifferenza”. Le colline tondeggianti si susseguivano una a ridosso dell’altra, rese uniformi dalla distanza e Abdullah, che non aveva mai visto prima Kabul, ricordava la sua matrigna Parwana, i cui gesti nei confronti dei figliastri erano dettati dal dovere, ma soprattutto l’adolescente sorrideva al pensiero della vecchia scatola da tè di latta con la chiusura arrugginita di Pari nella quale la piccola aveva raccolto tutte le piume che collezionava. Da Kabul che per alcuni era un’isola che rappresentava il progresso mentre per altri la città non era in sintonia con il paese, padre e figlio sarebbero tornati nel villaggio, soli, senza Pari, affidata alla famiglia Wahdati.
“Toccava a lei. Mi spiace, Abdullah. Doveva essere lei”.
L’assenza di Pari era come una fragranza che emanava dalla terra sotto i piedi del fratello maggiore, perché l’immagine di Pari si librava ai margini di tutto quello che vedeva. Solo la scatola di latta con all’interno tutte le piume della sorellina era il segno tangibile sulla terra che Pari aveva vissuto accanto ad Abdullah. Un giorno l’eco avrebbe risposto e una piuma staccatasi da un uccello che volava in alto tra le nubi, mezzo miglio al di sopra della terra, piroettando e volteggiando, trascinata da violente correnti, avrebbe attraversato il deserto e le montagne per posarsi ai piedi di un masso affinché Pari la raccogliesse. Allora Abdullah “si sarebbe meravigliato che cose simili potessero accadere e questo gli avrebbe dato speranza”.
E l’eco rispose (titolo originale del volume: And the Mountains Echod) è l’ultimo emozionante romanzo di Khaled Hosseini, magico autore di due romanzi bestseller che hanno venduto 4 milioni di copie in Italia e 38 milioni in tutto il mondo. Lo scrittore nato nel 1965 a Kabul, figlio di un diplomatico e di un insegnante, nel 1970 ha lasciato l’Afghanistan per seguire il padre, dapprima in Iran, dove ha vissuto fino al 1973, e in seguito a Parigi nel 1976. Nel 1980 la famiglia Hosseini ha chiesto e ottenuto asilo politico negli Stati Uniti. Solo 27 anni dopo nella sua veste di inviato dell’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati, Khaled Hosseini ha potuto nuovamente contare le lune che brillano sui tetti di Kabul e rivedere i suoi “mille splendidi soli che si nascondono sotto i muri” (verso di una poesia di Saib e – Tabrizi, poeta persiano vissuto nel XVII Secolo).
Nelle pagine dei ringraziamenti è lo stesso autore che rivela ai suoi lettori che il titolo del romanzo, la cui trama ci conduce in più continenti narrando la storia di più generazioni di alcune famiglie, “si ispira alla deliziosa poesia di William Blake, Il canto della sirena”. È tragicamente vero che non si può seppellire il passato, perché è lo stesso passato che si aggrappa con i suoi artigli al presente, condizionando le nostre scelte future (frase cardine de Il cacciatore di aquiloni - 2004 - romanzo rivelazione di Hosseini, al quale ha fatto seguito nel 2007 l’altro bestseller dello scrittore Mille splendidi soli) e questo Abdullah l’ha imparato fin da giovanissimo. Lo scrittore che ha dato vita alla Khaled Hosseini Foundation, ente no profit che fornisce assistenza umanitaria alla popolazione afghana, ci ricorda che in questa terra dilaniata alberga nel cuore delle persone una forte determinazione, un’umiltà ammirevole, un senso di fierezza e di dignità. Quella stessa dignità che impone ad Abdullah di intraprendere il cammino per farlo tornare da Pari, “due creature legate in maniera inestricabile con il sangue che si forma nel midollo dell’altro e scorre nelle vene dell’altro”. Non sorprende infine il fatto che Hosseini che ha rivelato di essersi ispirato per la redazione dei suoi libri alla tenacia, al sacrificio e a tutti gli ostacoli che il suo popolo ha dovuto superare negli ultimi trent’anni, abbia posto come esergo del volume una poesia del mistico persiano del XIII Secolo Jalaluddin Rumi:
“Ben oltre le idee di giusto e di sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù”.
