Fresco sulle labbra, fuoco nel cuore
- Autore: Hanan Al Shayk
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2013
In un aereo partito da Dubai e diretto a Londra s’incrociano le esistenze di Lamis, profuga irachena cresciuta in Libano e approdata a Londra in seguito a un matrimonio combinato, Amira, prostituta marocchina eccentrica e spudorata e Samir, travestito libanese che viaggia in compagnia di una scalmanata scimmia chiamata Cappuccino.
Le storie sofferte delle tre immigrate si alternano, si sfiorano e talvolta si sovrappongono nell’ultimo libro della scrittrice libanese Hanan El-Shayk dal titolo Fresco sulle labbra, fuoco nel cuore, uscito lo scorso marzo per Piemme edizioni: romanzo che ritrae con coraggio e intensità il delicato cortocircuito tra due mondi, il mondo arabo e quello inglese.
La Londra multi-etnica, città-mondo e crogiuolo di etnie e tradizioni disparate, diviene il luogo d’incontro di queste tre individualità sradicate, esuli e dissidenti, contrassegnate dalla stessa brama di libertà e da un’identica volontà di riscatto da quell’altra vita, la vita che si delinea di sfuggita attraverso i desolanti flashback del passato. Per questo non c’è spazio, nel libro, per alcuna nostalgia del proprio paese d’origine: l’infanzia è come un luogo oscuro che rimanda immagini allarmanti, dimensione dolorosa da cui la fuga sembra l’unica alternativa possibile e che si identifica sempre con un’impossibilità:
- l’impossibilità di istruirsi, nel caso di Lamis, che la condannerà per lungo tempo al più sconfortante senso di inferiorità;
- l’impossibilità di lavarsi per Amira, che cresce in Marocco nella povertà più assoluta;
- l’impossibilità di sentirsi sé stesso, nel caso di Samir, rinchiuso due volte in un ospedale psichiatrico per via della sua omosessualità.
Il trasferimento a Londra coincide allora con l’occasione irripetibile di colmare un’assenza, di riscattarsi da questa impossibilità. La parola libertà, da temine vuoto, chimera irrealizzabile, diviene improvvisamente concreta e a portata di mano:
«La verità» - dirà Samir - «è che Londra è libertà, una libertà che si può respirare a pieni polmoni. Londra significa poter fare quello che vuoi, senza dover scatenare una guerra. Gli altri pensano ai fatti propri e ti lasciano libero, senza farti pesare il senso di colpa o la vergogna, e senza costringerti a ricorrere a una doppia vita, che alla fine porta solo tristezza e frustrazione».
Ma il desiderio pressante di rinascita e le aspettative riposte in una nuova vita si scontrano inesorabilmente con le difficoltà dell’integrazione.
Solo alla fine – attraverso un percorso di formazione incerto e tormentato – i tre personaggi riusciranno a ritrovare un equilibrio, a dare un senso alla propria esistenza dissestata, e questo equilibrio coinciderà con la presa di coscienza che integrazione non voglia dire rinuncia, camuffamento o dissoluzione di qualcosa di sé, bensì combinazione, possibilità di essere a un tempo arabi e inglesi, perché, per usare le parole di Tzvetan Todorov,
«gli esseri umani non hanno alcuna difficoltà ad assumere più identità alla volta»
e
«questa pluralità è la regola, non l’eccezione».
Nonostante si abbia talvolta l’impressione che l’autrice abbia voluto mettere “troppa carne sul fuoco”, si tratta di un libro che, con originalità e audacia, tenta di narrarci il significato delle parole esilio, riscatto, rinascita, a parlarci del cammino tortuoso dell’integrazione e dei contraccolpi emotivi provocati dalla sovrapposizione di due culture di riferimento.
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