Giochi di ombre
- Autore: Daniela Dawan
- Genere: Libri per ragazzi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2022
Con il bel romanzo in parte autobiografico, ricco di memorie storiche e di coinvolgimenti umani e familiari, Qual è la via del vento (E/O 2018), Daniela Dawan mi aveva incantato. Poi ho avuto modo di conoscere meglio la scrittrice, che è anche una giurista, e il libro che ora esce per Giunti, espressamente pensato per un pubblico di giovani adulti, mi ha colpito per l’originalità della trama, che miscela con stile e con leggerezza tutti i temi dell’attualità relativi al mondo giovanile, con la necessità del sogno, della fantasia, della fuga in mondi diversi e pieni di mistero che caratterizzano lo scenario in cui si muovono i nostri ragazzi, tra una realtà del quotidiano problematica e un desiderio di evasione che è giustificato da un mondo le cui coordinate sembrano divenire sempre più costrittive e vincolanti.
I quattro ragazzi al centro di Giochi di ombre vivono a Milano, frequentano la penultima classe del Liceo Classico e sono diversi per origine, censo, provenienza sociale ed etnica: Antonio viene da una importante famiglia alto borghese, ma ha perso i genitori da piccolissimo e vive con la zia Delfina, che gli ha fatto da madre, in un palazzo storico di via Cappuccio, pieno di ricordi: era un convento, nel ’600, e di quell’origine conserva il mistero che la zia coltiva e cerca di tramandare ad Antonio. Nina, graziosa, piena di fantasia, ha una cotta per Antonio, ma capisce che il suo mondo è molto distante da quello del suo amico. Il padre fa l’infermiere in ospedale, suo fratello gemello è ricoverato in un istituto perché schizofrenico, la madre ne soffre atrocemente, la famiglia vive tutta immersa in questo dramma. Poi c’è Olivia, figlia di genitori in piena crisi matrimoniale; la ragazza ne soffre, ostile verso il padre che coltiva una relazione ed è sempre assente. Lei è innamorata di Omar, un compagno di origine marocchina, bello e un po’ misterioso: sono amici per la pelle ma lui non si fa avanti e lei ne soffre.
I quattro amici sono invitati per un fine settimana nella grande casa di Antonio, mentre la zia è impegnata ad accudire la madre ammalata. Girando per l’enorme palazzo semideserto i ragazzi si imbattono in una stanza abbandonata, una sorta di ripostiglio, e sotto un tappeto trovano una botola aperta, con una scala di pietra lunghissima che porta chissà dove.
Comincia un’avventura fuori del tempo, che porta i ragazzi in un’altra dimensione. Camminano con la sola luce delle torce del telefono, che ben presto si esauriscono, e fanno strani incontri: topi giganteschi, uno stagno, misteriose ombre sulle mura antichissime, i resti di uno scheletro incatenato, uno zaino che risale alla Seconda guerra mondiale, mentre il percosso pieno di incognite si fa sempre più pericoloso. Ci sono diramazioni che obbligano a scegliere dove andare, mentre la paura attanaglia e rende questa insolita avventura sempre più inquietante.
Ognuno dei quattro amici mostra la propria vera natura: Antonio si sente novello Aiace, l’eroe e la guida del gruppo. Omar è il più reticente, tutto preso dalle sue insicurezze e da un segreto che lo tormenta. Nina è la più spaventata: crede di essere stata lasciata sola in quel pozzo e viene aggredita dall’ombra del fratello. Anche Olivia, che si credeva invincibile, è frenata dalle incertezze affettive: Omar non sembra volerla quanto lei desidera lui.
Il viaggio “al centro della terra”, un po’ Verne e un po’ Eco, tra antichi frati perseguitati dalle torture controriformiste e rifugi contro le bombe della storia più recente, raccontano un’altra Milano, sotterranea e imprevedibile, l’interno della coscienza dei quattro amici, dei loro segreti, della loro ricerca di felicità nel rapporto con i genitori e con il mondo che li circonda.
Daniela Dawan scrive per ragazzi colti, tanti sono i riferimenti e le citazioni di cui le pagine del breve romanzo abbondano, ma è certamente piena di sensibilità la modalità di affrontare temi dell’attualità contemporanea: dal razzismo all’omosessualità, dalla differenza di classe all’importanza della cultura nella formazione, dall’accoglienza della malattia e della diversità, al riconoscimento delle ragioni degli altri. La parola gioco, nel titolo del libro, è una parola oltremodo simbolica: con leggerezza e quasi giocando si possono vincere sfide, superare ostacoli, abbattere muri, riconciliarci con che si credeva perduto.
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