E l'eco rispose
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Dopo aver letto Mille splendidi soli e Il cacciatore di aquiloni sinceramente mi aspettavo di più da questo libro. Non è la storia di due fratelli (Abdullah e Pari) ma sono tante storie, tante trame intrecciate tra loro... ogni personaggio che si incontra leggendo il libro viene ripreso nelle pagine successive diventato il nuovo protagonista ... è proprio questo intreccio che rende il libro particolare e suggestivo ma nello stesso tempo anche di difficile fluidità. Nel romanzo lo scrittore si lancia in una sorta di viaggio temporale tra Grecia, Francia, Kabul (i luoghi dei suoi personaggi). Sicuramente fanno da protagonista i bei sentimenti, l’amore incredibile di questi due fratelli che pur essendo lontani fisicamente continua nel tempo, la tenacia nel coltivare a tutti i costi i ricordi perchè sembrano essere l’unica cosa che fa sopravvivere...
Khaled Hosseini: un camaleonte della scrittura
Penna infallibile, sensibilità ed intelligenza sopraffini fanno di Khaled Hosseini un camaleonte della scrittura, capace di vestire panni di donne e bambini con una semplicità inaudita. Non delude Hosseini, no non lo fa, perchè si presenta ai suoi lettori con il romanzo "della maturità".Lo dimostrano le tematiche: il valore della memoria,la paure dell’ età che avanza, il valore del ricordo e il dolore che da esso può scaturire. Non c’è più quel Khaled Hosseini "imbrigliato" nelle sue paure. Quel tentativo abbozzato ne "Il cacciatore di aquiloni" di portare avanti la narrazione muovendosi tra presente e passato è qui concretizzato perfettamente. Con "e l’ eco rispose" abbiamo la possibilità di conoscere uno Hosseini pienamente consapevole delle proprie capacità, pienamente in grado di farne uso indagando temi esistenziali dalla forte pregnanza: dallo scopo della vita, alle cose perdute, a quelle mai avute passando per il filo invisibile che lega i fratelli, quel filo che percorre l’ intera narrazione e che mantiene unita la storia che attraversa gli ultimi 50 anni e 3 continenti.Un romanzo sofferto sul "takingcare", come afferma lo stesso Hosseini che si dimostra capace di utilizzare l’ elemento autobiografico con maggiore disinvoltura rispetto al suo romanzo d’esordio, intessendolo nella narrazione da cui emergono quelle che devono esssere state le sensazioni del quindicenne giunto in America e costretto ad accettare gli scatoloni dei boyscouts e poi divenuto medico, ma con il sogno della scrittura.
Stavolta il bravo Hosseini disattende le aspettative del lettore! Pur rispettando il filone intrapreso con i due precedenti romanzi, e pur mantenendo il suo splendido stile narrante, la storia a "spicchi", in epoche diverse, da diverse angolazioni, fa perdere il filo troppe volte! Spesso non sapevo se quel personaggio, di cui si narrava da adulto, fosse già apparso nei capitoli relativi alla Kabul più remota! E il suo tentativo di allargare lo sguardo anche a personaggi estranei alla vicenda di Abdullah e Pari, secondo me, non risulta perfettamente riuscito! Al contrario, spicca, a ricordo che è lo stesso autore dello splendido "Il cacciatore di aquiloni", il capitolo su Markos Varvakis e la sua infanzia a Tinos in Grecia, che ti culla e ti innalza, come le vecchie storie che Sabur raramente narrava ai piccoli Abdullah e Pari, nel loro lungo cammino verso il dolore!
Ho appena terminato di legge il terzo libro di Khaled Hosseini e rispetto agli altri due l’ho trovato meno coinvolgente e meno fluido. L’autore in questo romanzo ha utilizzato una modalità narrativa differente rispetto ai due libri precedenti. In ogni capitolo si cambia il luogo, il tempo e il personaggio che narra. Resta però in sottofondo la vicenda principale contornata dalle vicende individuali dei diversi personaggi. Come nei libri precedenti Hosseini è stato in grado di raccontare storie drammatiche, senza troppa compassione, ma narrando semplicemente il fluire della vita.