I misteri della rue la Bruyère. Una casa dimenticata a Parigi
- Autore: Vittorio De Martino
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
"Le opere d’arte sono di una solitudine infinita, e nulla può raggiungerle meno della critica" affermava provocatoriamente Rainer Maria Rilke, evocando il potenziale comunicativo che dimora nell’oggetto d’arte e la sua vocazione a rimanere inascoltato, inaccolto, proprio laddove lo sguardo esegetico, sollevandone agli occhi tutte le inezie tecniche, manieristiche o sperimentali che siano, finisce per soffocarne il portato emotivo.
Vittorio De Martino ne I misteri della rue la Bruyère (La Lepre Edizioni 2022, prefazione di Claudio Strinati) ha scritto un romanzo splendido, in cui all’opera d’arte è restituita la dignità di testimonianza, e la bellezza recupera tutto il suo indotto di custodia e ricordo.
La narrazione si accende attorno al ritrovamento di un ritratto di Giovanni Boldini, dipinto preziosissimo e inedito, a opera di un perito che ha il compito di inventariare e valutare oggetti e arredi rimasti all’interno di un’elegante residenza parigina, chiusa ormai da sessant’anni. La dimora, ereditata da un ombroso giovanotto, era stata precedentemente di una scrittrice, e ancor prima di una donna affascinante e misteriosa, che sorride suadente dal prezioso quadro.
Il protagonista, durante i sopralluoghi nell’appartamento, con rotondo stupore nota nel dipinto l’inequivocabile mano del noto e quotato artista, insieme però ad alcuni particolari anomali; questo, insieme a una certa incoerenza tra gli stili e le epoche degli oggetti esposti negli ambienti, e l’evidente mancanza di alcuni di essi sottratti o celati alla vista, lo porterà a ricostruire con acribia, competenza e dedito spirito di osservazione le conturbanti e delicate vicende svoltesi in quelle dimenticate stanze, allietate da romantici incontri, ma anche scosse da tragici eventi. I misteri della rue la Bruyère ha il passo rapido e brillante del giallo, declinato con quell’ingegno logico-deduttivo che fu cifra costitutiva di Agatha Christie, ma è anche una narrazione dotta, piena di riferimenti alla storia dell’arte, fatti con la perizia e accuratezza dell’esperto, con la devozione del cultore.
Ma il romanzo di De Martino è molto di più: la sua scrittura è qui una sintesi perfetta di sguardo poetico e brillante capacità di intreccio, nella dialettica tra un incedere arguto e, a tratti, un linguaggio alato e metafisico che lascia intontiti di tenerezza.
Le riflessioni che ci dona, nelle pause narrative inclini alla meditazione interiore, sono di timbro pregiato: sulla vita spirituale che dimora negli oggetti, su giovinezza e maturità, su diacronia e ciclicità del tempo, su desiderio e pacata custodia in amore, sul riscatto della finitezza a opera della commozione per le anime trapassate, sull’incanto del femminile, sulla percezione di vicinanza e fiducia che volteggia in alcuni incontri; tutto questo diviene un’incantevole filigrana su cui tessere una storia ricamata, colma di raffinatezze proustiane e di delizie d’intelligenza e umorismo sottile, colmo di eleganza.
I personaggi hanno chiaroscuri graziosi, la voce di fondo è vera, sagace, ironica, piena di tenerezza. Un piccolo smeraldo, questo breve romanzo, la cui sintesi nel dire è uno dei tanti pregi, perché s’accompagna altresì a un contenuto ricco e ragguardevole. La narrazione si chiude con una piccola chiosa shakespeariana, vezzo reiterato per chi conosce la scrittura di De Martino, in cui si ribadisce che solo i sogni hanno la nostra stessa sostanza: il passaggio delle anime lascia traccia nell’aria, e gli oggetti con la loro ostinata corporeità sono soltanto veicoli di quella bellezza che è stata desiderio, intento, dedizione, realizzazione, e diviene ricordo e ritorno, fedeltà ed essenza, portavoce della nostra vita.
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