I grandi assedi che hanno cambiato la storia
- Autore: Alberto Peruffo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2020
Troia resse per dieci anni al nemico sotto le mura, cadde solo per l’astuzia di un avversario che architettò lo stratagemma del dono. Vienna non capitolò nell’autunno 1529 davanti alle sconfinate armate ottomane di Solimano, costretto alla ritirata dall’inclemenza di un inverno precoce, che i difensori attribuirono a un miracolo. La difesa di Leningrado costò ai sovietici un numero impressionante di caduti, ma per 900 giorni impedì ai nazisti di controllare l’intero Mar Baltico. Sono tre dei settantatré episodi su cui Alberto Peruffo si sofferma con i suoi testi scorrevoli nel volume I grandi assedi che hanno cambiato la storia (576 pagine copertina flessibile), pubblicato nel 2020 da Newton Compton, casa editrice romana che ha già dato alle stampe due lavori del docente e autore di numerosi saggi storici, Le battaglie più sanguinose della storia nel 2018 e I grandi eserciti della storia nel 2019.
“Dalla caduta di Troia alla conquista di Leningrado nella seconda guerra mondiale: le grandi roccaforti espugnate” si legge in copertina, tuttavia il racconto del ricercatore lombardo si estende agli episodi di Dien Bien Phu del 1953 — la resa francese segnò la fine del dominio coloniale europeo nel mondo — e di Khe Sanh del 1968, per l’onore dei piccoli e tenaci combattenti viet minh del Nord Vietnam e dei viet cong del Sud.
Il racconto dei più feroci assedi di ogni tempo parte da Troia, il primo della storia conosciuta, nel XIII-XII secolo a.C., ma le tecniche di arroccamento e di sfondamento risalgono a tempi ancora più antichi, vecchi come l’uomo. Già i primi insediamenti umani organizzati avranno avvertito l’esigenza di difendere la propria comunità e quanto d’importante custodivano, non foss’altro il cibo accumulato. Da qui certamente le prime opere difensive contro altri gruppi e poi tribù.
Ovviamente, il progresso delle civiltà e l’ampliamento degli abitati spingerà a costruire strutture difensive sempre più complesse, mentre si andranno affinando allo stesso tempo e all’opposto le tecniche d’assedio degli avversari, impegnati a superare le difese passive e attive.
Peruffo fa notare che nell’età del bronzo le fortificazioni del mondo mediterraneo e del vicino Oriente erano costituite da blocchi ciclopici, che le rendevano imprendibili. La capitale ittita, Hattusa, era protetta da mura imponenti a casamatta, tra le quali poteva transitare un carro da guerra e si ritiene che la città non sia mai stata espugnata. Lo stesso si può affermare per Micene, polis greca nel Peloponneso, protetta da mura realizzate con possenti massi di calcare, sovrapposti senza calce, con la tecnica della posa in opera “poligonale”. Non vennero mai assediate da avversari.
Gli architetti etruschi dettero ulteriore impulso tecnico alle fortificazioni, curando la giustapposizione di blocchi di forma geometrica, levigati all’esterno e coerenti, a formare poligoni perfettamente combacianti. Solidissime, tanto da essere ancora in posa in molte città del centro Italia, come Volterra e Perugia, per esempio.
L’assedio di Troia, raccontato da Omero nell’Iliade e Odissea, è l’archetipo di tutti gli assedi futuri nel mondo occidentale. Al di là degli affascinanti aspetti leggendari, è certo che la fortezza venne distrutta da un esercito invasore tra il 1200 e il 1250 a.C., ma da chi fosse stata assalita e per quale ragione non è mai stato accertato.
Vennero sperimentati anche sistemi di difesa più ampi, come il vallo sull’istmo di Corinto, per impedire alle popolazioni doriche di sciamare nel Peloponneso. Bastò tuttavia uno sbarco alle spalle della posizione fortificata a dimostrarne l’inutilità. Non così per i valli romani, eretti più per controllare le frontiere che per contenere popoli decisi a invadere il territorio di Roma. Ma si rese evidente che ai barbari, per quanto bellicosi, facevano difetto conoscenze in materia di assedi e non avevano modo di espugnare città e fortificazioni.
In genere, la difesa statica offrì per secoli più garanzie dell’attacco, tanto che il Medioevo vide generalmente gli assediati favoriti rispetto agli assedianti. La continua sfida a superarsi tra le opere di arroccamento e le risorse per averne ragione dall’esterno toccò il massimo prima dell’avvento delle armi da fuoco, che portarono alla decadenza delle fortificazioni, con l’eccezione nobile, oggetto di due capitoli nel volume, degli assedi di Malta (1565) — quando la strenua resistenza dei cavalieri dell’Ordine gerosolimitano salvò la Cristianità e l’Occidente dalla marea turca — e della rocca inglese di Gibilterra (1779/83), pur aggredita da Francia e Spagna.
Soprattutto gli architetti italiani provvidero a modificare forma e altezza delle fortezze (tondeggiando e abbassando), ma l’evoluzione delle artiglierie e la mobilità degli eserciti ha finito per capovolgere il vantaggio a favore dell’offesa, tanto che nel 1940 la possente linea Maginot venne aggirata e il forte belga di Eben Emael smantellato senza troppa fatica.
Un altro aspetto da considerare è la sorte degli abitanti delle città conquistate, il cui sterminio doveva servire a scoraggiare la resistenza di altre, secondo una strategia di autentico terrorismo psicologico di massa. Ulteriori aspetti che Peruffo considera attentamente, nella rassegna degli assedi più significativi, riguardano i successi ottenuti dagli attaccanti attraverso il ricorso al tradimento e alla corruzione: “comprare” capi e difensori compiacenti costava meno che schierare e nutrire numerosi armati per una campagna militare la cui lunghezza dipendeva dall’ostinazione degli assediati.
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